ITINERARI IDEALI NELLA MARSICA (Itinerario 2)

Avezzano
Celano
Ovindoli
Aielli
Collarmele
Cerchio

L’ITINERARIO IN BREVE

Quest’itinerario segue l’andamento dell’antico “tratturo”. Dal capoluogo marsicano la strada (la Statale 5) ci conduce a PATERNO Di AVEZZANO (l’interessante portale della distrutta chiesa di S.Salvatore si trova attualmente a Celano) e di qui, con deviazione a sinistra, giungiamo a CELANO, l’antica “caput Marsorum”.

La città di CELANO si presenta immediatamente all’occhio del visitatore con il suo maestoso castello, che ancor oggi domina (restaurato), come ai tempi degli Acclozamora e dei Piccolomini, sull’intero territorio circostante. Attorno a esso, in una serie concentrica di quartieri e di successivi progetti urbanistici, si è sviluppato il nucleo cittadino, quasi a voler sottoscrivere la propria devota soggezione al feudatario. Celano, dunque, è interessante soprattutto per questa sua caratteristica fisionomia; ma anche per la presenza di numerosi edifici di culto, a cominciare dalla sua chiesa più antica, quella di S.Maria in Valleverde (con annesso convento). Nella cripta di questa chiesa si può contemplare un pregiato quadro del Sodoma (Cristo che si avvia al Calvario). Un breve giro per il convento ci consente di ammirare l’ampio chiostro, ma la nostra attenzione è attratta particolarmente da una pala in legno, ispirata alla scuola del Perugino, raffigurante la Natività e assai suggestiva per il delicato volto della Madonna, oltre che per i luminosi sfondi paesaggistici. E, poi, vale la pena visitare l’altra chiesa dedicata alla Vergine, S.Maria delle Grazie, citata (come numerose altre della Marsica) nelle bolle di Pasquale II (anno 1115) e di Clemente III (anno 1188).

Interessanti, inoltre, sono la chiesa di S.Francesco, l’Oratorio di S.Angelo e, soprattutto, la collegiata di S.Giovanni Battista (con elegante rosone di stile gotico a raggi e archetti, che sembrano preziosi ricami, e con alcuni affreschi nelle pareti interne).

Una città, dunque, Celano che, dopo la distruzione effettuata nel XIII secolo da Federico II, risorse alle falde del monte Tino (S.Vittorino), divenendo in breve la “capitale” di uno dei più vasti feudi dell’Abruzzo Ulteriore II. La sua fu una storia di lutti e di conquiste, di santi e di conti “maledetti”, di prìncipi munifici e di battagliere confraternite, di artisti e di popolani, di successi e di sventure, che trova puntuale riscontro nei numerosi “segnali” della devozione principesca e popolare, nelle opere d’arte e nella vita stessa della sua gente. Una delle feste religiose più sentite e coralmente vissute dagli abitanti di Celano è quella dei “Santi Martiri” (Simplicio, Costanzo e Vittoriano). Le celebrazioni hanno inizio già il 24 agosto di ogni anno con l’esposizione delle urne e si protraggono il 25 e il 26 con solenni cerimonie e grandiosi trattenimenti popolari, che assumono spesso carattere di spettacolare festosità.

Anche la processione del Venerdì Santo assume qui una fisionomia abbastanza originale, per la partecipazione (talvolta anche conflittuale) delle numerose confraternite, la cui storia e la cui composizione si legano profondamente al complicato tessuto culturale e sociale della città. La Celano di oggi – seconda città della Marsica per numero di abitanti – pur attraverso la persistenza di stereotipi tradizionali, può considerarsi tuttavia uno dei punti chiave dell’agricoltura e, generalmente, dell’economia marsicana. La splendida Piazza IV Novembre costituisce, per i Celanesi, il punto d’incontro non soltanto topografico ma anche morale e sentimentale dell’intera città. E il rapporto intenso che unisce la Celano di oggi a quella di ieri è sottolineato dai moderni monumenti innalzati in onore di S.Francesco e dei Santi Martiri, ma anche dalla scelta di Celano come sede di prestigiose rassegne d’arte contemporanea, oltre che di una vera e propria struttura didattico-archeologica (in località Paludi) e dell’unico vero Museo marsicano, sistemato all’interno del capace castello Piccolomini.

