I Marsi Anxates e il problema della loro ubicazione

Tratto dal libro Storia di Ortucchio dalle origini alla fine del medioevo-Ed. Urbe
(Testi a cura del Prof. Giuseppe Grossi)

La prima attestazione dell’esistenza dei Marsi Anxates e quindi di un centro municipale denominato Anxa, è in Plinio (nat., III, 106): … Marsorum Anxatini A(n)tinates Fucentes Lucenses Marruoini. Apparentemente i popoli marsi sarebbero cinque, ma, tutti gli studiosi sono d’accordo nel considerare i Fucentes non un popolo a parte ma una specificazione degli A(n) tinates, per cui Antinates fucentes (102) . Rimangono quindi solo quattro centri municipali di cui solo tre hanno una diretta attestazione epigrafica: Antinates, nella Valle Roveto con centro municipale a Civita d’Antino = Antinum; Lucenses o come più probabile Angiti, nella Vallelonga con centro municipale sul M. Penna di Luco dei Marsi = Angitia; Marruvini, sul settore nord e nord-est del Fucino con centro principale a S. Benedetto dei Marsi = Marruvium.

Uno dei problemi che hanno sempre interessato gli studiosi di storia marsa è stato l’ubicazione degli Anxatini che vengono, senza alcun criterio scientifico, posti da alcuni nell’ager di Alba Facens: nella località detta Anxino o Ansuino presso Scurcola (103) ; ad Antrosano e piani Palentini con centro municipale ad Avezzano (104) . Da altri nella valle del Giovenco e fra Pescina e Collarmele (105) nel territorio di Marruvium ed infine a Colle Lanciano, fra S. Pelino e Paterno di Avezzano, in territorio albense (105 bis). Appare chiaro che le citate ipotesi di identificazione degli Anxases cadono giacché non si possono cercare dei Marsi Anxatini nell’ager di Alba Fucens; quindi sono totalmente da escludere anche le localizzazioni proposte, su base toponomastica, a Pescina e Valle del Giovenco, perché le località sono nel territorio di Marruvium. L’errore della ubicazione nei Piani Palentini fu dovuto ad un ritrovamento del 1765 di una iscrizione funeraria, rinvenuta ad Antrosano nei ruderi della chiesa di S. Angelo; C.I.L., IX, 3950:

(….)(A)maredio.C.f.Fab
(…)o.IIIIvir.i.d.quast
(pec.a) lim g r p curat
(apud I)ovem Stator IIIvir.i.d
(Ma) rsi(s) Anxatibus
(l)d d d

In realtà l’iscrizione albense, databile al 168 d. C., non attesta la presenza degli Anxatini nei Piani Palentini, ma semplicemente un magistrato albense Amaredius che svolgeva la sua opera ad Alba Fucens (come quattuorviro iure dicundo e euratore del tempio di Giove Statore) e presso i Marsi Anxates (come quattuorviro iure dicundo). Dunque un magistrato itinerante che svolgeva doppie funzioni o per meglio dire un funzionario che faceva il doppio lavoro. Comunque l’iscrizione albense conferma la presenza del municipium di Anxa e dei relativi magistrati nella seconda metà del II secolo d. C.

Anche l’ipotesi di una ubicazione degli Anxatini fra Pescina e Collarmele e nella valle di Giovenco, urta contro la grave difficoltà che questi territori sono descritti dalle fonti eome parte dell’ager di Marruvio: infatti nel Liber Coloniarum è attestata una limitatio (un confine) fra Alba e Marruvio per il II secolo d. C.; il confine era sicuramente costituito, secondo gli studi recenti, dal corso del torrente ” La Foce ” di Celano (106) . Nello stesso Liber Col. è precisata l’area occupata da Marraoium, dato che si evidenzia il fatto che il territorio di Marruvio confinava col municipio peligno di Superaequum (107), confermando cosi una presenza marruvina sul settore nord e nord-est del Fucino e quindi anche della valle del Giovenco. Altra conferma di questa presenza marruvina è data da una notizia di Strabone “… secondo cui l’Aterno, all’altezza del territorio peligno, lasciava sulla destra i
Marruvini (108).

