La nascita delle repubbliche federali italiche nel corso del v secolo a.C. determino nell’attuale territorio marsicano la presenza, nella parte centrale fucense della tribù dei Marsi, a nord-ovest quella degli Equi con le sue espansioni laziali verso il Cicolano (RI) e Valle dell’Aniene, mentre dalla media Valle del Liri i Volsci si incuneavano con il loro territorio fino a Balsorano, sui limiti meridionali della marsa Val Roveto. Le prime notizie su questi popoli ci vengono dalle fonti storiche romane (Livio e Plinio) che cominciano a parlare di questa parte dell’Abruzzo sul finire del v secolo: e del 408 d.C. la prima menzione del Fucinus Lacus in relazione di uno scontro fra Volsci e Romani nel territorio che poi sara parte della colonia romana di Sora.
Con il v secolo a.C. abbiamo i primi consistenti scontri fra le genti safine laziali, di originaria provenienza fucense, e le truppe romane sull’imbocco sorano dell’alta valle del Liri. Nell’ambito delle guerre fra Roma ed i Volsci, sul finire del v secolo a.C., s’inserisce, come abbiamo gia detto, la prima citazione del lago Fucino e di un centro fortificato volsco, certamente di grosse dimensioni, posto «presso» il lago e conquistato nel 408 a.C. dal dittatore romano Publio Cornelio. «Bellum haud memorabile fuit. Uno atque eo facili proelio cusi ad Antium hostes; victor exercitus depopulatus Volscorum agrum Castellum ad lacum Fucinum ui expugnatum, atque in eo tria milia hominum capta, ceteris Volscis intra moenia compulsis nec defendentibus agros» (tr. it.): ”Non fu una guerra degna di nota.
I nemici furono disfatti presso Anzio in una sola battaglia, e per giunta facile; l’esercito vittorioso saccheggio il territorio dei Volsci. Fu espugnato a forza un castello presso il lago Fucino, e vi si fecero prigionieri tremila uomini, mentre gli altri Volsci furono ricacciati entro le mura – delle loro città –, senza che difendessero le campagne”(Ltvio, w, 57, 7). ll passo e stato interpretato diverse volte con ubicazione del «Castellum ad lacum Fucinum» a Civita d’Antino, Civitella Roveto, Luco dei Marsi, Trasacco, sul colle d’Albe ed anche a Capistrello. In realta, date le nuove conoscenze sul territorio dei Volsci, si può tentare una diversa localizzazione del castello volsco. Escludendo del tutto le ipotesi sull’appartenenza del centro fortificato al territorio dei Marsi, perche non interessati al conflitto del 408 a.C., si può riconoscerne l’ubicazione nell’interno della Vallis Sorana, sul sito della città volsca di Sora e successiva sede coloniale romana.
E da escludere anche l’ipotesi del Letta (e dello scrivente), formulata in passato e tesa a collocare il centro in territorio equo fucense, sul colle della futura Alba Fncens, in base all’osservazione sui conflitti fra Roma ed Equi nello stesso anno. Rimarrebbe difficile spiegare una presenza romana cosi interna sul settore fucense sul finire del v secolo, mentre sappiamo che solo verso la seconda meta del secolo successivo Roma riuscì ad avere la meglio sugli Wqui fucensi. Appare, quindi, più coerente la posizione del centro fortificato nel territorio volsco sorano, confinante, sull’alta valle del Liri, con quello marso e naturalmente definito, nell’indicazione geografica antica, «presso il lago Fucino»: non a caso a meta del secolo successivo, nel 345, i Romani creeranno un caposaldo romano-latino proprio sull’acropoli di Sora. Al termine del IV secolo a.C., l’alta valle del Liri acquista una notevole importariza nell’ambito della conquista romana del territorio equo fucense e di parte di quello marso. Liquidati definitivamente i Volsci nel 338 a.C., Roma si trova ad affrontare le popolazioni safine interne, soprattutto Pentri e Marsi presenti nell’alta e media valle del Liri sulle vecchie posizioni volsche. La prima notizia di una presenza militare marsa nell’alta valle del Liri e del 308 a.C., anno in cui il console romano Quinto Fabio, dopo aver preso nella Campania sannita Nuceria Alfaterna, sconfisse un esercito di Pentri, Marsi e Peligni (probabilmente sul settore sorano all’imbocco dell’alto Liri) accorso a contrastare una possibile avanzata delle truppe romane nelle loro sedi storiche: «ni Marsi eo primum proelio cum Romanis bellassent.>>.