Da Celano una bella strada (la 5 bis) conduce all’altopiano delle Rocche. Si lascia a sinistra il bivio per SANTA JONA (Santa Eugenia), un paesino che appare tra i meglio conservati della Marsica, arroccato com’è su un costone roccioso, sul quale spicca un torrione tondo ben lavorato, posto – nel medioevo – a guardia della via di comunicazione tra Albe e Celano.
Più in alto, la strada attraversa SAN POTITO, frazione di Ovindoli (così come lo è Santa Jona). Qui sono stati ritrovati i resti di una villa romana, ritenuta dagli esperti residenza estiva di Lucio Vero, fratello adottivo dell’imperatore Marco Aurelio. Su una rupe, inoltre, si vedono gli avanzi di una poderosa costruzione medievale, un castello probabilmente, che apparteneva al medesimo scacchiere difensivo di Ovindoli.

Al termine della salita (che si snoda in arditi tornanti in mezzo al verde dei pini) si giunge a OVINDOLI (m 1375), il paese da cui ha inizio l’altopiano delle Rocche. Anche qui si segnalano i resti di un castello medievale (con tracce di muri e di una torre), attorno a cui si è esteso l’abitato, la cui struttura fondamentalmente è ancora quella originaria. Di particolare rilievo, all’interno del paese, sono alcune abitazioni (ad esempio, una casa cinquecentesca in Piazza S.Rocco) e la chiesa parrocchiale di S.Sebastiano.

Nelle vicinanze di Ovindoli si trovano gli impianti sciistici della Magnola e, più o meno allo stesso livello del paese, i Prati d’Arano, al termine dei quali hanno inizio le cosiddette “gole di Celano”, un vero e proprio canyon che scende pittorescamente, incassato tra due alte pareti, verso la conca del Fucino: siamo nella “montagna spaccata”, quella che nella parte terminale i Celanesi chiamano “la foce”. Sono più di cinque chilometri, che si possono attraversare con facilità solo nella stagione estiva, di una bellezza selvaggia e impressionante.
Scesi nuovamente a Celano, riprendiamo in basso il tracciato della via Tiburtina-Valeria, deviando verso sinistra.

Al bivio per AIELLI, una ripida salita ci conduce a quella che è stata definita la “terrazza sul Fucino”, dopo aver rapidamente attraversato il borgo di AIELLI STAZIONE (qui si nota soprattutto la moderna chiesa di S.Adolfo, costruita in epoca fascista per volontà del prefetto Guido Letta).

“Aielli è uno degli antichi castelli marsi distrutti nella Guerra Sociale; ma poi, perché edificato in sito piuttosto delizioso, fu riedificato”. Sono parole di uno storico marsicano dell’Ottocento, che definisce Aielli “un luogo delizioso”: e, infatti, la posizione di questo centro è davvero stupenda, forse la più felice tra tutti i paesi che si affacciavano sul lago Fucino. Dal punto di vista architettonico, anche Aielli ha perso quasi tutti i segni del suo passato per effetto del terremoto del 1915; ma merita attenzione la singolare torre medievale, attribuita al conte Ruggero: un fortilizio, circolare all’esterno e ottagonale all’interno, nettamente distinto in piano inferiore (con volta a crociera e pavimento incassato nella roccia) e piani superiori, con ingresso esterno a ponte levatoio, volte architravate e finestre ben sagomate, una delle quali, la più piccola, con iscrizione a caratteri gotici.

