Tratto dal libro Gioia dei Marsi ieri e oggi
( Testi a cura di Gaetano Aratari e Michele Aureli )
La mattina del 13 gennaio 1915 una forte scossa di terremoto devastò il territorio della Marsica e rase al suolo la quasi totalità degli edifici e monumenti allora esistenti nei centri abitati nell’intorno del prosciugato lago. Dinanzi a tale orrore e sgomento moltissime persone ritennero che la sottrazione delle acque dall’alveo fucense, avvenuta non senza diffusi malcontenti nel 1875, avesse scaturito una ribellione da parte della natura stessa che si vedeva portar via ciò che gli spettava.
L’eventuale diretta correlazione, avanzata a pochi anni di distanza dal rovinoso evento, tra il prosciugamento del Fucino”‘ ed il terremoto, non ha mai avuto fondamento scientifico: il lago non era d’origine vulcanica ed il terremoto ha avuto origine tettonica. La tragicità dell’evento non ebbe precedenti; il numero di vittime superò le 30.000 persone e moltissimi furono i feriti. Non tutti i centri del Fucino ebbero lo stesso destino perché diversa era la loro posizione geografica.
Infatti, si registrò un’elevatissima mortalità nei comuni di Gioia dei Marsi (78%), San Benedetto dei Marsi (74%), Collarmele (65%), situati al margine sud-orientale della conca del Fucino e nel comune di Avezzano (72%) situato al margine nord-occidentale; di entità elevata nei comuni di Pescina (43%), Ortucchio (47%) e Lecce nei Marsi (40%), infine certamente modesta a Celano (6%), Luco dei Marsi (3%), Trasacco (1%) e Collelongo (1%).
Analizzando il quadro delle vittime si notano forti variazioni nelle località tra loro molto vicine (Gioia dei Marsi-Lecce-Ortucchio-Pescina) da attribuire sicuramente alla presenza di notevoli effetti locali dovuti soprattutto alla diversa composizione litologica del terreno. Gioia dei Marsi, in modo particolare, ebbe un numero di vittime pari a 2750 persone (ASA 1 1915) sugli allora viventi 3862 (censimento del 1911), i superstiti furono solamente 750 (ASA 1 1915).
Proprio da tale amara constatazione è nato il presente lavoro che vuole rappresentare un tentativo di spiegare l’elevata mortalità registrata a Gioia dei Marsi in occasione dell’evento distruttivo del 1915. A tal fine è indispensabile fare una breve digressione sul fenomeno fisico “terremoto” e fornire una descrizione morfologica e geologica della zona orientale del bacino del Fucino. Il terremoto è un rilascio di energia più o meno forte della terra prodotta da fratture di masse rocciose nel sottosuolo.
Le rocce sottoposte ad uno stato di sollecitazione, si deformano progressivamente fino al raggiungimento del limite di rottura oltre il quale s’innesca una lacerazione a partire dal punto più debole creando cosi una faglia”‘. Se nella massa rocciosa fosse già presente una faglia, il forte attrito, in un primo momento, potrebbe impedirne il moto; solo l’accumulo ed il raggiungimento poi di una sufficiente tensione potrebbe “riattivare” la preesistente discontinuità.
Nell’uno e nell’altro caso l’energia elastica immagazzinata si libera repentinamente sotto forma di violente vibrazioni che si propagano come onde sismiche in tutte le direzioni provocando il terremoto. Nel caso in esame, sullo specchio”‘ di faglia del Serrore'”‘ solo in parte già esistente prima del terremoto, come testimoniavano i vecchi abitanti di Menaforno, furono registrati movimenti consequenziali al sisma e spostamenti di circa 70 cm. Per quando riguarda il contesto geomorfologico il nostro paese fa parte del bacino del Fucino. La conca è costituita da una depressione a fondo piatto (15000 ettari) profondamente incassata in rilievi che raggiungono anche quote elevate, fino ai 2400 m del monte Velino e del monte Sirente.