Se quindi escludiamo il territorio nord e nord-est della Marsica, appartenente a Manuvio, i Piani Palentini, Avezzano e Colle Lanciano compresi nel territorio di Alba ed anche la valle Roveto (Antinati) e la Vallelonga (Angiti), resta solo il territorio di Ortucchio, Lecce e Gioia dei Marsi dove ” sistemare ” gli Anxates. Se poi accettiamo le ipotesi del Letta e del D’Amato, secondo le quali il territorio marruvino comprendeva gran parte del territorio fucense da Aielli a Luco dei Marsi, ad esclusione di Avezzano e Celano in mano albense, ben poco territorio rimarrebbe nella Marsica antica per un municipium di Anxa (109).
La sola area libera sarebbe quella dell’alta valle del Sangro, compresa fra Gioia Vecchio e Opi, ma, a parte i dubbi che rimangono sull’assegnazione ai Marsi almeno del territorio di Opi (110), la difficoltà di ubicare il centro municipale di Anxa a queste altitudini è data dalla estrema lontananza del centro dal Fucino e dal flusso economico dell’epoca legato alle direttrici delle strade consolari e quindi alla via Valeria.

D’altra parte anche l’iscrizione di Antrosano conferma che Anxa doveva essere situata sulle rive fucensi, tanto da essere facilmente raggiunta dall’Amaredio, un magistrato che svolgeva le sue funzioni sia ad Alba che ad Anxa. A confondere ulteriormente la ricerca degli Anxates è la totale ignoranza degli scrittori e geografi romani del territorio marso, tanto che lo stesso Silio Italico afferma di non conoscere altre città nella Marsica se non Alba Fucens e Marruvio, mentre gli altri centri non sono altro che: … cetera in obscuro famae et sine nomiee vulgi sed numero castella valent (trad. ital.: ” Le altre rocche – benché sconosciute alla fama e senza nome noto – valgono pel loro numero ” ) (111). Se consideriamo che probabilmente Silio Italico utilizzava Catone come fonte, l’ignoranza geografica era di origine antica. Come giustamente ha visto lo Scarcia, le notizie di Silio Italico sulla realtà geografica marsa sono basate solo su una conoscenza turistica del territorio (112) ; siamo quindi di fronte ad ” un uomo politico in ritiro ” che, nei suoi viaggi turistici organizzati utilizzando la via Tiburtina Valeria, si trova a conoscere le sole città ” turistiche ” dell’area fucense inserite sull’itinerario della via consolare.

Recenti scavi sul suolo di S. Benedetto dei Marsi, promossi dalla Soprintendenza Archeologica d’Abruzzo con la collaborazione dell’Istituto di Topografia Antica dell’Università di Roma, hanno accertato che la creazione dell’impianto cittadino di Marruz ium risale al periodo della municipalizzazione posteriore alla Guerra Sociale (113). Alla luce di queste nuove e determinanti ricerche archeologiche, cadono le ipotesi del Letta che, tramite l’esame di un passo di Celio Antipatro, relativo all’itinerario di Annibale (fine del III secolo a. C.) riportato da Livio (XXVI, 11, 10-13 = coEL. Axv., fr. 28 Peter), formula una originale tripartizione cantonale dei Marsi, precedente alla Guerra Sociale, basata sui tre centri di Marruvio, Antinum ed Anxa, e suppone che si debba vedere nei Marracinos, citati nell’itinerario di Celio, i Marruvinos: [10] … Coelius Romam euntem ad Ereto devertisse eo (scil. Lucum Feroniae) Hannibalem tradit iterque eius ab Rease Cutiliisqae et ab Amiterno orditur; L11 J ex Campania in Samnium, inde Paelignos pervenisse praeterque oppidum Sulmonem in Marrucinos transisse, inde Albensi agro in Marsos, hinc Amiternam Forolosque oicum oenisse… In realtà lo stesso Livio era scettico sulla ricostruzione dell’itinerario annibalico di Celio (XXVI, 11, 12-13), dato che l’itinerario è praticamente impossibile da percorrere nell’ordine descritto. A noi pare invece che l’itînerario reale di Annibale fosse, in ordine, Eretum, Reate, Amiternum, Foruli, Alba Fucens, territorio nord dei Marsi, valle Peligna e Sulmo, Marrucini, Sannio ed infine Campania.