Questo il primo vero segnale di una penetrazione romana sul settore marso per la Val Roveto, in direzione del Fucino. Un pericolo avvertito dai Marsi ed anche dai vicini Peligni, alleati con i Marsi e membri della Lega Sabellica in guerra con Roma. La stessa Sora volsca con il suo presidio militare romano, che controllava l’accesso al territorio dei Marsi, era stata presa dalle truppe sannite (Pentri) nel 315 con la successiva riconquista romana nell’anno 312: nel 307 Sora cadde nuovamente in mano sannita. Dopo il 307 e fino alla conclusione delle operazioni belliche romane sul settore fucense, la valle fu luogo di conflitti dato il permanere del controllo marso-sannita sul settore sorano fino al 305, quando Sora fu ripresa dai Romani che due anni dopo, nel 303, vi fondarono una colonia latina di 4.000 uomini.
Successivamente non si hanno notizie precise su altri scontri, o conquiste di centri fortificati della valle e del settore fucense, ma probabilmente ci furono perché sono documentate altre azioni romane sul settore del Liri in direzione del Fucino fino al 294 a.C. Flussi di genti fucensi verso il Lazio settentrionale in direzione del Reatino tramite il corso dell’Imele-Salto e Valle dell’Aniene durante il vn secolo a.C., dovettero portare alla creazione nel corso del v secolo a.C. del nomen equo. L’ipotesi trova ora attestazioni negli scavi del grande tumulo di Corvaro (Borgorose, RI) in un’area legata alla ”cultura Laziale” ancora nella prima Eta del ferro, vista la presenza di sepolture ”ad incinerazione” e vasellame ceramico nelle tombe, come nel caso della tomba 8 e nei vasi ad impasto del tumulo centrale.
L’arrivo delle prime genti fucensi nell’area cicolana e documentato sul finire dell’VIII ed inizi del VI secolo da un disco-corazza in lamina di bronzo a decorazione geometrica dall’area del tumulo di Corvaro e da un altro di Fiamignano (RI) a decorazione geometricoorientalizzante della fine del VII secolo a.C. La piena occupazione dell’area da parte di genti a ”cultura fucense” avvenne durante la meta del VII secolo a.C. con numerose tombe ad inumazione racchiuse da un raffinato circolo di lastre calcaree coronate da sfingi e chimere, sepolture aventi solo materiali metallici, prevalentemente armi di ferro, stole con placche di bronzo, fibule e solo vasellame di bronzo (bacili ad orlo perlato) legato al consumo della carne. Al VI secolo sono legate le sepolture di Riofreddo (Roma) allo sbocco della Piana del Disco-corazza fucense del Vll secolo: da Venere di Pescina.
Cavaliere verso la Valle dell’Aniene e il territorio sabino di confine. Si tratta di sepolture a fossa con copertura a lastroni con corredo di solo materiale metallico, quindi di cultura equa. Queste genti, ricordate in epoca storica col nome di Equi, si spinsero quindi a partire dall’VIII secolo dai Piani Palentini verso la valle dell’Imele, la valle del Turano (Carseolano) e la valle dell’Aniene raggiungendo nella seconda meta del vi secolo a.C. le vicinanze di Roma sui Colli Albani, nello sbocco tiburtino e reatino. La tradizione romana ricorda il fondamentale apporto di questo gruppo safino nella istituzione della «legge feciale» durante il regno di Anco Marzio, quarto re di Roma (Livio, i, 32, 5). Da un anonimo scrittore latino di età imperiale (IuL. PARts, Epitone de prun., 1) conosciamo il nome dei primi due re equi. Il primo fu Settimio Modio, mentre il secondo, Fertore Resio, fu il primo ad istituire la legge feciale: <<Ab Wquiculis Septumiun Modium primum eorum regem, postea Fertorem Resium qui primis jus fetiale insituit».
Questo consistente apporto equo alla formazione di una legge legata alla dichiarazione di guerra, e prova ulteriore della spinta dei gruppi safini fucensi in direzione di Roma durante il corso della seconda Età del ferro e dei conseguenti successivi conflitti che vedranno Roma contro Equi, Volsci ed Ernici nel corso del V e IV secolo a.C. Nel vi secolo la spinta delle genti fucensi verso il Lazio, come abbiamo gia visto, diventa più consistente con la creazione degli stati dei Volsci e degli Equi. Non siamo più di fronte all’arrivo nel Lazio di lavoratori stagionali, artigiani e piccoli gruppi armati di mercenari, ma, probabilmente, di consistenti compagini militari guidati da principi (nerf) e tesi ad una vera e propria azione di conquista militare della fertile pianura laziale. Genti fucensi dotate di un notevole potere offensivo, maturato con le guerre locali e con la pratica del mercenariato, pratica che fu veicolo di maturazione culturale e di conoscenza delle realtà urbane e socio-economiche presenti nel suolo laziale e campano. La presenza volsca nel Lazio e documentata gia nella seconda meta del vi secolo con un’azione di conquista che li porterà sul Tirreno, ad Anzio (Antium) e Suessa Pometia, sui colli Albani, sul finire del secolo.
