Il disastroso terremoto che colpì la Marsica il 13 gennaio del 1915 non fu certo l’unico che devasto questa vasta regione. Purtroppo la Marsica e stata, storicamente parlando, desolata più volte da fenomeni sismici locali e da altri irraggiati dalle regioni circostanti, e in modo speciale dalla grande zona instabile dell’Appennino, la quale dai paesi di Norcia si spinge oltre il Beneventano, per terminare nella Basilicata. Ma lo studio della distribuzione topografica delle minori concussioni avvenute nel centro Italia, ha messo in luce l’esistenza di alcune zone instabili circostanti o prossime al bacino del Fucino. In queste zone le forze endogene sprigionano scosse di non grande intensità, ed in genere ad ipocentro non molto profondo.
Ed e appunto da uno di questi focolai che si irraggio il grande terremoto del gennaio 1915 che causo distruzione, non solo nella Marsica, ma provoco danni gravissimi all’intera regione Aquilana, e parte dell’Umbria e del Lazio. Il comportamento sismico di questa zona può trovare la sua spiegazione nelle condizioni strutturali della regione: la zona colpita con maggiore violenza, mostra di essere stata eminentemente fratturata dal corrugamento orogenetico; e le principali fratture, con spostamenti, sono dirette in massima da NW a SE. Lo stesso Fucino e un bacino di origine tettonica, il cui modellamento pero e dovuto alle ben note e complesse azioni carsiche. Il lago di Fucino era un bacino chiuso, interno, senza scolo apparente verso fiumi contermini in un bacino cieco.
Il fondo del lago era costituito da materiali inerenti, ma impermeabili, nel centro della regione eminentemente calcarea e permeabile. Non un lago vulcanico,ma un tipico lago carsico, in una palja caratteristica. La superficie del lago era variabile, in quanto era funzione del livello del lago. In tempi medi e normali copriva circa 150 Kmq (lago di Como 145 Kmq, lago Trasimeno 129 Kmq) con un contorno ovoidale. L’asse maggiore allineato da W ad E, misurava una ventina di chilometri, l’asse minore, da N a S, una decina. La profondità del lago era variabilissima. Nell’ultimo secolo, prima del prosciugamento, s’era accertato un massimo di profondità nel 1835, con poco più di 9 m. Nel periodo di piena le acque giungevano ad inondare la parte più bassa di Avezzano, trasformavano Ortucchio, costruito sulla collina, in un isolotto.
Nei periodi di forte intumescenza, una fascia di almeno 70 Kmq era sottomessa al regime delle acque esadanti. L’origine di questo lago interno ci aiuta nella ricerca delle cause più probabili del grande terremoto marsicano. Nel passato non sono mancate vo ci che hanno accusato il Principe Torlonia d’aver cagionato infiniti mali alla regione col prosciugamento, ma queste sono solo supposizioni che non trovano un’argomentazione scientificamente provata. La conca del lago non era costituita da un bacino tettonico di piega, in quanto non corrisponde a nessuna evidente inflessione regolare di strati che da una piega rilevata si inflettono e si abbassano nel mezzo del lago per risalire sul versante opposto a formare un’altra regolare anticlinale.
Manca in pratica la sinclinale vera c propria nella parte depressa; invece lungo i margini della bassura rinveniamo tracce di sicure fratture. Il bacino e stato cosi plasmato da sprofondamenti dovuti anche al lavoro della acque selvagge e freatiche. Da principio il fondo della palja fucense dovette essere permeabilissimo, le acque ivi raccolte dovettero sfuggire attraverso le fessurazioni potenti dei calcari cavernosi, e di inghiottitoi (le petogne ne sono un esempio). L’acqua scorrendo ha iniziato un lento lavoro di scioglimento dei calcari e ad arricchirsi di calcio, che poi si deposita sotto svariate forme. Con il tempo il fondo del lago si e a poco a poco colmato, livellato, per virtù dei depositi delle torbide, che le acque superficiali portavano in sospensione, adducendole dai monti finitimi. Dalla lenta disgregazione meccanica e chimica delle rocce scistose e argillose del terziario, le acque selvagge e di lavaggio trovano il materiale da trasportare in sospensione, e soprattutto trovavano quella argilla plastica che nella bassura avrebbe costruito fessure, colmato vuoti.