Nello stesso passo di Celio Antipatro il Letta distingue fra Marsi e Marruoini (in realtà Marrucinos nel testo) e dice: “… In Celio o nella sua fonte si fà distinzione tra Afarruvini e Marsi: evidentemente il termine Marruvini designa i Marsi del territorio di Marruvium, mentre, Afarsi “tout-court” designa dei Marsi non Marruvini, cioè Marsi di un altro cantone… ” [segue la nota 26] “… Il fatto che una simile distinzione sia registrata dagli storici del III-II secolo a. C. non deve far meraviglia: forse essa nasce dal carattere già urbano di Marruvium, che contrastava col carattere vicano degli altri insediamenti marsi (cfr. i classici passi di Festo e Strabone già richiamati). Una considerazione particolare per i Marsi Marruvini rispetto agli altri Marsi è poi attestata, nella tradizione letteraria, dal nucleo mitografico relativo ai Marrubii e ai loro
re… ” (114).

In realtà il nucleo mitografico relativo ai Marrubii non è altro che una pura creazione romana tendente ad inserire Marruvium, unico centro marso romanizzato e senza tradizioni arcaiche, in un contesto di tradizioni italiche collegate ai miti delle origini di Roma (si ricordi ad esempio l’uso di Archippe per creare un irreale re Archippo dei Marruvini in Virgilio, cit.). Questa operazione è stata evidenziata dallo Scarcia: “… Terminato il ciclo imperialistico anti-italico, la cultura romana trionfante ha cercato di utilizzare per l’ultima volta i popoli vinti (“barbari”?) integrandoli nel proprio passato…. Parimenti i Marsi vengono più distesamente inseriti nel filtro del congegno erudito ellenistico-romano, connessi con l’Asia Minore (quasi come gli Etruschi-Lidü), cioè mistificati in analogia con la tradizione romana medesima. Al grottesco della discendenza da un Marsia microasiatico e della patente di ” nobiltà ” scaturita da atavici contatti con Circe e Medea, alla fine avranno potuto credere essi stessi, anche al livello del più vacuo folclore regionale… “(1159. Anche se per una Marruvium precedente alla Guerra Sociale si vedesse l’oppidum di ” Rocca Vecchia ” di Pescina ‘, esso non mostra interventi o sistemazioni urbane tali da farne un centro importante nella serie numerosa degli oppida marsi.

Si pensi ad esempio alle grandiose sistemazioni su terrazze di Angitia ed anche del vicus di S. Castro di Amplero ed allo stesso centro di Arciprete, che presentano sistemazioni interne già a partire dal II secolo a. C. Noi pensiamo invece che il centro fortificato di Rocca Vecchia sia riconoscibile in uno degli oppida nominati dalle fonti romane durante gli avvenimenti del 302 a. C., che portarono alla prese di Milionia, il più grande centro fortificato della Marsica: quindi Plestinia o Fresilia che certamente sono da ricercare nella valle del Giovenco dato il loro legame con la presa di Milionia (117).