I principali elementi morfologici dell’area configurano tre zone distinte, rappresentate rispettivamente dalla depressione del lago storico, da una zona terrazzata tra le quote 670 e 720 metri, ed una zona a morfologia complessa al di sopra di quest’ultime. Questa terza zona, relativamente alla parte sud orientale del bacino, è costituita da sedimenti continentali che coprono con netta discordanza il substrato roccioso. La presenza, nell’area fucense, di faglie ad attività tettonica emerge molto chiaramente e danno luogo ad una serie di strutture rialzate e ribassate. In realtà i singoli elementi strutturali fanno parte di più lunghi allineamenti a direzione appenninica come il sistema di faglia San Benedetto-Gioia dei Marsi.
La sismicità di tale area puà determinarsi in base all’intensità ed alla frequenza dei sismi che si sono verificati in passato. Non sempre, perà, una tale indagine è sufficiente per la caratterizzazione sismogenetica di una zona. Infatti, il terremoto del 1915 interessà un settore della catena appenninica che fino allora gli esperti consideravano caratterizzato da una sismicità poco significativa. Il giudizio era basato sul fatto che prima del ’15, per parecchi secoli, non si erano registrati eventi di notevole intensità con origine nella piana del Fucino. Ciò indusse alcuni scienziati, l’inglese R. Mallet e il sismologo giapponese F. Omori, ad ipotizzare che l’area potesse essere ad alta probabilità di accadimento di un forte evento sismico in base all’interpretazione che diedero agli allineamenti degli epicentri di avvenimenti passati.
Oggi sappiamo però che, le due tesi erano più un’intuizione che il frutto di conoscenze sismotettoniche della catena appenninica. Sulla sismicità dell’area dunque non si hanno eventi anteriori all’anno 1000, nel senso che, non si hanno cronache e atti che ne attestano l’esistenza. Recenti studi hanno consentito di affermare che l’intervallo temporale tra un terremoto catastrofico e l’altro con origine nella piana del Fucino varia tra 1400-2600 anni. In questo intervallo temporale sta la spiegazione dell’assenza di tracce storiche di terremoti distruttivi precedenti a quello del 1915. Per l’area di Gioia dei Marsi si hanno solo due notizie di eventi con origine nella zona – il piccolo ed incerto terremoto di Pescina del 14 nov. 1904 (III grado MCS) ed il terremoto di Gioia dei Marsi del 14 apr. 1914 (V grado MCS) che sembra essere premonitore del successivo e disastroso sisma del 1915. A partire da tale data si sono verificati per circa un ventennio ulteriori scosse d’assestamento (al massimo IV-V grado MCS) che stanno ad indicare la presenza di strutture tettoniche che si sono attivate solo in occasione di tale evento.
Al fine del presente lavoro è fondamentale la ricostruzione geologica degli effetti indotti dal terremoto sul territorio. Dal punto di vista della bibliografia scientifica, perà, non molto è disponibile. Subito dopo l’evento, i rilevamenti effettuati dal Prof. ODDONE fornirono descrizioni molto precise; solo settant’anni dopo SERVA reinterpretà gli effetti con interviste ad anziani e osservazioni di campagna. Recentemente (1993-1995) gli scavi per la messa in opera di un metanodotto e un acquedotto realizzato per l’area industriale di Avezzano con la pulizia dei canali principali del sistema idraulico della piana del Fucino, hanno consentito di acquisire nuovi dati sugli effetti geologici del terremoto del 1915.
Secondo ODDONE che visità di persona i luoghi colpiti, fu impressionante la formazione di una “voragine perimetrale”: un crepaccio largo generalmente da 30 a 100 cm, con il labbro interno, verso il Fucino, notevolmente più basso. In modo particolare, in corrispondenza del vertice sud-est della piana del Fucino, al di sopra di Gioia dei Marsi, la dislocazione cosismica”‘ ha interessato la faglia del monte Serrone (foto 1 e 2). L’autore ritiene che il movimento sia da riferirsi ad una “frana” che ha interessato i detriti a contatto per faglia con la successione carbonatica. Lo stesso autore segnala la presenza di altre scarpate, apparentemente di minore importanza, in diversi settori del monte Serrone (foto 2). È d’obbligo, a questo punto, riportare le sue commoventi parole: “Al sussulto si è aggiunto lo scivolamento del terreno addossato ai fianchi del monte.
