IL FUCINO (tettonica)

Come gia accennato precedentemente, la conca del Fucino corrisponde ad una depressione tettonica condizionata da sistemi di faglie ad andamento prevalentemente appenninico ed antiappenninico. Queste faglie sono considerate tutte di tipo diretto, e sono caratterizzate da una evidente attività nel corso del quaternario. Alcune di queste faglie mostrano chiari indizi di attività olocenica. I dati stratigrafici raccolti con il presente studio permettono di delineare un quadro cronologico dei movimenti più recenti verificatisi lungo alcune di queste faglie secondo quanto sotto riportato. In accordo con l’argomento del presente lavoro lo studio degli effetti prodotti dalla tettonica (faglie ed altre deformazioni) e stato circoscritto a quelli verificatisi nell’intervallo considerato.

LE FAGLIE

Nell’area fucense, occupata da vaste estensioni di sedimenti del Pleistocene superiore ed olocenici, sono mumerosi gli elementi indizi che testimoniano la presenza di faglie attive in tali periodi. Innanzitutto, le faglie presenti nella piana corrispondente all’alveo storico del lago, individuabili come contatti tra suoli di diversa litologia e contenuto d’acqua, coincidono sovente con la proiezione superficiale di faglie del basamento carbonatico messe in evidenza indagini geoelettriche (ENTE PER LA VALDRIZZAZIONE DEL FUCINO, 1954), o con la prosecuzione di importanti faglie situate all’esterno dell’area in studio e note dalla letteratura geologica. Le faglie della piana del lago storico, palesi su lunghezze variabili da 0,5 a 6 km, sono state attive in epoca storica.

La direzione di dette dislocazioni e generalmente appenninica (per la massima parte tra N25’W e N60’W) e subordinatamente antiappenninica (tra N45’E e N60’E). Tra le altre faglie meritano attenzione le tre brevi tracce di direzione antiappenninica. Senza entrare in dettagli i prolungamenti possibili di dette faglie interrompono scarpate di faglia o, nella zona collinare, coincidono con i limiti tra formazioni di diversa età. Gli elementi schematicamente esposti potrebbero indicare che tali faglie hanno, od hanno avuto, un ruolo ben maggiore di quello che si tenderebbe ad attribuire loro in base alla sola, modesta, evidenza. La Piana e inoltre bordata da versanti che possono essere definiti «versanti di faglia» (sensu CASTIGLIONI, 1978), gia messi in evidenza per gran parte da RAvvv (1979-80) e da GIRAUDI (1986c); al piede degli stessi sono molto spesso presenti faglie segnalate in letteratura geologica. Ai margini della depressione del lago storico esistono inoltre (Tav. I) alcune scarpate di faglia, di cui le principali, riconoscibili per una lunghezza compresa tra i 6 ed i 14 km, hanno direzione appenninica (tra N67 W e N30’W) ed antiappenninica (tra N68’E e N50’E). Le faglie, individuate per avere prodotto le più importanti scarpate ed i più evidenti contatti tra suoli a diversa litologia ed umidità, definite «primarie», sono le seguenti :

Faglia di Venere-San Benedetto dei Marsi

I movimenti recenti lungo questa faglia sono testimoniati da due scarpate di faglia allineate in direzione NW SE, da Gioia dei Marsi fino a SW di Cerchio (GiRAvor, 1986a). La scarpata nord-orientale e lunga circa 9 km, alta 2-3 m e corrisponde ad una scarpata di erosione che delimita a SW il Glacis di Pescina San Benedetto. La seconda scarpata (sudoccidentale) e lunga circa 14 km, altra 3 – 4 m e corrisponde ad una scarpata di erosione che delimita a SW la Piattaforma di abrasione di San Benedetto Venere dei Marsi. Ambedue queste scarpate sono interpretabili come scarpate di faglia (Grwvor, lav. cit.) legate a movimenti che devono avere interessato le due superfici. In particolare si può ritenere che la prima sia connessa con movimenti collocabili cronologicamente tra la formazione del Glacis di Pescina – San Benedetto e della Spianata di Abrasione di San Benedetto Venere dei Marsi. Una terza, breve ma ben marcata, scarpata di faglia interessa la depressione del lago storico a Sud di San Benedetto. E da ricordare che con la stessa faglia sono connessi alcuni contatti tra suoli a diversa litologia ed umidità di cui si e detto in prima. L’ubicazione della faglia deve trovarsi a SW delle scarpate descritte, all’incirca corrispondente all’andamento della scarpata più recente ed ai contatti tra i suoli. Ad Est di Venere dei Marsi la scarpata sembra bipartirsi verso Gioia dei Marsi-Sperone e verso Lecce dei Marsi. Le scarpate indicano che la faglia ribassa il suo labbro sud-occidentale.

