LE GROTTE NELLA MARSICA

La ricerca archeologica nel Fucino e stata contraddistinta negli ultimi cinquant’anni in gran parte dall’attività dell’Università di Pisa, sotto la direzione del professor A.M. Radmilli. Infatti, gli scavi sistematici condotti nelle grotte oggetto del nostro lavoro di sintesi, rientravano nel quadro generale delle ricerche territoriali per la conoscenza delle antiche frequentazioni umane in un’area cosi ben definita dal punto di vista ambientale in quanto influenzata dalla presenza delle acque del lago Fucino. Recenti rinvenimenti, ad opera della Soprintendenza Archeologica dell’Abruzzo, ci hanno spinto ad interessarci dei livelli protostorici delle cavità di interesse archeologico che gravitano nel bacino del Fucino e nelle aree limitrofe, riprendendo in esame materiali gia in parte noti attraverso il lavoro di vari studiosi, e aggiungendo a questi reperti inediti o di nuova acquisizione.

E’ emerso, innanzitutto, un dato significativo che merita di essere sottolineato: il gran numero delle grotte ad oggi note in Abruzzo si concentra proprio nell’area in questione. Partendo da una analisi che avesse come parametri essenzialmente quello cronologico e quello funzionale, e venuta da se una prima divisione delle strutture ipogee in due categorie: da una parte quelle del Fucino Meridionale (grotta la Punta, Maritza, la Cava, dei Porci nel territorio di Ortucchio; grotta San Nicola e Continenza nel territorio di Trasacco; grotta Di Ciccio Felice e Afra ad Avezzano; grotta Tronci e l’attiguo Riparo Maurizio a Venere di Pescina), dall’altra quelle presso Tagliacozzo e le Sorgenti del Liri (grotta Beatrice Cenci, Peschio Orlando, Cola I e II nel comune di Cappadocia; Monte la Difesa nel territorio di Tagliacozzo, grotta la Dama).

Inizialmente, sono state esaminate anche quelle cavità che come ad esempio il Ripario Maurizio che non hanno restituito testimonianze di frequentazione in età protostorica, in quanto dal punto di vista scientifico, come si sa, l’assenza puo essere un dato altrettanto significativo. Successivamente si e proceduto ad una classificazione degli ambienti sotterranei sulla base di criteri morfologici, cronologici e di sicure tracce di utilizzazione. Dalla tabella emerge una distinzione delle cavità innanzitutto dal punto di vista morfologico: grotte a sviluppo complesso, caverne o ripari articolati, ripari a sviluppo semplice, cavità a sviluppo assiale cioè sviluppate nel senso della lunghezza. L’aspetto morfologico e stato correlato alla frequentazione sia in senso cronologico che funzionale. In ultimo sono state evidenziate alcune caratteristiche di tipo generale: dalla presenza dell’acqua, alla difficoltà di accesso, alla vicinanza degli abitati. Verranno presentate di seguito le schede riassuntive solo delle grotte per cui abbiamo qualche dato di utilizzazione nell’età dei metalli, distinte, al loro interno, nel gruppo dell’Alta valle del Liri e del Fucino in senso stretto.

Ogni scheda sarà correlata da tavole di materiali in scala 1:3 laddove non e specificato altrimenti: si tratta il più delle volte di materiali inediti, nei casi in cui sono stati ripresi da pubblicazioni verrà specificato di volta in volta nel catalogo. Pur consci della preliminarietà del lavoro presentato ci sembra, comunque, di poter proporre alcuni elementi di discussione quali, innanzitutto la distinzione in due gruppi sotto l’aspetto geografico delle grotte che si aprono nella alta Valle del Liri da quelle del Fucino meridionale. Si tratta di due gruppi diversi anche dal punto di vista morfologico: mentre quelle del Fucino (fatta eccezione in parte per la grotta di Ciccio Felice) sono di piccole dimensioni o comunque non presentano uno sviluppo molto articolato (con una superficie interna frequentabile che raramente supera i 100 mq), le cavità segnalate per la Valle del Liri possono raggiungere dimensioni notevoli (la grotta B. Cenci, ad esempio, supera i 4000 mq). La frequentazione nel tempo rappresenta un altro elemento distintivo: ininterrotta, dal Paleolitico in poi, per le grotte del Fucino in senso stretto; inquadrabile in un intervallo cronologico che va dal Neolitico alla media età del Bronzo per le cavità della Valle del Liri, con un trend generalizzato in accordo con le grotte dell’Italia Centrale e Meridionale che mostrano una notevole diminuzione, se non addirittura una interruzione, di utilizzazione dei complessi ipogei a partire dal Bronzo recente.

Al contrario, le cavità fucensi continuano ad essere frequentate nel Bronzo Finale come si evince dai frammenti di ceramica protovillanoviana e di età storica rinvenuti in particolare nella grotta La Punta, la Cava e Maritza. Le grotte del Fucino sono quasi sempre in prossimità di nuclei abitativi che spesso non distano più di 200-300 m in linea d’aria da esse. Per quanto concerne, invece, le grotte del Liri non si hanno attualmente notizie su abitati nelle immediate vicinanze: questo fatto potrebbe essere dovuto ad una assenza di ricerche sistematiche (quali invece si sono avute nel Fucino meridionale) sul territorio, ma intanto va registrato come un dato negativo. Da tutto cio si puo dedurre che mentre le grotte del Fucino potrebbero aver svolto la funzione di strutture per cosi dire ”accessorie” (frequentazione occasionale, uso funerario, ecc) per lo più in diretto e stretto collegamento con gli abitati sottostanti (secondo un modello che può ricordare in un certo senso il sito di Sorgenti della Nova presso Ischia di Castro Viterbo), a quelle dell’Alta Valle del Liri, invece, sembra di poter riconoscere un carattere ”sacrale”.

Testimonianza di ciò, oltre a quanto detto poc’anzi, e anche la cultura materiale rappresentata per queste ultime cavità da ceramica di fattura fine, selezionata, allorquando non e addirittura riccamente decorata (si pensi ai materiali provenienti dal riparo Monte la Difesa) o da oggetti metallici (si vedano le armille da grotta Cola I o l’ascia da grotta la Dama) che farebbero pensare o ad un ripostiglio o più semplicemente ad offerte cultuali.

Testi di Serena Cosentino, Vincenzo d’Ercole, Gianfranco Mieli

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