ITINERARI IDEALI NELLA MARSICA (Itinerario 3)

Avezzano
Alba Fucens
Massa D’Albe
Magliano De’ Marsi
Rosciolo
Marano
Scurcola Marsicana
Cappelle dei Marsi

L’ITINERARIO IN BREVE

La partenza è da AVEZZANO, il “capoluogo” della Marsica. Il punto più adatto per ammirare la moderna città, ricostruita dalle fondamenta dopo il catastrofico terremoto del 13 gennaio 1915, è il colle di Pietraquaria, ai cui piedi si stende l’abitato. Dall’alto, la visione è suggestiva: la città sembra veramente nata in perfetta simbiosi con il paesaggio circostante, con l’ampia e verdeggiante piana del Fucino e le candide cime del monte Velino.

Avezzano, oggi, è una città dinamica e attiva: il movimento delle sue strade non è altro che il segno esteriore della sua vitalità demografica ed economica. La sua storia, al di là del terremoto, si lega strettamente con il prosciugamento del lago: un’impresa, già tentata nel passato dall’imperatore Claudio, che fece costruire un colossale emissario e alcuni cunicoli sotterranei (che si vedono ancor oggi, nelle vicinanze, e che la gente continua a chiamare “cunicoli di Nerone”); e realizzata, verso il 1870, da Alessandro Torlonia. La parte più monumentale dell’impresa torloniana è costituita dall’Incile, una grande e monumentale diga, attraverso la quale le acque dell’alveo fucense vengono convogliate in un canale sotterraneo (che percorre le viscere del monte Salviano) e fatte precipitare nel sottostante fiume Liri, presso Capistrello. Il fondo prosciugato del lago è divenuto una delle più fertili vallate d’Abruzzo: oltre 14.000 ettari di terreno, sui quali si è sviluppata un’agricoltura tecnologicamente avanzata.

Tra le poche tracce della Avezzano precedente al terremoto e al prosciugamento, la più appariscente è rappresentata dal castello Orsini (divenuto, poi, residenza principesca della famiglia Colonna). Si tratta di un avanzo monumentale che, oggi restaurato e adibito a sala per conferenze, spettacoli e concerti, conserva quasi integra la sua fisionomia di elegante residenza principesca. E, nella stessa piazza dove sorge il castello, si trova l’unica chiesa “antica” di Avezzano, quella di S.Giovanni Battista, anch’essa completamente restaurata dopo le distruzioni operate dal terremoto.
Anche le tradizioni di Avezzano sono, ormai, un pallido ricordo di epoche trascorse, quando si festeggiava solennemente il patrono S.Bartolomeo o si eseguiva la “gara del solco” lungo le pendici del Salviano; o quando, ancora, le due confraternite di S.Rocco e di S.Giovanni si scontravano ferocemente per il diritto alla precedenza nella processione del Venerdì Santo. Oggi è rimasta quasi esclusivamente la devozione per la Madonna di Pietraquaria, la cui festa (il 27 aprile) si celebra non solo con funzioni religiose, ma anche con l’accensione (la sera della vigilia) di fuochi rituali in tutti i quartieri della città, utilizzando rami e tronchi d’albero trascinati per le vie (è il cosiddetto strascìne) da frotte di ragazzi.

Il nostro giro prosegue lungo la strada panoramica per ALBA FUCENS. Siamo in comune di MASSA D’ALBE, il cui capoluogo, a qualche chilometro di distanza, è formato dall’aggregazione di due preesistenti nuclei urbani: Massa Inferiore (l’originaria Massa d’Albe) e Massa Superiore (o Corona), quest’ultima nota soprattutto per la chiesetta dedicata alla prodigiosa Madonna del Fulmine (la cui festa ricorre l’8 giugno).

Ma, prima del capoluogo e proprio sulla sommità di un colle, si intravedono i ruderi di un castello feudale, anch’esso fatto costruire dagli Orsini verso la fine del ‘300: ruderi possenti, che ancora lasciano ben intuire quale dovesse essere il castello prima che il terremoto lo devastasse, e cioè una poderosa costruzione quadrangolare e turrita, certamente nata come roccaforte, ma simile negli usi, come altri castelli della zona, più a un palazzo fortificato che a un fortilizio vero e proprio. Ai piedi del castello si trova l’attuale paesino di ALBE, con la quattrocentesca chiesa parrocchiale di S.Nicola (sulla cui facciata, ricostruita, si ammira lo splendido rosone; e al cui interno si custodiva il cosiddetto “tesoro di Albe”, appartenuto ai signori del luogo e oggi ben esposto nel Museo di Palazzo Venezia in Roma).

A poche decine di metri dal paese, al culmine di una breve salita, sorge la chiesa romanica di S.Pietro, innalzata sui resti di un antico tempio pagano: è uno splendido edificio, il cui elemento più prezioso, però, costituito da un magnifico portale ligneo, non si trova più in loco, essendo stato trasportato nel Museo Nazionale dell’Aquila. Al suo interno, risultano evidenti i segni dell’antico tempio di Apollo, che si confondono armonicamente con le strutture medievali: frutto equilibrato di un sapiente restauro, con il quale sono stati cancellati i guasti del terremoto.