Faglia di Trasacco

I movimenti lungo questo faglia sono testimoniati da contatti tra suoli a diversa litologia ed umidità riconoscibili alla superficie della piana, che raggiungono la lunghezza di 6 Km. Ad Est di Avezzano si notano indizi di dislocazione lungo la prosecuzione teorica di questa faglia (GRRAUDI, 1986). La faglia di Trasacco deve essere stata attivata in tempi storici perché interessa quella parte della piana che coincide con l’alveo del lago storico; la sua attività sembra produrre un abbassamento del labbro sud-occidentale (GIRAUDI, 1986a). Sulla base di ricerche geofisiche (ENTE PER LA VALORIZZAZIONE DEL FUCINO, 1954) la faglia viene prolungata in Vallelonga, dove pero non appare attiva almeno a partire dalla formazione del conoide fluvioglaciale tardo-pleistocenico.

Faglia di Luco

I movimento lungo questa faglia sono testimoniati da un contatto tra suoli a diversa litologia ed umidità, riconoscibile sulla superficie della piana, lungo circa 1 Km. La faglia di Luco deve essere stata attiva in tempi storici poichè interessa quella parte della piana che coincide con l’alveo del lago storico; la sua attività sembra produrre un abbassamento del labbro nord-orientale. La faglia risulta allineata col versante di faglia di Monte Salviano; inoltre le ricerche geofisiche (ENTE PER LA VALORIZZAZIONE DEL FUCINO, 1954) hanno confermato la sua presenza alla base del versante sinistro della Vallelonga, ove pero non vi sono tracce di attività posteriore alla deposizione del conoide fluvioglaciale.

Faglia Avezzano-Celano

I movimeni recenti lungo questa faglia sono tetimoniati da tre scarpate all’incirca parallele aventi direzione SW-NE, comprese per lo più nell’area di Avezzano San Pelino. La scarpata nord-occidentale della zona di Avezzano e lunga circa 1 km, alta 2-3 m e sembra legata a movimenti lungo una faglia che ribassa il labbro nord-occidentale. Tale scarpata e più recente della Spianata di abrasione di Avezzano, datata 18-20.000 anni. La seconda scarpata (zona Avezzano-San Pelino e lunga circa 2, S km e alta da 4 a 8 m (GRRAUDI, 1986a), ma ricompare per alcuni brevi tratti alla base del versante tra Paterno e Celano. Le due ultime scarpate sembrano connesse con movimenti lungo una faglia che ribassa il labbro sud-orientale e disloca rispettivamente la Spianata di abrasione di Avezzano (di età 18-20.000 anni) ed il conoide fluvioglaciale di Valle Solegara (di età compresa tra 18-20.000 e 15-16.000 anni). Ambedue queste scarpate, essendo parallele ed attive in tempi diversi, sono interpretabili come scarpate di faglia legate a movimenti lungo la stessa faglia. La faglia di Avezzano-Celano deve trovarsi nei pressi delle scarpate più recenti, quindi al piede di quelle presenti tra Avezzano e San Pelino e tra Paterno e Celano. Nella zona di Avezzano sembra che esistano due vicarianti di tale faglia; di queste la più settentrionale ribassa il labbro nord-occidentale mentre la più meridionale ribassa il labbro sudorientale. Oltre alle faglie fino a qui descritte, gia segnalate in precedenti lavori, lo studio eseguito ha permesso di identificare altre, anch’esse caratterizzate da attività olocenica. Queste faglie vengono descritte qui di seguito.

