LA VALLE ROVETO (la Valle Roveto dopo l’anno mille)

Il secolo XI, che viene dopo la temuta data del Mille, 6 il secolo che mette decisamente la Valle Roveto nel corso della storia. Le notizie ci pervengono da Montecassino, che conservh le uniche fonti riguardanti la Valle Roveto; sono esse a guidarci nell’improba fatica di ricostruire la storia della nostra terra. La Valle Roveto faceva parte allora del territorio dei conti marsicani e con molte probabilità la maggior parte delle nostre terre era di proprietà dei conti anzidetti, che poi furono prodighi di lasciti e di beni agli abati di Montecassino. Se i conti dei Marsi e i nobili locali moltiplicano in quegli anni cospicue donazioni ai monaci cassinesi, e questi posseggono vaste zone di territorio in Valle Roveto, tengono cappelle, chiese e monasteri nella nostra terra, e già nominano nelle loro cronache i vari castelli che vi sorgevano, possiamo affermare con certezza che i nostri paesi non sorgono solo allora improvvisamente; prima di quegli avvenimenti, altra storia si era svolta nella valle.

Non dimentichiamo che attorno alla fine del primo quarto del secolo XI nacque in Antena (Civita d’Antino) S. Lidano, il benedettino che inizio la bonifica della Paludi Pontine, il pioniere di un’opera gigantesca, che solo ai nostri tempi si e potuta realizzare. E ci riempie di legittimo orgoglio l’onore accordato a tre chiese benedettine di Valle Roveto, i cui nomi furono scolpiti, a Costantinopoli, da valenti artisti di questa città, nel 1066, sulle lamine di bronzo, che ornavano le porte della chiesa di Montecassino, rinnovata con munificenza e ricchezza sotto il governo di quell’eccezionale abate che fu Desiderio. Le chiese di Valle Roveto, i cui nomi rimasero con tanti altri per secoli incisi in quelle porte ricche di storia, furono: S. Nicola di Valle Sorana (Balsorano), S. Benedetto a Pascusano di Civitella Roveto e S. Angelo di Pescocanale. Sono più di 900 anni! (1066-1966). E il momento questo particolarmente felice per la gloriosa badia, a cui guardano con fervida e fiduciosa attesa le popolazioni centromeridionali.

Sono i monaci che assicurano nel nome di Cristo e nella regola di S. Benedetto lavoro e benessere ai popoli della nostra regione, usciti dalle tenebre della barbarie. Ecco nel 1061 la donazione a Montecassino del monastero di S. Benedetto a Pascusano in Valle Orbetu (Valle Roveto), situato come in un’oasi di pace, riparato dai venti e dalle tempeste, non lontano dal fiume Liri, sulla riva di un ruscello mormorante ai suoi piedi, limpido e fresco, a un tiro di schioppo da Civitella, che proprio in quegli anni cambiava l’antico nome di Petrarolo. E Leone Ostiense che per primo riporta la donazione; e il Registro di inestimabile valore del monaco Pietro Diacono che, ancora conservato nell’archivio di Montecassino, ci fa leggere quel nome in quelle pergamene, tenaci e resistenti alle violenze degli uomini e del tempo.

Da quando esisteva Petrarolo? Mistero. Da quando era stato fondato il monastero di S. Benedetto nel luogo chiamato Pascusano, il monastero che i fratelli Giovanni ed Ugo, di Pietro e Azzone, figlio di Azzone, abitanti nel territorio marsicano, donarono a Montecassino, con tutti i libri, gli ornamenti, le campane, le terre adiacenti, confinanti con il tenimento del castello di metà e il fiume Liri? Oggi, a distanza di nove secoli, non tutti i confini, ricordati nell’atto, sono identificabili, ma basterebbero le citazioni fatte, nel documento, di metà e del fiume, oltre alla località ancora chiamata S. Benedetto e al ponte sulla via detto fino ai nostri giorni in dialetto Ponte a Paschisciano, per ferrovia, ripresentarci l’antico monastero e farci rivivere con certezza una data perduta nella notte remota del Medio Evo. Attorno a quello stesso anno, ancora Ugo, figlio di Pietro, cittadizp di Petrarolo, nella provincia dei Marsi, dono a Montecassino la sua porzione di terre, di case, di vigne, appartenenti alla chiesa di S. Benedetto a Pascusano. L’atto della prima donazione era avvenuto in Marsi, capoluogo della Marsica, mentre il secondo nella città di S. Germano, l’odierna Cassino. La Valle Roveto (Vallis in Orbetu o Vallis de Urbetu) e ormai tutta in movimento, e i monaci, che continuano la loro missione di bene, allargano le loro influenze e ottengono altre chiese ed altre terre dai signori del luogo. A questo punto una terza donazione di terre a S. Benedetto a Pascusano, fatta a Montecassino.