Per il resto, il centro abitato, ricostruito ex-novo, non presenta altri motivi di interesse, se non per una porta ad arco (addossata lateralmente al palazzo comunale) e, come si è già detto, per la sua invidiabile posizione e l’eccezionalità del clima. Paese gemello, ma anche in certo senso antagonista, è CERCHIO, a soli tre chilometri da Aielli (lo si può raggiungere non solo dalla via Tiburtina, ma anche attraverso una stradina secondaria, che scende a mezza costa). Cerchio conserva ben poco del suo passato, se non la disposizione delle case, a impianto radiale di cima, tipicamente medievale. Lo si può vedere soprattutto nella parte alta del paese, la meno toccata dal terremoto e la più ricca, fra l’altro, di piacevoli interni. Oltre alla parrocchiale (dedicata ai SS.Giovanni e Paolo), totalmente ricostruita, interessante è la chiesetta di S.Antonio (o S.Bartolomeo). Ma è notevole soprattutto lo spirito di iniziativa dei suoi abitanti, com’è dimostrato dalle numerose attività sociali e culturali (è stato creato persino un Museo storico-etnografico), che vanno dalla vivace partecipazione alle feste religiose e popolari (in particolare, quella della Madonna delle Grazie) all’impegno più specificamente artistico-letterario (teatro, letteratura, editoria, ecc.).

L’ultimo paese che si incontra lungo la linea del “tratturo”, prima della deviazione verso il Parco Nazionale o dell’ingresso nella conca peligna, è COLLARMELE, in gran parte costruita sui resti dell’antica “statio” di Cerfennia. Dalle distruzioni del terremoto del ’15 ben poco si è salvato, se non la disposizione stessa del paese.
Tuttavia, a nord dell’abitato, si scorge la rinascimentale chiesetta di S.Maria delle Grazie, edificata nel 1561 per interessamento di una principessa di casa Piccolomini. Si tratta di un edificio elegante e armonioso, sia per la facciata, nettamente divisa in due parti (quella inferiore, con portale fortemente rilevato; quella superiore, con due nicchie per statue e un’originale decorazione a mattonelle policrome a rilievo), sia per l’interno a pianta longitudinale e con la volta in parte a crociera e in parte a capriate.

D’epoca medievale è rimasta, in stato di rudere, una torre “normanna”, simile a quella di Aielli anche se meno importante; mentre l’antica chiesa parrocchiale di S.Felicita, completamente distrutta dal sisma, è stata sostituita da una nuova costruzione che, dell’edificio originario, conserva soltanto il portale del 1529.
Più avanti, a Forca Caruso, dopo aver superato il valico, si scende nella sottostante valle subequana, all’inizio della quale sono stati rinvenuti interessanti resti di un’antichissima necropoli italica. Di qui, prima di tornare ad Avezzano, si consiglia di scendere a Pescina e, con cinque minuti di percorso autostradale, giungere a COCULLO, il “paese di S.Domenico” che si trova appena fuori dai “confini” del territorio marsicano.

Cocullo giace tra le montagne della Marsica e quelle del territorio peligno, addossato a un colle, quasi come un cappuccio di case, sulle quali spiccano la cupola e il campanile della chiesa di S.Domenico (precedentemente dedicata a S.Egidio) e la bella torre medievale, a pianta quadrata, eretta in grossi blocchi di pietra. Attraversato dal ruscello Pezzana, le cui acque si versano nel sottostante Sagittario, il paese di Cocullo è protetto a nord dalle montagne della Selva e del Curro. L’interno, con le sue “rue” e la sua piazzetta, le due chiese di S.Maria delle Grazie e di S.Domenico, i resti del castello, sta ancor oggi a testimoniare della sua origine feudale, quando Cocullo era soggetto ai conti di Celano e strettamente legato alla baronia di Pescina.

Ma, al di là delle vicende storiche, in Cocullo acquista specifico rilievo la festività di S.Domenico Abate, che ricorre il primo giovedì di maggio. Il giorno della festa, i fedeli manipolano con disinvoltura i serpenti, senza timore. Sono questi i veri protagonisti della giornata: essi, colti nei giorni precedenti dai “serpari”, vengono avvolti, al momento della processione, attorno al collo di S.Domenico: e tutta la giornata li vede come veri e unici protagonisti dell’originale manifestazione.
L’itinerario è, dunque, terminato. Da Cocullo, in poco meno di un quarto d’ora, si è di nuovo ad Avezzano, pronti per effettuare un nuovo ed interessante itinerario in questa nostra curiosa e affascinante Marsica.

Testi a cura del prof Angelo Melchiorre

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