I Volsci, insieme agli Equi, diedero un duro colpo al commercio ed alla presenza etrusca nel Latinm adiectum e favorirono la caduta della monarchia dei Tarquinii a Roma e, con i Latini, la fine della loro ingerenza nel Lazio. Non solo il Lazio fu interessato dalla presenza di mercenari di ”cultura fucense”, ma anche l’area campana a partire dalla seconda Età del ferro. Lo studio di Raffaella Papi, di un disco-corazza fucense a decorazione geometrico-orientalizzante di vn secolo a.C., proveniente dalla necropoli di Cuma e ora nella Collezione Stevens del Museo Archeologico di Napoli, costituisce un prezioso indizio di una precoce presenza di mercenari fucensi a Cuma. Anche una notizia che ci viene da Dionisio d’Alicarnasso (7, 3, 1), riguardo alla partecipazione di «molti […] degli altri barbari» che si unirono ad Etruschi, Dauni ed Umbri nella guerra contro Cuma del 524, potrebbe nascondere la partecipazione di mercenari safini a fianco degli Etruschi nell’ambito della prima meta del VI secolo a.C. Sul finire del vi secolo a.C. ed inizi del successivo, in ambiti geografici e culturali omogenei, a causa di accordi o ampliamenti territoriali dovuti a conquiste militari, nascono i numerosi stati oligarchici repubblicani storici (i nomina safini) della Marsica. Stati federali composti di tante toutas (”comunità” = civitas in latino), corrispondenti ai numerosi centri fortificati non più dominati dalle figure dei re, ma da magistrati pubblici supremi (meddices tudici) scelti fra i maggiorenti italici locali (nerf = principi).
Magistrati eponimi che duravano in carica un solo anno ed erano eletti dall’assemblea dell’ocri. Come per gli Ernici, la sede federale era il santuario nazionale del nomen: non sappiamo quello degli Equi, ma per i Marsi si può pensare al santuario di Angitia posto nell’interno della città marsa di Anxa. In caso di conflitti con i popoli vicini, l’assemblea del nomen italico sceglieva fra i suoi membri un condottiero, l’embratur, che doveva, come per il dictator romano, condurre le operazioni belliche dello stato federale. Dalla stessa assemblea erano svolti i trattati politici e commerciali del nomen federale, mentre dai singoli ocres gruppi di giovani armati, verreia, a primavera partivano come truppe mercenarie, guidati da un magistrato (meddix) della touto, verso i teatri bellici del Mediterraneo. Nell’ambito dei confini settentrionali dello stato dei Marsi era inserito il territorio di Avezzano: le montagne della catena di Salviano (ex Castelluccio), Monte Aria (ex Monte Arrio), Cimarani (ex Montagna Grande), Monte San Felice sopra Cappelle dei Marsi, Peschio Cervaro e Monte Uomo sopra Paterno, erano probabilmente in mano marsa, mentre la collina di Albe con Antrosano e Cappelle dei Marsi era in mano equa; il confine doveva quindi essere costituito dal piano di Cesolino e il medievale Rivo Foraneo, l’attuale fossato di Valle Solecara che scende da Forme e Capo La Maina.
Ma la presenza marsa doveva spingersi sui Piani Palentini fino a Corcumello e nell’alta Valle del Liri, la Val di Nerfa, fino al diaframma di Cappadocia e Petrella Liri che separa le sorgenti del Liri da quelle dell’Imele. L’indizio di questa avanzata presenza marsa nella parte terminale dell’alta valle del Liri, Val di Nerfa, e documentato dagli avvenimenti legati ai conflitti fra Roma ed i Marsi sul finire del iv secolo. Questo intervento armato dimostra una presenza marsa su questo settore interessato, per problemi di sbocco socio-economico, alla piana carseolana e valle dell’Aniene. Superato il Monte Arunzo, sui Piani Palentini, il confine fra i Marsi ed Equi doveva correre fra Villa San Sebastiano e Scurcola-Cappelle con gli Equi a nord-ovest ed il Marsi a sud-est del corso dell’Imele con i centri fortificati di Monte San Felice, Cimarani e Rotella di Collalto. Il permanere degli insediamenti fortificati anche nel sistema repubblicano safino documenta il reale stato di conflitto fra Marsi ed Equi per la definizione degli spazi territoriali delle due comunità, soprattutto sulle linee di confine.
