Le scarpate che corrispondono alle faglie descritte nella sezione precedente presentano alcune caratteristiche di interesse sotto il profilo sismotettonico. Alcune foglie sono caratterizzate dal’uniformità del pendio delle scarpate di faglia, anche se questo si presenta variamente rimodellato al piede ed al ciglio; risultano cioè assenti i gradienti di pendenza che devono la loro origine alla interazione fra movimento ripetuti lungo la faglia e fenomeni erosivi che modificano progressivamente l’acclività delle scarpate generate da singoli movimenti.
Altre faglie sono caratterizzate dalla molteplicità delle scarpate ad esse connesse. Quest’ultima caratteristica può trovare una soddisfacente spiegazione se si ammette che il movimento lungo la faglia sia avvenuto per scatti successivi distanziati nel tempo e che le scarpate attualmente osservabili siano dovute all’arretramento delle originarie scarpate di faglia verificatesi nell’intervallo fra due movimenti successivi. Al Fucino la corrispondenza tra movimento lungo faglie e terremoti sembra dimostrato dalle scarpate prodottesi nel corso del terremoto del 1915 (ODDONE, 1915). Sulla base delle considerazioni che precedono si e tentato un inquadramento cronologico della formazione delle scarpate di faglia e quindi anche dei terremoti coevi con le scarpate, se valide le assunzioni proposte. Il più antico indizio di sisma riconosciuto nella Piana potrebbe essere contemporaneo alla scarpata di faglia impostata su ghiaie sabbiose sciolte presente nella zona di Avezzano.
Tale scarpata, prodotta dalla faglia di Avezzano – Celano, diretta WSW-ENE, taglia la Spianata di abrasione di Avezzano, modellata 18-20.000 anni fa ed e parzialmente coperta da sedimenti del conoide fluvioglaciale di valle Solegara, databile tra 18-20.000 e 15-16.000 anni fa. Un secondo sisma sarebbe contemporaneo alla scarpata di faglia a direzione NW-SE, prodotta dalla faglia di San Benedetto Venere dei Marsi; tale scarpata, impostata sulle Ghiaie di San Veneziano, e presente nella zona di S. Benedetto-Venere dei Marsi, e lunga circa 9 km ed arretrata di circa 500 m rispetto alla probabile posizione della faglia che l’ha generata. Tale scarpata taglia il Glacis di erosione di Pescina – San Benedetto la cui età e, nella porzione più depressa, di 6500-7500 anni (Neolitico antico) e risulta precedente o contemporanea alla Spianata di abrasione di San BenedettoVenere modellata attorno a 6000-6500 anni fa.
Se si esaminano le fonti archeologiche, inoltre, si nota che nel corso del perdurare della Cultura di Ripoli (5500-4200 anni fa) si verficarono crolli inquadrabili nella stessa posizione stratigrafica in ben quattro grotte presenti ai margini della Piana del Fucino; il crollo di grossi blocchi in un periodo in cui non dovevano esistere condizioni climatiche tali da favorire distacchi, rilevato per di più in tutte le grotte. che non risultavano ancora colmate dal detrito nel Neolitico, permette di avanzare l’ipotesi che esso sia legato alle sollecitazioni indotte da un sisma. Il sisma verrebbe quindi cronologicamente tra 5500 e 5000 anni fa.
Un terzo sisma sarebbe testimoniato, nella zona di S. Benedetto Venere dei Marsi, da una scarpata di faglia ancora prodotta dalla faglia di San Benedetto – Venere dei Marsi; tale scarpata, lunga almeno 14 km e dell’altezza di 3-4 m, e impostata su ghiaie sabbiose sciolte, diretta NW-SE. La scarpata e più recente della Spianata di abrasione di San Benedetto-Venere, di età minima pari a circa 5000 anni e più antica della Spianata di Luco-Trasacco Ruscella di età compresa tra 2.800 e 2.300 anni; essa risulta arretrata per erosione da un minimo di poche decine di metri ad un massimo di circa 250 metri rispetto alla probabile ubicazione della faglia che l’ha prodotta. Il sisma potrebbe essere responsabile di un ulteriore crollo presente in grotta, inquadrabile stratigraficamente tra la fine dell’Eneolitico e la fine della Cultura Subappenninica (3800-3100 anni fa); anche in questo caso il crollo di grossi blocchi rilevato in tutte le grotte che in quel momento non risultavano ancora colmate dal detrito, in un periodo in cui non dovevano esistere condizioni climatiche tali da favorire distacchi di blocchi per gelività, permette di avanzare l’ipotesi che esso sia avvenuto in seguito alle sollecitazioni prodotte da un terremoto.