Il Gattola non la riporta, ma essa e sempre consacrata nel Regesto di Pietro Diacono, che la copio come per gli altri documenti, da originali pergamene, esistenti al suo tempo. Ed io penso che la donazione sia del 1060 e non del 1063, precisamente del 3 settembre del 1060. Si tratta della donazione di Ratterio, figlio di Pietro, del territorio marsicano, abitante della valle de Urbetu (Valle Roveto) nella stessa Civitella, che chiamasi Petrarolu. Anche questo atto, come il primo, venne stipulato in Marsi. Il documento, in un latino zeppo di spropositi, dice: … anni sunt mille sexagesimo tercio et dies mense septembri. Io ritengo che tercio debba riferirsi a dies, cioè al giorno e non all’anno. perciò la data potrebbe essere interpretata cosi: 3 settembre 1060.

Riporto anche le parole latine del documento di Pietro Diacono per quanto si riferisce al donatore: … ego Racteri, filius quondam Petri d’e lerritorio marsicano, habt’tator sum modo in valle de urbetu in ipsa Civitella qut Petrarolu vocatur. Un’ultima notizia: Pietro Diacono compilo il suo Regesto, per ordine dell’Abate Senioreto, dal 1127 al 1137. Poco tempo dopo la donazione di S. Benedetto a Pascusano, nel 1063, Rainaldo di Oberto e fratelli, Giovanni di Bono e fratelli, Bernardo di Ratterio e fratelli, nobilissimi cittadini della città di Antena (Civita d’Antino), in Orbetu, offrono al monastero di Montecassino la chiesa di S. Pietro in Morino e la chiesa di S. Lucia in Rendinara con terre e beni. così Morino e Aendinara appaiono la prima volta in documenti, pur possedendo da tempo un nome e una fede. Come, infatti, non vedere dietro le chiese di S. Pietro e di S. Lucia un passato più o meno lontano Eppure oggi, dopo nove secoli, le chiese di S. Benedetto a Pascusano in Civitella Roveto, di S. Pietro in Morino e di S. Lucia in Rendinara rappresentano appena un ricordo e nulla piu. Di quelle chiese, di quei luoghi sacri, densi di storia, e possibile individuare solo l’ubicazione e contentarsi della loro antica denominazione arrivata fino a noi.

S. Benedetto a Pascusano rimase a Montecassino fino al secolo XVII, S. Pietro di Morino continuo per lunghi secoli una esistenza operosa e fiorente, S. Lucia in Rendinara fu un beneficio ecclesiastico fino ai giorni nostri. Cosa resta oggi di quelle chiese? Rappresentano, e vero, semplici titoli sine re, ma continuano per noi ad essere monumenti scomparsi, che nel silenzio ci fanno immaginare ancora le vicende e i molti avvenimenti, di cui furono testimoni, ricordandoci che i nostri paesi già vivevano e prosperavano al primo risveglio della notte medioevale. Intanto un altro paese di Valle Roveto fa parte, sempre in questo periodo, delle cronache cassinesi: Meta. Frazione oggi di Civitella Roveto, la Meta, come comunemente la chiamiamo, doveva essere allora un castello importante, forse costruito lassu in periodi foschi, perché fosse rifugio sicuro alle popolazioni fuggiasche, sospinte dalla violenza di invasori a cercarsi un luogo di difficile accesso al nemico. Appunto nel 1070, Azzone di Azzone, del territorio marsicano, dona a Montecassino il castello di Meta, anche esso in Valk Urbetu (Valle Roveto), con torre e vigne.