Faglia di Aielli Stazione-Celano

I movimenti recenti lungo questa faglia sono testimoniati da una scarpata diretta NW-SE lunga circa 1 km e altra fino a 3-4 m. La scarpata sembra connessa a movimenti posteriori alla formazione della Spianata di Pescina (di età 18-20.000 anni) che hanno ribassato il labbro sud-occidentale della faglia. Nelle montagne adiacenti, sulla prosecuzione verso NW di tale scarpata, si trova una faglia che, passando da Celano si dirige verso Ovindoli ed i Monti della Magnola (S.G.I., 1942); presso Ovindoli tale faglia disloca l’apparato fluvioglaciale legato alle morene dell’ultima fase glaciale (BIASINI, 1966); secondo GtRAUDI (1988) l’ultimo movimento in tale area risalirebbe al periodo compreso tra 6.500 7.000 e circa 5.000 anni fa. Tale foglia potrebbe prolungarsi a NW nella faglia de M. Cefalone (Bost C., com. pers.) interessata anch’essa da attività recente.
Faglia di Corneto – Si tratta di una piccola faglia antiappenninica ubicata a SW di Trasacco. Gli indizi di movimenti in questa zona sono rappresentati da una scarpata lunga circa l km, alta 1-1,5 m, scolpita nel Glacis di erosione storico. In modo del tutto analogo alle faglie precedentemente descritte si può ritenere che questa scarpata sia connessa con movimenti verificatisi in epoca storica che hanno ribassato il labbro nord orientale della faglia.

La faglia di Corneto

sembra corrispondere a quella indicata nel F. 152, Sora (S.G.I., 1969) che si prolunga verso SW fino alla Val Roveto. Un ulteriore elemento di interesse nei riguardi di strutture ad attività olocenica e rappresentato dalla individuazione di depressioni allungate di forma all’incirca rettangolare associate a scarpate rettilinee in prossimita di Avezzano, a SE di Pescina, nella zona di Gioia dei Marsi e nella Valle di Arciprete. Tali depressioni possono essere chiuse o percorse da brevi corsi d’acqua, saltuariamente attivi, che scorrono secondo direzioni incompatibili con l’andamento prevalentemente cataclinale della topografia. Si ritiene che queste forme siano state prodotte da cause tettoniche. Le scarpate presenti nelle suddette aree dovrebbero quindi rappresentare scarpate di faglia, riconoscibili per lunghezze variabili da 500 m a 2,5-3 km, che dislocano superfici di varia età quali la Spianata di Pescina, la Spianata di Abrasione di Avezzano ed il Glacis di Pescina San Benedetto.

La maggior parte delle scarpate si dispone secondo un orientamento compreso tra N3’E e N15’E; solo quelle ubicate nella Valle di Arciprete hanno orientamento appenninico (compreso tra N37’W e N45’W). Per le modeste dimensioni, per l’orientazione diversa da quella delle faglie maggiori (primarie) e per il fatto di essere delimitate da due o più faglie primarie a forte evidenza morfologica o dal loro probabile prolungamento, si ritiene che le linee di faglia più brevi possano essere considerate di importanza secondaria («faglie secondarie») e che la loro impostazione si sia prodotta in conseguenza dei movimenti verificatisi lungo le faglie primarie.

Un altro elemento di interesse nei riguardi delle strutture tettoniche e rappresentato, nella zona di San Veneziano, da alcune faglie «listriche» e «rotazionali» visibili in una cava che interessa le Ghiaie di San Veneziano. Le faglie si sono evolute in modo lento e graduale durante un periodo di tempo non ben definibile, ma coincidente per lo più con la sedimentazione delle Ghiaie di San Veneziano e comunque precedente il modellamento del Glacis di erosione storico. E infatti possibile notare che i rigetti delle faglie aumentano via via con la profondità, senza incrementi improvvisi; tale situazione sembra suggerire che i movimenti siano avvenuti mediante scatti centimetrici nel corso di terremoti oppure in modo continuo («creep»). Dal complesso delle osservazioni esposte emerge che le faglie primarie presenti ai margini della piana hanno carattere prevalentemente normale e che il labbro ribassato di ogni faglie e sempre quello posto verso il centro della Piana.