Quindi probabilmente, alla luce dei nuovi dati emersi dagli scavi di S. Benedetto dei Marsi, non è mai esistita una Afarravium marsa precedente al Bellum Alarsicum ed è da considerare falsa l’iscrizione (una creazione del Colantoni) apposta su un trofeo da Scipione ai soldati marsi che avevano partecipato alla presa di Cartagine (Corneli/us. Scipio / Cartha/gine.capta.).
E’ invece realistica l’ipotesi che nel luogo di S. Benedetto dei Marsi sorgesse un santuario agli dei Novensidi già dal III secolo a. C., ma non possiamo certo, allo stato delle nuove ricerche, riconoscere la presenza di un vicus col nome di Marruvium, non attestato dalle fonti epigrafiche e da resti murari (118). Anche attraverso lo studio dei terreni agrari che certamente furono assegnati in parti eguali ai manicipia marsi fucensi si puà arrivare ad identificare Anxa nel territorio di Ortucchio. Infatti, escludendo Antinum, posto nella Valle Roveto e caratterizzato da un paesaggio agrario collinare delimitato da alte montagne, ad Angitia fu assegnata la medioevale Valle Marculana, posta fra i paesi di Luco dei Marsi, Trasacco, Collelongo e Villavallelonga fino al Monte Marcolano (l’odierna Vallelonga) ; a Marruvium il territorio posto fra il torrente ” La Foce ” di Celano e Venere oltre la valle del Giovenco; ed infine Anxa che ebbe la medioevale Valle Ortuclae o ” Piano di Vico “, oltre ai territori appartenenti agli attuali comuni di Grtucchio, Gioia, Lecce dei Marsi e Pescasseroli, con un confine con il territorio marruvino che non doveva essere dissimile da quello attuale fra Pescina e Gioia dei Marsi (119).