Un sisma avvenuto nel corso di questo intervallo cronologico potrebbe spiegare i seguenti fatti: nel sito preistorico ubicato ad Est di Paterno, in località Ruscella (di cui si e riferito in precedenza), esiste un insediamento palafitticolo; la punta di uno dei pali rinvenuti, datata col metodo del >4C, ha fornito un’età di 3000 + 100 anni. Lo stesso insediamento e coperto da sedimenti contenenti sepolture; la datazione col metodo del >4C della cassa in legno utilizzata per l’inumazione ha fornito l’età di 2960 + 100 anni. L’insediamento palafitticolo si trova alla quota di 660-661 m, mentre reperti di età analoga rinvenuti presso Ortucchio, ma testimoni di un villaggio non palafitticolo, giacciono alla quota di 655-656 m.
L’innalzamento relativo dell’area comprendente il sito archeologico di Paterno rispetto all’area di Ortucchio e posteriore a 3000 + 100 anni fa; L’emersione dell’area di Paterno e pure posteriore a tale data e precedente a 2960 + 100 anni fa.
E’ possibile che tali eventi siamo almeno in parte da attribuire ad un sollevamento coevo al sisma collegato alla fagliazione superficiale nell’area di San Benedetto Venere dei Marsi, nonché ai crolli in grotta. La buona correlazione tra l’emersione avvenuta, in base ai dati radiometrici, tra 3000 + 100 e 2960 + 100 anni fa ed il crollo in grotta, databile come minimo a 3100 anni fa, farebbero collocare l’età del sisma, forse il più importante stando alle evidenze, attorno a 3100 anni fa. Al terremoto del Neolitico o a quello dell’età del Bronzo potrebbe essere legata anche la più evidente delle scarpate, di altezza minima valutabile 4-5 metri, ma apparentemente molto maggiore a causa del rimodellamento, interessa il conoide fluvioglaciale di valle Solegara (età minima 15-16.000 anni circa).
La scarpata sembra interrompere la continuità di un lembo di ghiaie con matrice scura, ben individuabile anche dai fotogrammi aerei, che appoggia sul conoide fluvioglaciale e che contiene frammenti di ceramica fluitata databile o al Neolitico o all’età del Bronzo. E da osservare che nel corso di almeno uno dei due terremoti suddetti potrebbero essersi verficate cospicue fagliazioni superficiali aventi direzione sia appenninica (lungo la faglia di San Benedetto – Venere dei Marsi) che antiappenn.’nica (lunga la faglia di Avezzano Celano). In quarto terremoto potrebbe essere di età tardo-romana o medioevale. In relazione a tale sisma occorre tenere presente quanto segue. Ch( si siano verificate fagliazioni superficiali in epoca tardo romana o medievale sembra dimostrato dalle faglie presenti nella parte più depressa dell’antico alveo lacustre, messe in evidenza da contatti rettilinei tra suoli a diversa litologia ed umidità; la loro obliterazione solo parziale ad opera dei sedimenti lacustri, depone a favore dell’età sopra ipotizzata. Per prescindere la data del terremoto responsabile di una parte, almeno, dei fenomeni di fagliazione superficiale, occorre considerare le condizioni del canale di bonifica romana incontrato e misurato durante i lavori della bonifica ottocentesca, che si presentava diviso in due tronchi.