Oltre alle dislocazioni riconducibili a faglie esistono deformazioni che interessano le superfici di accumulo o di erosione descritte in precedenza. In particolare nella zona settentrionale, nell’area di Avezzano-Celano-Pescina-Gioia dei Marsi, e evidente che le quote delle diverse unita stratigrafiche e morfologiche che costituiscono gli indicatori di livello lacustre sono mediamente più elevate di quelle della zona meridionale (area Avezzano-Trasacco-Ortucchio). Tale situazione rappresenta una caratteristica costante dell’evoluzione tettonica dei margini della Piana. Si consideri ad esempio che i sedimenti lacustri del Pliocene superiore e del Pleistocene inferiore e medio sono conservati incassati l’uno nell’altro ed a quote decrescenti, esclusivamente sulle colline poste ai margini nord-orientale e nord-occidentale della Piana a testimonianza di una continua tendenza al sollevamento.

I più antichi sedimenti terrazzati rinvenuti finora ai margini sud-occidentale e meridionale della Piana, sono invece rappresentati dalle Ghiaie di San Veneziano e di Boscito attribuibili al Pleistocene superiore terminale; questi devono quindi coprire i sedimenti precedenti per cui la deposizione deve essere avvenuta su una sponda lacustre subsidente o almeno in sollevamento minore rispetto alla sponda settentrionale. Un’altra osservazione interessante pu6 essere fornita dal paragone tra le quote a cui si trovano le grotte e le quote delle superfici dei terrazzi. Nelle grotte S. Nicola (quota m. 710), Maritza (m. 698), la Punta (m 710) e di Ortucchio (m. 708), poste sul versante calcareo tra Ortucchio e Trasacco, si rinvengono ciottoli arrotondati di origine lacustre, di età superiore a 18.000 anni (RADMILLI, 1977).

Tali ciottoli sono verosimilmente correlabili con le Ghiaie di Boscito, il cui tetto coincide con la Spianata di Pescina; questa, nell’area di Ortucchio-Trasacco e sviluppata a quote comprese tra 685 e 700 m. Sulla base di tale correlazione, la differenza tra le quote di affioramento delle ghiaie sud.dette (che può raggiungere i 20 m circa) deve essere imputata principalmente a dislocazioni tettoniche che hanno prodotto il sollevamento di versante carbonatico rispetto ai terrazzi. E poi evidente una marcata differenza di quota tra il livello archeologico che testimonia la presenza di un villaggio palafitticolo sul terrazzo in zona Ruscella a quota 661 m, che ha fornito età radiometrica di 3.000 + 100 anni, e quello relativo al coevo villaggio, non palafitticolo, di Ortucchio posto a quota 655-656 m nell’alveo del lago storico.

La differenza minima di 5 m non può che essere dovuta alla tettonica. L’insieme delle indicazioni esposte suggerisce l’ipotesi che la tettonica (ed eventualmente la costipazione differenziale) abbiano prodotto effetti di sollevamento relativo maggiore per i versanti carbonatici rispetto alla fascia dei terrazzi, e di questa rispetto alla depressione del lago storico. Un’ulteriore indicazione di tettonica differenziale ai margini della piana del Fucino e fornita dalla differenza tra la successione stratigrafica della zona di Avezzano rispetto a quella delle altre zone esaminate. In tale area infatti le Ghiaie di San Veneziano non sono coperte come altrove dalle Ghiaie di Boscito, ed il loro tetto e dato da una superficie di erosione. Tale fatto sembra spiegabile, in quanto eccezione nel quadro complessivo, con un sollevamento differenziale avvenuto prima o durante il modellamento della Spianata di abrasione di Avezzano.

Testi del prof. Carlo Giraudi

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