Più in basso, si scorgono i resti archeologici dell’antica città romana di ALBA FUCENS: una città che, ai tempi del suo massimo splendore, rappresentò davvero una pietra miliare nella struttura politico-amministrativa dell’impero romano. Le pietre, venute alla luce in seguito a pazienti scavi archeologici condotti dai Belgi, stanno ancor oggi a testimoniare di quella grandezza passata: e rivive, almeno nella fantasia del visitatore, il ritmo della vita antica, tra la via Valeria e la via dei Pilastri, la Basilica e le Terme, il Teatro e l’Anfiteatro.
Da Albe scendiamo verso MAGLIANO DEI MARSI.

Il paese, lindo e ordinato, ha una sua storia antica, testimoniata sia dalla struttura urbanistica, sia dalla presenza di edifici civili e di culto, sopravvissuti alle traversie dei tempi o ricostruiti dopo il terremoto. Sono interessanti, ad esempio, le chiese di S.Maria di Loreto (decorata da affreschi tardo-quattrocenteschi, di cui non restano che pallidi avanzi) e di S.Domenico (con portale tardo-cinquecentesco adorno di candeliere). Ma il monumento che domina per posizione e bellezza su tutte le altre costruzioni è la chiesa parrocchiale di S.Lucia, con il suo bel campanile ottocentesco (unico rimasto in piedi durante il sisma) e l’architettonica trecentesca facciata (ricca, però, di elementi aggiunti in epoche diverse, con un intreccio di stili, anche all’interno, che fa di questo monumento un esempio quasi unico in Abruzzo).

In periodo carnevalesco, a Magliano si effettua un gioco popolare chiamato “caciotorneo”, che consiste in una gara di lancio di grosse pizze di formaggio lungo il circuito di Tornaterra. Sempre a Magliano si deve ricordare l’originale rito della “Desolata”, che si ripete puntualmente ogni anno durante la Settimana Santa, nel ricordo della Passione di Cristo e del dolore della Madonna.

Nelle vicinanze (frazione di ROSCIOLO), sotto l’ombra del monte Velino, si trova uno dei gioielli più interessanti dell’arte romanica: S.Maria in Valle Porclaneta, abbazia benedettina dell’XI secolo, il cui fascino è dato non solo dalla posizione in luogo aspro e solitario, ma anche dall’alto valore artistico del suo interno. Qui, infatti, si possono ammirare: la magnifica iconostasi, il pregevole ambone e il ciborio, opere di un’eccellente scuola di marmorari, fiorita intorno al 1150 a Guardiagrele con Rogerio, Roberto e Nicodemo. Sono notevoli anche le arcate a pieno centro su pilastri dagli ingenui capitelli romanici, la copertura a capriate e l’abside semicircolare, e alle pareti affreschi del ‘300 e del ‘400: il tutto in una combinazione armonica e riposante.

L’altra frazione di Magliano, MARANO, in alto su un colle, si trova proprio al confine tra la provincia dell’Aquila e quella di Rieti, all’imbocco della valle del Cicolano che, fino al 1927, faceva integralmente parte dell’Abruzzo. Marano merita un cenno particolare perché, in realtà, più che un paese è un castello: un castello medievale, che ha conservato la sua struttura originaria, con i passaggi a corridoio, le salite a spirale, gli archi e le torri e le costruzioni laterali, che dovevano costituire un tutt’uno con il mastio centrale.

Tornati a Magliano, di qui, con breve percorso, si giunge a SCURCOLA MARSICANA, la cui notorietà è affidata non soltanto ai suoi monumenti, generalmente ben conservati, ma anche alle sue tipiche manifestazioni folkloristiche e religiose (come l’estiva “Festa della Venere”, collegata con la “sagra della ciambella”, e i tipici “Cenacoli” della Settimana Santa, organizzati e curati dalle quattro Confraternite del paese). Tra i monumenti, in particolare, è da ricordare la moderna chiesa di S. Maria della Vittoria, nella parte alta del paese, costruita nel 1525, perché in essa venne trasferita la prodigiosa duecentesca immagine della Madonna che si trovava nell’originaria chiesa della Vittoria.

Tra gli altri monumenti di Scurcola, degni di rilievo sono: le cinquecentesche chiese di S. Egidio e di S. Antonio, quest’ultima con convento annesso; taluni scorci dell’abitato medievale, ancora abbastanza integri; la tardo-cinquecentesca chiesa parrocchiale della SS. Trinità, resa più slanciata e scenografica dall’originale scalinata anteriore; e, soprattutto, il castello cosiddetto degli Orsini, ma quasi sicuramente opera precedente, dell’epoca dei De Pontibus (sec. XIII), purtroppo gravemente danneggiato e lasciato in un deplorevole abbandono. Nelle vicinanze del paese, infine, c’è da sottolineare la presenza di pochi ruderi della vecchia chiesa di S. Maria della Vittoria, chiamati “le Muracce”: fu quella la chiesa fatta innalzare da Carlo I d’Angiò dopo la vittoria su Corradino nel 1268; e, presso gli argini del fiume Imele, una necropoli scavata recentemente, con interessanti tombe a circolo.

Da Scurcola, lungo la Statale 5, si può tornare ad Avezzano dopo aver attraversato il paese di CAPPELLE DEI MARSI (frazione di Scurcola), così chiamato perché in quel luogo i Cistercensi, nel medioevo, avevano innalzato tre cappelle (dedicate a S. Nicola) attorno al loro monastero. Giunti ad Avezzano, l’itinerario si può degnamente concludere con una visita al Museo Comunale, che oggi conserva, accanto ai frammenti antichi, anche i quadri d’arte moderna della Pinacoteca.

Testi a cura del prof Angelo Melchiorre

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