L’interessamento per la ricerca, la raccolta, la trascrizione e lo studio di materiale epigrafico rinvenuto nella zona riguardante strettamente l’antica colonia romana di Carsioli ebbe inizio, per quanto ci è dato sapere, con colui che è considerato il primus omnium terrae Aprutinae historicus (1): Muzio Febonio (1597-1663). Egli, nella sua ponderosa opera Historiae Marsorum Libri Tres della seconda metà del secolo XVII, tra le sessantotto iscrizioni latine trovate nella Marsica, ne riporta una venuta alla luce in sepulcro nuperrime detecto sub Podio Dinolfi (= Poggio Cinolfo) ed un’altra ritrovata a Pereto (2) o più esattamente extra Peretum Carsiolos versus in ecclesia monachorum S. Petri. Seguirono altri studiosi e cultori di reperti provenienti da Carsioli, tra questi il gesuita Antonio Maria Lupi (1695-1737), che si interessò quasi esclusivamente delle epigrafi rinvenute a Pereto (3), Gaetano Marini e Giovanni Cristofano Amaduzzi (1740-1792), Antonio Vendetti di Pereto.
Nel secolo XIX fu Giovanni Camillo Rossi (1767-1837) che durante il suo episcopato a capo della diocesi dei Marsi dal 1805 al 1818, riconobbe, dopo ricognizioni nel nostro territorio, svariate epigrafi a Civita, a Pietrasecca, a Pereto, a Carsoli, a Rocca di Botte, ad Arsoli (4). Nel 1878 e 1879 si recò nella zona Carlo Stevenson junior (1854-1898) accompagnato nella ricerca, tra gli altri, da Giacinto De Vecchis Pieralice di Oricola e dai Mari, allora una delle famiglie più in vista di Carsoli, e venne ospitato ad Arsoli in villa Massimo per visionare la collezione della famiglia (5). Le epigrafi segnalate da tutti gli studiosi e ricercatori vennero raccolte dal premio Nobel Theodor Mommsen (1817-1903) che nel 1863 pubblicò il primo volume del Corpus Inscriptionum Latinarum i cui lavori erano già iniziati a Berlino nel 1858. Altri archeologi, più vicini al nostro secolo, presero in considerazione le memorie epigrafiche latine di Carsioli.
Tra essi non possiamo non rammentare Carlo Ludovico Visconti, Raffaele Garrucci e Rodolfo Lanciani (1845-1929) che nel 1901 esaminò alcune iscrizioni visitando vari punti del territorio. Oggi la zona gravitante la Piana del Cavaliere, malgrado alcuni edifici che riportavano murate epigrafi non esistano più – Le iscrizioni di Carsioli alla luce di una epigrafe inedita in lettere non latine rinvenuta a Poggio Cinolfo* come la torre campanaria della chiesa di Santa Vittoria a Carsoli prima del bombardamento avvenuto durante il secondo conflitto mondiale oppure la chiesa di S. Maria del Carmelo sempre a Carsoli – è ancora testimone della presenza di reperti e di iscrizioni latine provenienti dalla antica colonia romana o comunque ad essa attinenti. Si possono osservare documenti, talvolta frammentati, nel municipio di Carsoli e di Pereto, in case private, nel convento di San Francesco, sulla torre campanaria della chiesa di Santa Maria in Cellis nel cimitero di Carsoli, in alcune vie interne di Poggio Cinolfo, nella Villa Massimo ad Arsoli, a Civita di Oricola, a Camerata Vecchia, ad Oricola, a Rocca di Botte, a Riofreddo, a Tufo, lungo la Via Turanense; senza considerare i miliari o altre tracce sparse un pò in tutto il territorio. Si ha memoria e certezza di pezzi scolpiti inglobati nelle costruzioni di abitazioni e di chiese: nei documenti di archivio relativi alla edificazione della nuova chiesa parrocchiale di Poggio Cinolfo, la cui prima pietra fu posta nel 1734, si fa esplicita menzione del trasporto da Carsioli al palazzo baronale di materiale lapidario da essere nuovamente lavorato ed adattato per il costruendo edificio sacro. Molte “pietre” divennero calce nella fornace appositamente costituita.
È bene comunque notare che, sempre oggi, più d’uno sono i punti dove si potrebbero effettuare indagini archeologiche, certi di recuperare ancora altro materiale di studio forse anche epigrafico. Da questa breve panoramica è evidente che seppure iniziato quattro secoli fa, tuttavia il reperimento di iscrizioni nel territorio di Carsioli è piuttosto esiguo (6). A dimostrazione comunque che la ricerca non è mai finita, sembra ormai opportuno mettere in risalto, senza assolutamente pretendere qui di interpretare il significato e la datazione e le numerose implicazioni storiche e archeologiche, due rilievi con epigrafi mutili rinvenute casualmente a Poggio Cinolfo non molti anni or sono in un fondo di proprietà del dr. Domenico Valletta, non lontano dalla sua abitazione in via Monumento ai Caduti, dove sono ancora conservate. I due pannelli sembrarono subito estremamente interessanti per ciò che rappresentavano e per le iscrizioni che riportavano, nello stesso tempo i reperti non sembravano essere dei falsi per la estrema difficoltà di incontrare, anche in periodi precedenti, sia a Poggio Cinolfo che nei dintorni, persone tecnicamente e soprattutto culturalmente in grado di riprodurre qualcosa di così complesso nè i due blocchi, di consistente peso, potevano provenire da altro luogo per una intrinseca difficoltà e inutilità di trasporto.