Secondo BRISSE & DE RETROU (1985) in D’AMATO (1980) «la disposizione dei due tronchi del canale, quello puntellato ( con tavole di legno poggianti su pali infissi nel terreno nella parte più vicina alla sponda del lago) e quello non puntellato, autorizzato a pensare che essi dovevano incontrarsi a circa 870 m dalla testata dell’antico emissario. Ma i livelli ed i pendii di questi due tronchi erano tali che procedendo l’uno verso l’altro, i loro fondi non potevano raggiungersi allo stesso livello e che al punto del loro incontro doveva esserci una scarpata di circa 2,80 m. di altezza».
In sostanza, sul possibile prolungamento verso NW di una delle faglie rilevate sulla Piana, esiste un gradino di 2,8 m. che ribassa il canale romano. Inoltre la traccia del canale, nettamente visibile in fotografia aerea, termina verso il centro della piana all’intersezione con un’altra faglia; non e quindi da escludere che il canale sia stato interrotto anche in questo punto dal movimento di una faglia. La bonifica romana del lago Fucino risale al periodo compreso tra il I ed il II secolo d.C.; la perdita di funzionalità delle opere romane potrebbe risalire a V VI secolo d.C. (D’AMATO, 1980). Considerata la probabile dislocazione tettonica del canale, tra le cause che hanno condotto alla rovina ed all’abbandono delle opere di bonifica si può ipotizzare quindi anche un terremoto. In tal caso il terremoto storico sarebbe precedente al V-VI secolo d.C. ed identificabile forse con uno dei due forti eventi sismici risentiti a Roma nel 443 d.C., il primo, e anteriormente al 484 o al 508 d.C., il secondo, segnalati da MOLIN & Gurnosow (1989) e dall’ISTITUTO NAZIONALE DI GEOFISICA (1989).
Nel caso che la perdita di funzionalita del canale sia posteriore al V-VI secolo d.C. o non sia dovuta a cause sismiche, il terremoto che ha prodotto la dislocazione del canale potrebbe essere posteriore al V-VI secolo d.C. ed identificabile in uno dei due terremoti risentiti fortemente in Roma nell’801 e nel 1349. Secondo MAERTENS (in questo volume) la città romana di Alba Fucens potrebbe essere stata colpita da un terremoto nel V’ secolo d.C. L’ipotesi di un terremoto avvenuto nel corso del V’ secolo sembra quindi la più probabile. Ad un terremoto posteriore alla bonifica romana potrebbero inoltre essere attribuite la scarpata di faglia presente a circa 3 km a SW di Trasacco, che disloca il glacis di erosione storico, e la breve scarpata di faglia che interessa il fondo del lago storico a Sud di San Benedetto.
Dall’insieme degli indizi in precedenza esposti, pare quindi di poter identificare anche un evento sismico di età storica, posteriore alla bonifica romana, verificatosi probabilmente nel V’ secolo d.C. che avrebbe prodotto effetti di fagliazine superficiale di direzione appenninica (faglie di Trasacco, di Luco e San Benedetto) ed antiappenninica (faglia di Corneto), testimoniati maggiormente nella porzione più meridionale ed occidentale della Piana. DELOGU (1969), che ha studiato l’evoluzione architettonica della chiesa di San Pietro a Massa d’Alba e di altre chiese dell’area fucense (Trasacco e Luco dei Marsi), ha individuato una fase di restauro ed ipotizza che questa sia conseguente ai danni prodotti da un terremoto, con epicentro al Fucino, avvenuto nella prima metà del XIII secolo. Sulla base degli indizi rinvenuti e delle assunzioni esposte, si configura in sintesi una storia sismica caratterizzata da una serie minima di cinque grandi terremoti, tali da produrre effetti sul terreno, avvenuti il primo tra 18-20.000 e 15-16.000 anni fa, il secondo attorno a 5.000 anni fa, il terzo attorno a 3.100 anni fa, il quarto in età tardo romana e medioevale e l’ultimo nel 1915.