Il settore equo della Marsica conosce la prima avanzata e conquista romana nel 304 a.C. quando, con una campagna di soli 50 giorni, il console romano Publius Sempronius Sophus prese ben 31 oppida (= ocres) equi che furono, nella maggior parte, abbattuti ed incendiati: «nomenque Mquorum prope ad internecionem deletum De Wquis triumphatum» (tr. it.): ”e il popolo degli Equi fu quasi completamente sterminato. Si celebro il trionfo sugli Equi.” (Lrvio, ix, 45, 17-18). Lo storico greco Diodoro Siculo, per la guerra romano-equa del 304 a.C., parla invece della presa di ben 41 centri fortificati equi . La sconfitta fu un salasso terribile per gli Wquiculi del settore abruzzese con la presenza ormai costante di truppe romane nel cuore del proprio territorio e la creazione, da parte di Roma, della colonia militare di Alba Fucens nel 303 a.C. con l’invio di ben 6.000 coloni a presidiarla: <<L. Genucio Ser. Cornelius consulibus ab externis ferme bellis otium fuit. Soram atque Albam colonia.’ deductce. Albam in Wquos sex milia colonorum scripta: Sora agri Volsci fuerat sed possederant Samnites; eo quattuor milia hominum missa.» (tr. it.): ”L’anno in cui furono consoli Lucio Genucio e Servio Cornelio si ebbe in fatto di guerre esterne una tregua quasi generale.
Si stanziarono colonie a Sora ed ad Alba. Ad Alba, nel territorio degli Equi, furono inviati seimila coloni: Sora faceva parte del territorio dei Volsci, ma era stata occupata da Sanniti; vi furono stanziati quattromila uomini. Con l’arrivo dei coloni, l’ex territorio palentino degli Equi fu acquisito, come preda di guerra, dai coloni di Alba Fucens. La nuova fondazione coloniale romana nella sede originaria del loro territorio fu duramente avversata dagli Equi sopravvissuti che, nello stesso anno, tentarono disperatamente di riprendere il possesso delle colline albensi, ma furono respinti dai nuovi coloni romani. Questo disperato tentativo mise in serio allarme Roma che non si aspettava, dopo lo sterminio del 304 a.C., una nuova rivolta equa. Prontamente il senato romano nomino il dittatore Caio Giunio Bubulco che, insieme al maestro di cavalleria Marco Titinio, con una campagna di soli otto giorni, sul finire del 303 a.C., sottomise nuovamente gli Equi (Livio, x, 1, 7-9).
Lo scopo dell’occupazione marsa del territorio carseolano era quella di assicurarsi uno sbocco verso le valli del Turano ed Aniene, dal punto di vista degli uscite laziali del mercenariato e del commercio locale ed evitare cosi il completo accerchiamento territoriale, gia in atto con le fondazioni coloniali di Sora a meridione, Alba a settentrione e la nuova prefettura di Atina ad oriente sull’Alto Sangro. L’intervento armato in direzione di Carsoli dimostra, inoltre, in maniera chiara, l’effettiva presenza dei Marsi nella parte terminale dell’alta valle del Liri (Val di Nerfa) e sui monti posti a sud-ovest della stessa, sistemi montuosi che erano chiaramente legati per problemi di sbocco all’area carseolana. La resistenza equa e la nuova offensiva marsa, preoccuparono seriamente Roma che Mandò ai dittatori M. Valerio Massimo e C. Giunio Bubulco la definitiva ”pacificazione” del territorio equo ed il contenimento delle nuove offensive marse. Ad agevolare l’azione romana fu in quegli anni la creazione della via consolare Valeria, un prolungamento della Via Tiburtina destinato a collegare le nuove colonie con Roma, per opera dello stesso Valerio Massimo: Tito Livio (ix, 43, 25) ricorda, infatti che nel 307 a.C.
Valerio, insieme al collega Bubulco (censori nel 307), costrui delle «via. per agros publica inpensa factce>>. Valerio Massimo nel corso del 302 a.C., dopo aver sloggiato i Marsi dal territorio carseolano si diresse rapidamente verso il Fucino dove conquisto tre città fortificate marse, tolse una parte del territorio ai Marsi e concesse agli stessi il trattato di pace con Roma: «Profectus dictator cum exercitu proemio uno Marsos fundit. Compultis deinde in urbes munitas, Milioniam, Plestinam, Fresiliam intra dies paucos cepit et parte agri multatis Marsis foedus restituit. (tr. it.): ”Il dittatore, mossosi con l’esercito, con una sola battaglia sbaraglio i Marsi. Li ricaccio quindi nelle loro città fortificate di Milionia, Plestinia e Fresilia, che entro pochi giorni conquisto, e, dopo aver condannato i Marsi a cedere una parte del loro territorio, rinnovo con loro il patto d’alleanza”.
