Testi tratti dal libro: ” Pescina fra storia e leggenda “
– Editore Adelmo Polla –
In Ortucchío dei Marsi negli Abruzzi, giazíosa cittadina sulle
rive del lago Fucino ora prosciugato e che era alle volte penisola
ed alle volte isola, a seconda della escrescenza o diminuzione delle
acque del capriccioso lago, nacque verso l’anno 1270 da illustre
prosapia, lo scienziato Giovanni, che dal paese nativo fu appellato
da, Ortucchio.
Niente si conosce dei suoi genitori della sua giovinezza e della vita privata.
Fece i suoi studi nella canonica di Santa Sabina nella città antica Marrubium Marsorum e li compi nel celebre monastero di Montecassíno; fu sacerdote e
canonico della chiesa di Santa Sabina, cattedrale della diocesi dei
Marsí, e professore di dritto canonico.
In quei tempi i migliori professori e di studenti accorrevano a Bologna, la mater studiorum, la ministra sapíentíae, che sulle monete faceva incidere il motto: Bononia dácel.
Vi fioriva la celebre università, chiamata per antonomasia, lo studio, che aveva il primato fra le università d’Italia e d’Europa, e vi accorrevano i più distinti e rinomati professori e maestri, chiamati letterati, ed un infinito numero di scolari do, tutte le regioni d’Europa. Questi erano distinti in citramontani ed ultramontani ossia in cisalpini e transalpini, e stavano sotto la giurisdizione di due rettori.
Nel novembre dell’anno 1801 Giovanni uscì dalla Marsíca e si recò a Bologna per ottenere una cattedra, acquistar rinomanza e far fortuna. Per le turbolenze avvenute in quello studio e in quella città, trovò che Bologna era stata dal Papa sottoposta all’ínterdetto, e per questo motivo quasi tutt’i professori e tutti gli scolari se n’erano andati a Padova e vi rimasero per vari anni. (Scarabelli L. Costit. discípl. e ríform. dett’anl. Stud. Bologn. Piacenta, 1876).
Le università degli studi in quei tempi non avevano stabíle dimora, e come bizzarre viaggiatrici facevano sfoggio dei tesori scíentificí ora ín una città, ed ora se ne partivano improvvisamente, ed i professori trascinavano seco la folla dei discepoli ammíratori.
A Bologna Giovanili da Ortucchio, conosciuto subito come un grande scíenzíato, ottenne la cattedra che desiderava e fu lettore di dritto canonico. E perchè era ben versato nelle altre materíe dello scíbile e le maneggíava a meraviglia, fu ammirato per la sua vasta erudízione e fu acclamato l’oracolo del sapere.
I Signori magistrati del Reggimento bolognese con sagace accorgímento rícolmavano di onori e di favori i propri professori di quell’ateneo e se li affezionavano con affidar loro la trattazíone degli affari più difficili e di maggiore importanza, e li retríbtiívano bene; ma gelosi di conservare in Bologna’ íl centro della coltura, imponevano ai lettori il solenne giuramento di non aprire scuola in altre città per mantenere in fiore la rinomanza dello studio bolognese ed attirarvi un maggior numero di discepoli.
Onorato di vari incarichi, Govanní si mostrò destro, abile e valente nel maneggio degli affari affidatigli; eloquente savio e prudente nel trattarli; e nell’esecuzione fu assai attivo, sollecito ed animoso tanto che alle volte parve e fu ritenuto per troppo rigido e severo.
Pei suoi riti pregi, accoppiati all’affabílità delle maniere, si meritò t’a stima e l’affetto dei signori del Reggimento della città di Bologna, e nei maggio del 1316 ebbe l’alto onore
di venir nominato rettore degli studenti citramontani In quell’anno
stesso venuto a contesa, non se ne sa il motivo, col Podestà di
Bologna, dal quale si credette offeso, Giovanni, a tutela della sacra face del sapere e della sua dígnità, abbandonò immediatamente la città, seguito dall’immenso numero degli scolari, e si stabilì ed eresse cattedra ad Argenta nell’emilia All’annunzio di tale gravissima e subitanea risoluzione si riunì di urgenza il Consíglío del Reggimento bolognese e spedì subito una missione di
ragguardevoli personaggi a Govanni pregandolo e scongiurandolo
istantaneamente a tornare cogli alunni allo studio di Bologna, con
promessa solenne che avrebbe ottenuta ampia, riparazione alle offese rícevute e tanto efficaci furono le perorazioni degli ambasciatori, e tanto certe e sicure furono le garanzie date ed accettate che Gíovanní si piegò ai loro voleri.