NOTE
(102) Per il problema dei Facentes del testo liviano vedi lo studio del Letta, I Marsi e il Fucino nell’antichità, Milano 1972, p. 129.
(103) T. Mommsen, Bull. Inst., 1846, pp. 182 s.
(104) Loreto Orlandi, I iMarsi e l’origiee di Aoezzano, Napoli 1967, pp. 42 ss.
(105) Andrea Di Pietro, Agglomerazioei delle popolazioni attuali della Diocesi dei Marsi, Avezzano 1869, pp. 306-307.
(105 bis) C. Letta, Epigrafia marsicana: contributi storico-topografsci, in ” Abruzzo “, anno XIII, nn. 1-2-3, Gennaio-Dicembre, Pescara 1975, p. 58 ss., nota 34: lo stesso autore perà riconosce il suo sbaglio in un successivo studio (Il territorio del Facino ecc., cit., p. 134 nota 123) e dice: ” ma c’è la grave difficoltà che la zona risulta in territorio albense “.
(106) C. Letta, Il territorio del Fucsno ecc., cit., p. 134. G. Grossi, L’assetto storico ecc., cit., p. 143.
(107) Liber Coloniaram, II, 258; C. Letta, I Marsi e il Facino ecc., cit., p. 118 nota 56. Nello stesso Lib. Col., II, 256, si parla della ripartizione in tre linee di confine del territorio marso municipale con confini marittimi (lacustri) e montani. Certamente ci si riferisce ad una sistemazione delle aree fucensi emerse con la bonifica del Fucino di Claudio e quindi alla ripartizione del Fucino in tre parti (” tribus limitus “) equali attribuibili ai municipia marsi situati sulle rive del Fucino (ormai ridotto nella sua estensione) : Angitia, Anxa e llfarruvium. §
(108) C. Letta, I hfarsi e il Fucino ecc., cit., p. 118 e nota 57 (Strabo, V, 4, 2, p. 241).
(109)Letta-D’Amato, op. cit., pp. 287 ss.; C. Letta, Epigrafia marsicana ecc., cit., p. 60 ss.; Idem, Il territorio del Fucino ecc., cit., p. 113 ss.; S. D’Amato, Il primo prosciugamento del Fucino, Avezzano, 1980, p. 23 s., pp. 169ss. (a pag. 170 e s., il D’Amato mi accusava – nota 33 bis – di non aver dimostrato sufficientemente la mia tesi sulla identificazione di Anxa ad Arciprete: spero con questo studio di aver chiarito a sufficienza i dubbi espressi dal mio amico Sandro D’Amato).
(110) C. Letta, I Marsi e il Fucino ecc., cit., pp. 115 ss. Vedi anche la mia Prefazione al volume su Pescasseroli: lineamenti di storia dalle origini all’unità d’Italia, di Gianluca Tarquinio, Isernia 1985, in corso di stampa.
(111) Silio Italico, 8, 495-510.
(112) Riccardo Scarcia, Marsi monamenta clientis, in ” Abruzzo “, vol. I, anno IX, n. 1-2, gennaio-agosto 1971, Pescara 1971, p. 126 s.
(113) G. Grossi, Il territorio di Casali d’Aschi dall’antichità al rnedioevo (cit. a nota 1), p. 16, n. 6.
(114)C. Letta, Epigrafia marsicana ecc., cit., pp. 47 ss. (le citazioni sono a pag. 56).
(115) (Studio citato nella nota 112 di questo studio), p. 137 e 138.
(116) C. Letta, Il territorio del Facino ecc., cit., p. 121.
(117) G. Grossi, L’assetto storico ecc., cit., p. 141: “…Dissentiamo invece da coloro che vedono in questo oppidum, con tracce di strutture abitative nell’interno [Rocca Vecchia], il vecchio sito di “Marruvium” “, anteriore alla guerra sociale, perché in tal caso sarebbe stato sicuramente citato in occasione della guerra del 302, per la sua stessa posizione all’imbocco della valle. I romani, d’altra parte, non avrebbero potuto prendere “Milionia”, che sbarrava loro il passo lungo la valle, se non dopo aver preso l’oppidum di Rocca Vecchia, anche per evitare di lasciarsi alle spalle una simile struttura fortificata ed il pericolo di rimanere imbottigliati nell’interno della valle… “.
(118) Per le iscrizioni di C. Scipio e degli esos novesede (Di Novensides), vedi, Letta -13’Amato, op. cit., p. 43 ss. nota 36, p. 71 ss. nota 51. La falsificazione moderna, dovuta al Colantoni (in ” Gazzetta di Aquila ” del 25 febbraio 1880), era stata già riconosciuta dal De Rossi e dall’Henzen (in ” Bull. Inst. “, 1882, pp. 34-35). Erroneamente il Coarelli (in ” Abruzzo Molise “, Guide archeologiche Laterza, Roma 1984, p. 99) definisce Marruviam un vicus, prima della Guerra Sociale, in base ad una iscrizione che menziona lavori fatti eseguire per decreto di un uicus e conservata a S. Benedetto dei Marsi, in via Fucino n’ 28: in realtà l’iscrizione, come dimostrato dal Letta-D’Amato (p. 136 ss.), proviene da una tomba, rinvenuta ” prima della guerra ” nel Casino Cerbiotto (ora trattoria ” la rupe di Venere “), è quindi relativa ad un vicus localizzabile nell’area compresa fra il Casino Cerbiotto e ” la Restina ” di Venere.
(119) G. Grossi, Il territorio di Casali d’Aschi ecc., cit., p. 47. Una diretta conferma della presenza di tre realtà municipali nel bacino fucense è nel Liber Coloeiarum, II, p. 256: Marsus municipium licet consecratione veteri maneat, tamen ager aliquibus locis in tribas limitibus lege Augustea est assignatas. Limitibus maritimis et montanis ager eius aliquibus locis in iugeribus CC continetur. Terminibus vero Tiburtinis et siliceis, et aliis documentis, qaibus ager Fallerionensis finitur. Per la interpretazione vedi la nota 107 di questo studio.

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