La spiegazione del distacco della roccia in posto è una soppressione d’attrito e conseguente discesa sotto l’azione della gravità. Cià capità specialmente a Gioia nuova… Quando scoppià la mina sismica, e ricordiamo che l’epicentro apparente non è di li lontano, quel monte ebbe un terribile fremito testimoniato dallo staccarsi e rotolare a valle di macigni anche di una tonnellata di massa…. Il distacco della montagna è ora indicato da una striscia bianchissima tortuosa alta 50 oppure 100 cm che corre a metà altezza del monte Serrone. Il bianco è proprio della rupe frescamente levigata dalla frana e spicca sulla patina grigio scura che il tempo e i microrganismi hanno impartito al conglomerato calcareo. A questo distacco il popolo ha dato il nome di panna e la indicano come una spaccatura della montagna”. ALFANI”‘ dedica poche parole e uno schizzo: “nel monte, su, in alto si nota una grande fessura larga due metri (visibile dalla strada). Tutti i muri lungo la strada a monte sono abbattuti sulla strada stessa”.
COLACICCHI (1967) accenna agli effetti geologici del terremoto, ricordando che sulla prosecuzione all’interno del bacino del Fucino della faglia SperoneGioia si ebbero dei movimenti contemporanei al sisma. Più recentemente SERVA et Al. (1986) hanno proposto una revisione del lavoro di ODDONE basata su interviste a superstiti del terremoto e su osservazioni di campagna; con queste ricerche gli autori ricostruiscono l’andamento del tratto di faglia perimetrale affermando la continuità del tratto tra Venere e Sperone. In sintesi, i dati bibliografici, evidenziano la presenza di scarpate cosismiche lungo la strada tra Paterno e Celano, l’attuale ss. 83 per Pescina, nelle zone di San Benedetto dei Marsi ed Ortucchio.
Le due osservazioni scientifiche che si propongono di ricostruire l’andamento complessivo della fagliazione superficiale (Oddone, 1915; Serva et Al., 1986) giungono a conclusioni significativamente diverse: Oddone (1915) tende a porre in evidenza il fatto che la rottura cosismica aveva un andamento pressoché anulare; Serva (1986) evidenzia la presenza di due “fratture subparallele” con direzione NW-SE che caratterizzano il settore orientale del Fucino. Il materiale documentario attualmente disponibile tenderebbe a confermare quest’ultima ipotesi. Le indagini geologiche finalizzate al miglioramento delle conoscenze sull’andamento della fagliazione superficiale hanno consentito l’acquisizione di ulteriori dati utili ad avvalorare l’ipotesi del movimento, nel 1915, delle faglie della ss. Marsicana a NW di Pescina e San Benedetto dei Marsi Gioia dei Marsi.
Movimenti in occasione del terremoto del 1915 hanno caratterizzato anche la faglia del Serrone, parte terminale verso SE della struttura San Benedetto dei MarsiGioia dei Marsi. Tuttavia, non esistono attualmente indicazioni sicure sulla tipologia del movimento riferibile a questa faglia. ODDONE, come già osservato, sembra propendere per l’ipotesi di movimenti franosi. D’altronde, ALFANI (1915), nello schizzo che riporta nei suoi appunti, sembra rappresentare, più che la faglia del Serrone, il movimento franoso di vaste proporzioni presente a monte dell’abitato di Menaforno (subito ad Est di Gioia dei Marsi). Più recentemente SERVA (1991) e BASILI & VALENSISE (1991) hanno interpretato il movimento sulla faglia come la diretta espressione della deformazione tettonica cosismica.
Le recenti ricerche non hanno fornito elementi utili ad interpretare in maniera univoca i movimenti del Serrone. Comunque i rilevamenti geologici e l’analisi dei fotogrammi aerei hanno evidenziato la presenza in più punti del versante montuoso, di indizi morfologici di movimenti franosi, anche in corrispondenza della faglia che pone a contatto i calcari con i depositi di versante. Proprio tale morfologia determinò la sorte orrenda che ebbe il nostro paese. Infatti il terremoto fece tremare con diversa ampiezza la roccia, l’argilla e i detriti. Nella roccia compatta si ebbe una migliore propagazione delle onde sismiche, una maggiore velocità, ma un’ampiezza piccola; nei terreni sciolti, invece, gli impulsi non fecero in tempo a propagarsi e l’ampiezza di scuotimento fu maggiore.