Sono convinto che questo Azzone e lo stesso che con Giovanni ed Ugo dono nel 1061 a Montecassino la chiesa e le terre di S. Benedetto a Pascusano, situate in Civitella Roveto. Anche l’atto della cessione di metà fu redatto in Marsi. Ma il secolo XI non cessa ancora di procurarci sorprese, e, quasi avesse avuto il compito di illustrarci tutta la regione, attraversata dall’alto corso del Liri, partendo dalla fine della Valle della Nerfa fino ai confini con Sora, ci mostra che la fisionomia dei castelli e dei paesi allora esistenti non differiva molto dall’attuale. Nel 1070 un altro castello, paese di confine fra le diocesi di Sora
54arsi trova il posto nella cronaca del tempo: Pescocanale. Ed esso ricorre più volte nei documenti posteriori a quella data. ricorre Da quel punto proprio ha inizio la nostra valle. Passando, infatti, quel canale stretta gola che il Liri infila dopo la pittoresca Valle per della Nerfa e che da il nome al paese di Pescocanale, sovrastante dalla rupe ci troviamo improvvisamente davanti la Valle Roveto.

Nel novembre del 1070, lassù, in Montecassino, alla presenza del
l’abate Desiderio, con solenne cerimonia, Berardo, conte dei Marsi, figlio di un altro Berardo, anche lui conte dei Marsi, dona ai monaci di S. Benedetto il monastero di Luco con tutti i suoi tenimenti e con tutte le altre chiese di sua proprietà. Tra le chiese vi e anche S. Angelo di Pescocanale. Ma Pescocanale non compare solo nella donazione del monastero di S. Maria di Luco, fatta dal conte Berardo a Montecassino. Come ho detto pocanzi, nel 1066, si leggeva Pescocanale sulle lamine delle porte della chiesa di Montecassino. Dico ancora di piu. Quando nel 1572 sorse una controversia tra la chiesa di S. Maria di Luco e la chiesa di S. Angelo di Pescocanale per alcuni diritti che la prima rivendicava sulla seconda, S. Maria si rifece alla donazione del 1070. E per chiudere la serie delle donazioni del secolo XI, ai fini della conoscenza delle località e dei paesi di Valle Roveto, ultima in ordine di tempo, ma non meno importante, e la donazione di Gentile, figlio del conte Balduino, e di suo nipote Trasmundo. Nel 1089, alla presenza del vescovo sorano Roffrido, Gentile e Trasmundo donavano a Montecassino la chiesa di S. Nicola in Balsorano, la chiesa di S. Stefano in Aivo vivo e le chiese di S. Restituta e di S. Maria in Morrea. Le notizie, che abbiamo riportate in questo capitolo, dimostrano come grande sia stata L’influenza nel secolo XI del monastero di Montecassino in Valle Roveto, sempre rimasta in territorio marsicano e ubbidiente ai conti dei Marsi.

Le chiese di S. Nicola, di S. Stefano, di S. Restituta e di S. Maria hanno avuto una tradizione ed una storia nei secoli posteriori: di esse solo S. Restituta in Morrea resta ancora in piedi, anche se completamente ricostruita dopo il bombardamento del 1944; le altre sono oggi un lontano ricordo. Ci siamo sforzati di presentare un quadro il più completo possibile della situazione generale della Valle Roveto (Vallis de Urbetu) nel secolo che segue immediatamente il Mille; purtroppo le notizie non sono sempre chiare e i pochi documenti a nostra disposizione non ci danno la possibilità di meglio illustrare quell’epoca lontana; ma e certo che una grande fede fu alla base di quella società e che la nostra valle, pur risonante continuamente di armati in cerca di preda e di conquiste, scrisse pagine di intenso fervore religioso, fiduciosa in tempi migliori. Ma siamo nel secolo in cui una nuova ondata di stranieri e di turno a passare e ripassare per le terre del Mezzogiorno.

A poco a poco con fortunate gesta i Normanni, profittando delle discordie fra bizantini e saraceni, estendono il loro dominio nell’Italia meridionale e finiscono per conquistare definitivamente nella seconda metà del secolo seguente anche la Marsica e quindi Valle Roveto.

Testi di Gaetano Squilla

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