Tuffi gli scolari con, lui tornarono a Bologna accolti onorevolmente fra la generale letizia; a Giovanni ed agli scolari realmente fu data la promessa lessa soddisfazione e per desiderio e per volontà di Govanni alla scolaresca furono accordati nuovi, speciali ed interessanti privilegi.
Per rendere duratura la pace nella città e la tranquillità nelle aule dello studio perturbate dai giuramenti non mantenutí, dalle tumultuose dimostrazioni degli scolari e dagli atti inconsulti del Podestà, il Consiglio bolognese con savío provvedimento pregò í due rettore dello sludIo a stabilire dei patti che fossero onorevolí per l’università e che conducessero allo scopo di dare la desíderata tranquillità agli studenti. Accolta favorevolmente la proposta, i rettori Nicolao di Ungheria e Giovanni di Orlacchío diedero incaríco dí formulare tino Statuto al dottor del decreti Glovanni Andrea figlio di Gíovanní figlio di Andrea e di Novella, famoso professore di quello sludio.
E nel 1317 fu redatto lo Statuto composto di olio articoli coll’opera anche e col consiglio di quattordici studenti savì e probí, ed approvato dai due rettori, nobili ed onorabili personaggí, signori Nícolao dí Unghería, accidiacono di Nítrí nella chiesa di Strigonío in Unghería, per gli ultramontani, e Gíovanní di Ortucchio peí citramontani. Nella Serle del rettori nell’ant. Sludio dI Bologna, agli anni 1316 e 1317, si legge:
« D. Joannes « de Ortucchio de Aquíla, canonicas marsícanus, pro citramontanis » (Malagola L Statisti della università e del collegl Studio holognese. Bologna, Zaníchellí, 1888).
In quel periodo di tempo, dei più critici per Bologna e per quell’ímportante centro del sapere, ebbe Gíovanní da Ortucchío la gloria di aver ridata una duratura pace alla città di Bologna ed agli studenti, e di aver saputo conservare in quello studio alta la maestà del grado cospicuo di rettore che, fra le altre prerogative ed onorificenze, gli dava il diritto della precedenza nelle adunanze pubbliche e solenni sopra i magistrati e sopra tutti, meno sul legato pontificio, sul vescovo e sul gonfaloniere di giustizia.
Assieme all’assemblea dei consiglieri universítaríi Gíovanní, con somma perspicacia e prudenza, nominava i lettori dell’ università con soavità unita all’energia esercitava la giurisdizione sui studenti e sugli ufficiali superiori ed inferiori dello studio, trattava coi reggenti della città gli affari che avevano attinenza con lo studio stesso e con la relativa amninistrazione economica -, regolava con equità le relazioni coi direttori dei diversi collegí dell’uníversítà; aveva a cuore in sommo grado la compra, il cambio ed il prestito dei codici e con provvida economia ‘amministrava con l’opera di due massarí le entrate e le spese universitarie.
Terminato l’ufficio di rettore del citramontani di quell’illustre centro di ogni sapienza, Giovanni seti volle tornare alla placida calma dei suoi studi prediletti del diritto nella sua canonico della città Marsia, contento degli allori ottenuti e deciso di vivere tranquillo i rimanenti giorni di stia víta; essendosi sempre mostrato alieno dell’ambire le cariche superiori ecclesiastiche alle quali davangli dritto gli uffici di lettore e di rettore dello studio bolognese; pago ed oltremodo contento d’i Aver ridonata la pace a quello studío e di averne accresciuto lo splendore e la prosperità.
(Cfr. Víncenzo Balzano. I legisti ed artisti abruzzesi lettori nello studio di Bologna. Casteldisangro, 18912)