Anche se a fine ‘800 vi sono stati personaggi che si sono dilettati ad abbellire le loro residenze con sculture “classicheggianti”, ciò è sempre avvenuto in zone più importanti sotto l’aspetto archeologico o comunque abitate da persone con conoscenze storico-archeologiche assolutamente particolari. Le perplessità sulla autenticità dei due bassorilievi, derivavano anche dal fatto che a Carsioli e nella zona circostante, non si sono mai trovate iscrizioni non latine. In attesa che studiosi del ramo possano porre la loro attenzione per un giudizio criticamente valido sull’interpretazione dei due documenti che, a quanto pare, implicherebbero approfondite indagini per meglio comprendere la storia civile delle popolazioni non pienamente integrate con Carsioli e prima che il tempo cancelli ciò che ancora oggi possiamo osservare, mi limiterò alla descrizione di ciò che ho notato fin dal lontano 1989. Per maggiore chiarezza chiameremo il pannello, diciamo così del “guerriero”, con la lettera “A” e l’altro con la lettera “B”. Il pannello-metopa “A” è un blocco in arenaria, spesso cm. 12 ca., a forma trapezoidale, con le seguenti misure: base minore cm. 36, base maggiore cm. 57, lato sinistro cm. 68, lato destro cm. 65; il bassorilievo è inciso per cm. 2,5, misura cm. 40 x 23; le lettere sono alte cm. 4,2; il piccolo cerchio sull’angolo sinistro in alto, con altro piccolo tondo interno legato da sei raggi, misura cm. 4 di diametro.
L’intero blocco sembra essere stato inserito nella parte frontale di un “monumento funerario”; la parte inferiore, fino all’incisione orizzontale, probabilmente fissata su un muro di appoggio. Il bassorilievo rappresenta sulla sinistra un “trofeo” recante una armatura romana con lorica leggermente fregiata e sovrastata da un elmo (?), Tunica nella parte inferiore, ai lati due scudi con fregi di abbellimento, simili tra loro; dietro l’armatura sono incrociate lumen 3 spade o lance; il tutto è appeso ad un tronco d’albero. A destra della rappresentazione si osserva la figura più interessante ed enigmatica dell’intera composizione: un “guerriero” (?) in atto di offrire (o di offendere ?), il quale imbraccia un’arma (?) che tocca la punta alta di una delle lance appoggiate all’armatura. Il personag gio ha entrambe le gambe piegate o per lo sforzo di offendere o per un atto di sottomissione, veste un abito (legato ai fianchi?) che lo copre a mezza coscia. Il guerriero, rappresentato di profilo ha una singolare folta capigliatura che scende fin sulle spalle. Buona parte della figura risultava già scagliata al momento del rinvenimento.
La base dell’incisione sembra essere stata volutamente lasciata grezza quasi per dare l’idea dell’irregolarità del terreno. Il lato sinistro del riquadro è incorniciato con quattro incisioni rettangolari forse presenti anche nel lato destro e non più esistenti perché rovinatesi nel tempo. Al momento del ritrovamento gli unici danni recenti risultavano la scalfittura sotto la settima lettera, che è comunque riconoscibile, e le altre due: una sulla tunica l’altra sul lato destro del “guerriero”. La scritta procedente da sinistra verso destra, è composta di dieci lettere intercalate da quattro punti incisi sempre da destra verso sinistra. È lecito azzardare che sia una epigrafe dedicatoria facente parte di un “monumento funebre” posto presumibilmente lungo un tratto viario collegante piccoli centri abitati (7).
Non sarà inutile infine osservare che nella parte posteriore del blocco si nota una incisione appena sbozzata della raffigurazione poi realizzata sul lato opposto, abbandonata probabilmente perché la superficie non risultava adatta alla lavorazione. Il pannello B , posto presumibilmente in linea con il pannello A, anch’esso a forma trapezoidale, risulta spezzato, è spesso cm. 11,5 ca.; la base maggiore è cm. 66; la base minore cm. 71; il lato sinistro cm. 44; il lato destro cm. 25. Il bassorilievo che appare essere delle stesse dimensioni del pannello A è frantumato e scagliato: difficile arguire cosa esso abbia potuto rappresentare, sembra comunque che la parte di arenaria caduta segua la forma della figurazione già esistente. Da notare comunque le tre piccole lettere incise vicino all’angolo in alto a sinistra del bassorilievo. Ritengo interessante e importante il fregio ancora leggibile sulla parte destra: esso sembra rappresentare grossi blocchi di pietra sovrapposti per formare delle mura. Parte di questo lato destro risulta annerita dal fumo di un incendio(?).
NOTE