Il Tempio di Apollo

L’attestazione della trasformazione del tempio antico in chiesa, nel secolo, e rappresentata da quattro iscrizioni sepolcrali (graffite sui blocchi delle pareti) relative a due addetti al culto, Benedic(ti) ed altro il cui nome ci e ignoto, ed un sacerdote (vescovo?): VI K(a) I. Sept(m)/bpe deposicio Adelberti sacerdotis. La prima citazione del chiesa e pero nella bolla di Pasquale n del 1115, Sancti Petri in Alba’, in cui e evidente che la chiesa apparteneva al clero secolare e non ai monaci benedettini come erroneamente da molti sostenuto.

E nel XII secolo che fu realizzata l’abside, le tre navate divise da colo ne, il prolungamento in avanti con il tamponamento del pronao templare, mentre precede temente (x secolo) sul davanti era stata edificata la torre campanaria centrale’. Alla chi
sa del xn secolo erano relativi i due battenti lignei del portale interno, probabilmente de] stesso autore del portone di Santa Maria in Cellis, ora nel Museo di Arte sacra del Castello Piccolomini di Celano. Agli inizi del Duecento, un terremoto provoco il crollo dell’area pi sbiterale con la successiva ricostruzione che porto alla realizzazione dell’iconostasi e l’ambone cosmateschi. Nel 1310 la chiesa venne ceduta ai Francescani (Conventuali minori) c vi edificarono il convento adiacente, convento soppresso nel Seicento (1644-55) Innocenzo X.

Agli stessi frati sono da attribuire, dal XIV al XVI secolo, la realizzazione c nuovo ciclo di affreschi, di una cappella interna tardo-gotica, delle due monofore sulla parte sud della chiesa, del portale della torre campanaria e della riutilizzazione di materi, decorativi architettonici provenienti dalla vicina chiesa monastica di Sant’Angelo in Alt Alla prima soppressione, agli inizi del ’700, fece seguito la ricostruzione interna in tardo barocco ed una nuova soppressione con il provvedimento napoleonico del 7 agosto c 1809: il 7 luglio del 1866 il convento veniva venduto a privati mentre l’edificio di culto r 1892 era dichiarato monumento nazionale. Distrutta dal terremoto del 1915, la chiesa ricostruita fra il 1955 e il 1957 con interessanti ritrovamenti ed analisi stratigrafiche. Attualmente la costruzione si presenta nell’aspetto dato dal restauro degli anni 50, c l’annullamento delle strutture tardo-barocche ed il ritorno alla semplicità dello stile romaico. All’esterno la torre d’ingresso con portale rinascimentale datato al 1526 con sull’architrave il simbolo di san Pietro.

Sulla parete nord si leggono bene le tracce della trasformazione dell’antico tempio di Apollo in chiesa cristiana, mentre sul coronamento dell’abside sotto le cornici e gli archetti, come in una sequenza fumettistica, si svolge la storia della vanita umana, la presenza demoniaca, la natura e la fine della peccatrice ingoiata dal demonio raffigurato come dragone. Nell’ingresso abbiamo un bel portale romanico archivoltate del XII secolo, decorato da girali vegetali e figure zoomorfe con successivo fregio centra] di San Pietro (datato 1494): da questo portale provengono i due battenti lignei del XII sec( lo. L’interno con pianta rettangolare allungata terminante con abside semicircolare, e div so in tre navate delimitate da grandi colonne corinzie romane provenienti da un edificio pubblico della citta antica.

Addossato a due colonne della navata sinistra c’è il bellissimo ambone policromo opera dei maestri cosmateschi romani Giovanni di Guido e Andrea, opera commissionata agli inizi del XIII secolo dal locale abate Oderisius: un esponente del clero secolare albense che riteneva il titolo di abate vista l’acquisizione del vicino monastero i Sant’Angelo in Albe, perduto da Montecassino dopo il 1137’’. Al solo ”Andreas magist romanus” e da attribuire la raffinata iconostasi (depredata da clandestini) delle sue colonnine tortili. Sul fondo il presbiterio rialzato con cripta sottostante e sovrastante altare con decorativo paliotto ornato da intrecci e due fioroni: nella cripta vi e un bel sarcofago del > secolo con Agnus Dei, croce e fiorone. Sulle pareti della navata laterale sinistra vi erano, i passato, cicli di affreschi del XIV-XV secolo, ora al Museo del Castello Piccolomini.

Testi del prof. Giuseppe Grossi

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