L’identificazione dei centri marsi nella Valle del Giovenco (Plestinia a Roccavecchia di Pescina e Milionia a Rivoli di Ortona dei Marsi) e, forse, nella Vallelonga (Fresilia a Monte Annamunna di Collelongo?), ci permette di riconoscere il teatro delle imprese di Valerio Massimo ed anche il tentativo dello stesso di controllare gli accessi fucensi al Sannio interno (Valico di Templo di Gioia dei Marsi e forse il Valico dell’Aceretta di Villavallelonga). La sconfitta marsa ebbe però conseguenze dirette sull’assetto territoriale marso con la perdita di parte del migliore territorio agrario («parte agri multatis»), l’obbligo ad un oneroso trattato d’alleanza (foedus) come socii con l’obbligo di fornire continuamente soldati a Roma in caso di guerra e la presenza di presidi militari romani nei centri fortificati conquistati per le future azioni romane in direzione della definitiva conquista del Sannio interno. La parte dell’ager Marsorum originario tolta da Valerio Massimo nel 302 a.C. e da ricercare nei fertili terreni agrari del settore fucense, palentino e lirino. Il territorio fra il Rio La Foce di Celano e l’Incile di Avezzano fu assegnato, insieme alla Val di Nerfa ed il settore palentino marso, ad Alba Fucens.
La parte iniziale della Val Roveto con i suoi fertili campi di Balsorano e Roccavivi, con un confine ricercabile fra San Giovanni, San Vincenzo Valle Roveto e Rendinara, fu assegnato alla colonia di Sora: questa parte dell’alta valle del Liri era, infatti, ancora detta nell’altomedioevo «vallis Sorana». Una presenza militare romana nella vicina e strategica Val Roveto nel m secolo a.C., precisamente nell’ocris marso di Antinum, e forse deducibile dalla menzione, secondo un recente studio del Letta, di un censore o ”centurione” romano in una lamina votiva a Vesuna con iscrizione latina (databile alla seconda meta del m secolo a.C.) ivi rinvenuta agli inizi del secolo XIX ed ora conservata al Louvre (VETTER 1952, n. 223). La possibilita reale di questa presenza militare romana nelle ormai alleate toutas (comunità) dei centri fortificati marsi, e anche direttamente confermata dalla conquista sannita nel 295 a.C. dei centri fortificati posti sui limiti del territorio marso, in direzione del Sannio e Valle Peligna. Non sarebbe comprensibile un attacco sannita su queste ”città munite” marse in occasione della famosa battaglia di Sentino nelle Marche, se non nel tentativo di eliminarne i possibili presidi romani posti lungo il tragitto delle truppe sannite in partenza, verso gli scenari di guerra piceno-gallici.
Infatti, e solo dopo la vittoria di Sentino, nel 294, che Roma invia nella Marsica un esercito guidato dal console Lucio Postunio, che, provenendo da Sora, per la Val Roveto, raggiunse i confini orientali dell’ager Marsorum e riconquisto con la forza, uccidendo 3.200 Sanniti e facendone prigionieri 4.700, l’importante città di Milionia sulla Valle del Giovenco e il vicino centro fortificato di Feritrum (Ltvto, x, 34, 1-5), probabilmente riconoscibile sul colle La Giurlanda di Pescina, posto a controllo della Forca Caruso (la medievale <<Furca Ferrati») in direzione del territorio peligno. Anche in quest’occasione, durante le ultime operazioni romane della conquista del territorio storico dei Sanniti, e evidente la funzione centrale e strategica della Valle del Giovenco, di Sora, della Val Roveto e dello sbocco palentino sul Fucino.
In quest’ottica va quindi vista la presenza di un censore romano ad Antinum, il maggiore centro fortificato marso dell’alta valle del Liri, ancora sul finire del m secolo a.C. Quasi certamente gli abitanti marsi dei centri fortificati del territorio inserito nella nuova colonia albense, furono costretti, probabilmente, dai nuovi magistrati della colonia romana ad abbandonare le loro sedi fortificate e scendere in basso edificando nuovi villaggi non fortificati: infatti, gli ocres di Monte Salviano e San Felice, come altri inseriti nell’Ager Albensis, mostrano una fase d’abbandono al termine del Iv secolo a.C. con la mancanza delle classi ceramiche della ceramica acroma e del tipo a ”vernice nera” di III-II secolo a.C.