IL BRIGANTAGGIO NELLA MARSICA (clima di insofferenza)

I nuovi venuti (i «piemontesi») dovettero sentire ben presto che il clima creatosi attorno a loro non era del tutto favorevole e che soprattutto il clero (ancora inscindibilmente legato al mondo contadino) non riusciva a simpatizzare con le truppe italiane e con i nuovi «padroni». Segni di questa insofferenza nei confronti dei liberali furono numerosi in quegli anni, e rimasero evidenti anche nel periodo immediatamente successivo alla presa di Roma, quando cioè si sarebbe potuto pensare che la nuova situazione fosse ormai da tutti tollerata e perfino accettata.

Sintomatica, a tal proposito, è una lettera «riservata», che il vescovo dei Marsi mons.Federigo De Giacomo inviò il 25 ottobre del 1875 (ben quindici anni dopo l’Unità!) al Cardinale Prefetto della Sacra Congregazione de’ Vescovi e Regolari. Vi si parla del caso di un sacerdote di Pescina, don Francesco Mascioli, aspirante ad un canonicato di regio patronato della cattedrale della sua città. Nonostante le reiterate sollecitazioni governative (essendo il Mascioli appoggiato, nella sua richiesta, dalle autorità locali), la Curia di Pescina aveva posto il veto alla nomina, adducendo le seguenti ragioni:
1) il Mascioli aveva rivelato «buona intelligenza cogli- talianissimi, e giro con essi per essere nominato Ca- nonico dal Governo»;
2) egli aveva preso parte «nella votazione a favore del deputato Marselli, contradistinto coll’aggiunto di ateo»;
3) aveva aderito ad una «sottoscrizione per offrire al medesimo un pranzo elettorale».

Ma piú che queste accuse — che potrebbero trovare una logica spiegazione nel clima di «guerra fredda» insorto tra lo Stato Pontificio e il Governo italiano dopo la conquista di Roma (non si dimentichi che Pio IX si era autoproclamato «prigioniero» dello Stato italiano) — quello che risulta emblematico e caratterizzante una situazione di estremo disagio e di completa sfiducia è una frase, contenuta nella medesima lettera, che riassume concretamente il giudizio del vescovo sulla sincerità di certe conversioni e di certi adattamenti politici:
«Premetto, che l’essere i benefici di questa Cattedrale, delle cinque Collegiate (Avezzano, Celano, Luco, Scurcola e Trasacco) ed altre Parrocchie di questa mia Diocesi affetti da Patronato, pone il mio Clero nella tentazione di farla da liberale, o d’infingersi tale. Cosí io spiego se esso fu per lo passato realista, e tengo che, nella ipotesi di una restaurazione, tornerebbe ad essere del partito conservatore» (43).

Tornando, dunque, al Bianco di Saint Jorioz, è naturale che egli percepisse chiaramente l’atmosfera di ostilità che lo circondava, tanto che i suoi «profili» del clero marsicano sono tutti alquanto taglienti e recisi: «(In Avezzano) quelli che sono chiamati dal loro ministero a intraprendere e compiere codesta educazione, (come) il Clero (…), falliscono al loro compito, per essere, se non apertamente avversi, almeno di fede molto dubbia ed amici molto instabili, capricciosi e pericolosi dell’attuale Governo» (44).

«Sprone al brigantaggio (…) è senza alcun dubbio l’influenza del prete (…). Se nella Italia superiore e media è pur possibile fare un confronto fra i sacerdoti onestamente liberali ed i reazionari, qui è inutile tentarlo, perché dei primi assolutamente non vi sono» (45). «A noi ci fa piú male un prete che cento briganti affamati, e tutti i preti (della Marsica) sono nostri nemici e tutti lavorano indefessamente a nostro danno e scorno» (46).


NOTE

43) ADM, fondo C/PESCINA, anno 1875.
44) A.BIANCO DI S.JORIOZ, op.cit., pp.83 ss.
45) Ivi, p.333
46) Ivi, pp.205 ss.
Testi del prof. Angelo Melchiorre

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