Sul fondo della chiusa depressione si plasmo un profilo uniforme, regolare, leggermente concavo, ben diverso dal precedente, anche perché questo era permeabile ed il nuovo era assolutamente impermeabile. Le acque impossibilitate a defluire per i meati e le fessure, stagnarono sull’argilla, e uniformarono il proprio regime sull’evaporazione e sul disperdimento attraverso le ponore non ancora costruite lungo la periferia dei sedimenti argillosi. Si formo cosi il lago: un lago che a poco a poco doveva invadere nuove cimose in quanto le sopravvenienti alluvioni, non smaltite da nessun emissario, rialzavano sensibilmente il livello.
Le terre limitrofe erano soggette cosi a periodiche inondazioni con gravi conseguenze. Il prosciugamento del lago fu la soluzione ottimale per tale problema. Il disastroso terremoto de1 1915 si svolse nell’alveo già occupato dal lago del Fucino e per vasta estensione nel sistema orografico che lo delimita. Si tratta di un’area sismica in corrispondenza di corrugamenti orogenetici, o meglio di frastagliamenti continentali instabili, del periodo terziario. Il fenomeno tellurico avvenne nel mezzo della dorsale appenninica centrale, in regione di recente sollevamento e corrugamento, lungo valli che mostrano antiche linee di frattura. La configurazione orografica dei promontori disposti attorno alla depressione lasciano sospettare che il manto calcareo non corra uniforme sotto la conca del lago, ma piuttosto presenti tutto il disordine di un’impalcatura movimentata. Il fondo del Fucino e costituito da strati calcarei, cretacei e la conca e riempita dall’argilla eocenica ed alla superficie da una corona anulare di detriti di falda e alluvioni, che verso il centro si trasformano in fango. Tale strato di fatto non lascia dubbi che si e in presenza di un’area di grande sismicita.
Emilio Oddone in un suo saggio sul terremoto del 1915, cosi scrive: «il megasismo de113 gennaio è un episodio, nel quale la differenza tra le forze gravifiche e le ascensionali supero il limite di elasticità del materiale. Una massa centrale sotto l’improvvisa azione del proprio peso si fratturo lungo un certo contorno, si contrasse elasticamente con spostamento orizzontale normale alla proiezione orizzontale ellittica della frattura e discese di moto verticale parallelamente circa alla frattura stessa…». Certamente l’area conquassata dal terremoto marsicano del 13 gennaio 1915 e stata vastissima; non meno di 150 comuni e frazioni sono stati distrutti o gravemente danneggiati. Il maggior numero dei danni e di vittime e nel vasto bacino carsico fucense, allineato, come ovale, da W a E, nel mezzo dell’altopiano abruzzese. Lungo due allineamenti situati a Nord e a Sud dell’alveo del prosciugato lago del Fucino; con direzione generale da NW a SE, si hanno altri . comuni più o meno danneggiati. L’onda sismica penetro anche nelle rettilinee vallate del Salto e del Liri, ambedue allineate da NW a SE. Attraverso queste spaccature naturali il terremoto si propago a N in Umbria, nel territorio reatino; ed a S in Campania, nel territorio sorano. Venne investita anche la zona laziale e quella aquilana dove si riscontrarono danni anche gravi.