Cosi, i paesi come Ortona, Pescina, Lecce (in località Taroti), il convento di Pietraquaria ed il castello di Ortucchio furono risparmiati. Al contrario, gli edifici eretti sullo spesso mantello argilloso, all’interno del bacino del Fucino, ebbero danni ma non furono abbattuti; infine, i paesi sulle alluvioni ebbero sorte atroce: Avezzano, San Benedetto, Ortucchio furono annientati. Più tragica, ancora, fu la fine del paese di Gioia, situato sul detrito di falda addossato ad una massa calcarea in ripido pendio, dove all’azione sismica si aggiunse la discesa, per gravità, verso il basso di importanti volumi di terreno. Lo stesso ODDONE ci fornisce una toccante descrizione: “L’argilla ed i detriti adiacenti ebbero moti assai maggiori, cosicché la falda perse parte della sua adesione alla montagna ed ubbidendo al tremendo peso si insaccò su se stessa, stritolando nelle sue pur minime pieghe l’infelicissima Gioia”. L’autore nel suo lavoro analizza le numerose anomalie di propagazione delle intensità delle onde sismiche, collegandole soprattutto alla diversa composizione litologica del terreno, alla particolare morfologia delle aree su cui sorgeva il centro abitato e alla presenza di fenomeni franosi.
Le irregolarità nella propagazione del sisma sembrano dipendere da più fattori quali: complessità della sorgente sismica, diffusa presenza di effetti locali da mettere in relazione con la differente risposta tra depositi alluvionali recenti e rocce litoidi e infine dalla qualità costruttiva e stato di conservazione del patrimonio abitativo. Per quando detto, quindi, la non felice posizione geografica del nostro paese, mal situato su un confine geologico, dove per di più, il bordo roccioso presenta la maggiore salienza e il ruolo predominante che hanno giocato gli effetti di amplificazione locale, hanno determinato l’immane rovina che, ancor oggi, a distanza di 85 anni, è avvertita tra i cittadini. Infatti, le storie delle nostre nonne hanno trasmesso nel tempo le sensazioni, le emozioni e gli sgomenti con una forza interiore tale da renderci partecipi, in prima persona, a quel tragico epilogo. A conclusione del presente lavoro, si spera, di aver dato una spiegazione al tremendo destino toccato al nostro paese, in occasione del violento terremoto del 1915 che sconvolse tutta la zona marsicana.
Data e ora : 13 gennAo 1915 6. 52’. 43″
Epicentro : è stato stimato con varie modalità; situato al margine sud-orientale della conca del Fucino in località Gioia dei Marsi
Intensità epicentrale: XI grado scala M. C. S. (valore Max osservato)
Gioia dei Marsi : N°abitanti 3862 (censimento ‘1911)
N° vittime 2750 (ASA 1 1915)
N° superstiti 750 (ASA 1 1915)
Mortalità 78%
Monumenti perduti: Chiesetta Gotica, chiesa dell’Assunta, chiesa S. Maria la Nova (fraz. GIOIA VECCHIA), tutte le chiese (fraz. Sperone).
NOTE
(1) Com’è noto il prosciugamento del lago Fucino inizià già in epoca romana con Claudio Nerone ma fu realizzato, diversi secoli dopo, dal principe Torlonia nel 1875.
(2) ln geologia una faglia è rappresentabile come una frattura lungo il cui piano le rocce possono scorrere le une contro le altre in direzioni opposte.
(3) Lo sfregamento delle due parti lungo il piano di faglia durante lo spostamento puà determinare la formazione di una superficie liscia denominata specchio di faglia o liscione di faglia.
(4) 11 monte Serrone è meglio conosciuto dagli abitanti del posto come “La Panna”.
(5) I rilievi che E. Oddone, dell’Ufficio Centrale di Meteorologia e Geodinamica di Roma, fece a partire dal 16 gennaio denotarono che lo spostamento lungo il piano di faglia sul monte Serrone avvenne simultaneamente al terremoto del 1915.
(6) Tra primi a recarsi nell’area colpita dal terremoto fu Guido Alfani, direttore dell’Osservatorio Ximeniano di Firenze, le cui impressioni sono riportate nei suoi appunti di viaggio.