L’epicentro, reale o apparente che fosse, ebbe la sede ad oriente Del bacinetto, a sud di S. Benedetto dei Marsi, ad occidente di Venere e poco a nord di Ortucchio. Questa situazione de1l’epicentro a 16 Km circa a SE. di Avezzano e convalidata anche da parecchi testimoni, i quali dissero che le prime devastazioni avvennero nella parte SE del Fucino. La zona mortalmente colpita e quella racchiusa dall’isosisma 12 nella scala Mercalli, e cinge la parte centrale dell’alveo nell’area settentrionale. Ouesto e il massimo grado registratosi. Lungo circa l’isosisma 12 si produsse una frattura e slabbratura del suolg lungo un’area a forma di asola con l’asse in direzione SENW, stretta all’estremità, larga verso il bacinetto. Qui il terreno centrale subi uno spostamento permanente di massa e tutta l’area interna di oltre 50 Kmq si abbasso in media di circa 40 cm. Secondo i dati macrosismici, l’ora della scossa all’epicentro fu le 7h 52m 43s t.m.E.G. La durata del terremoto fu delle più brevi che ricordi la storia sismica: forse fu di soli 5 secondi. Il periodo totale delle onde distruttive non fu superiore a Oi, 6; la storia raramente ricorda un terremoto di così breve durata. Tuttavia le oscillazioni proprie degli oggetti, il rovinio, le scosse riflesse e le repliche produssero un’impressione di durata più o meno lunga secondo quella che e la sensibilità della gente e i casi.
Alcuni diedero al sisma una durata di almeno 10 o 15 secondi. A Roma (96 Km dall’epicentro) il moto sensibile ebbe una durata da 20 a 40 sec.; il sismografo accusò onde per almeno 600 sec. La distruzione fu spaventosa anche perché i materiali adoperati ed i cattivi metodi costruttivi ebbero purtroppo un’influenza fatale nel rendere le cose più facile preda del terremoto. Il terremoto fece sussultare con diverse ampiezze la roccia, l’argilla ed i detriti, le montagne ebbero solo dei terribili fremiti. Nella roccia il moto si propagò velocemente e l’ampiezza fu molto piccola; nei terreni sciolti, dove gli impulsi non fecero in tempo a propagarsi, l’ampiezza fu maggiore. In questo ultimo caso si e potuto constatare che un paese, già mal sistemato sopra un terreno geologico, ha potuto trovarsi rispetto all’epicentro come un secondo fuoco reale, dove le oscillazioni gravifiche per riflessione sovrapposero i loro effetti; viceversa più di un paese ha potuto trovarsi riparato da un ostacolo che avrà deviato l’onda; per esempio Celano addossato alla collina Selvetta; Trasacco addossato al Monte Alto.
Fa eccezione Le Cese distrutta malgrado fosse nell’ombra del Monte Cimarani. Per cui i paesi posti sulla roccia sana come Ortona, Collelongo, (15% di distruzione), S.Iona, Ovindoli, e le frazioni di Taroti e Castelluccio e Lecce dei Marsi, il convento di Pietraquaria, il castello di Ortucchio furono in parte risparmiati. Mentre lo stesso non si può dire per gli abitanti situati sui detriti di falda in pendio: Gioia, Paterno, Valle Mora di Lecce, S. Pelino. I paesi posti sulle alluvioni terrazzate e quelli situati a confine tra la roccia e l’argilla ebbero sorte orrenda: Avezzano (100% di distruzione), S. Benedetto dei Marsi (100%), Ortucchio (100%), Collarmele e Le Cese. Nelle zone piane, le ampiezze orizzontali delle onde sismiche, furono massime nei terreni sciolti anelastici, specie quelli a confine con i terreni duri ed in salienza.
La semi-ampiezza massima arriv6 a 80 cm creando dei larghi crepacci nel suolo. Nei terreni duri la semi-ampiezza fu appena di pochi cm e tutta elastica. Nella roccia sana non supero il cm. Nel moto verticale sono valide le stesse distinzioni e quindi nei terreni anelastici si arrivo a 90 cm con forti scalature: nel terreno comune la parte elastica non supero i 5 cm mentre la restante parte anelasticà o plastica fu ancora notevolissima. Nella roccia sana la semi-ampiezza verticale non arrivo al mezzo cm. Il sisma causo circa 28.000 vittime di cui oltre 10.000 nel solo centro di Avezzano. Il raccapricciante fenomento tellurico colse di sorpresa tutte le popolazioni marsicane, e per di più nel pieno rigore invernale. Le baracche di legno, sostituite in seguito da quelle in muratura, ancora oggi, esistenti in alcuni paesi marsicani, testimoniano i gravi disagi che le popolazioni dovettero affrontare per riprendere una condizione di vita normale.