Testi tratti da Pescasseroli lineamenti di storia dall’origini all’Unità d’Italia
( Testi a cura del Prof. Gianluca Tarquinio )
Il primo feudatario di Pescasseroli, fu un Orrisio Borrello il quale lo teneva in subfeudo da Simone di Sangro. Orrisío Borrello, a sua volta, ne subinfeudò un’altra metà ad un certo Trasmondo ed un altro Orrisio, (1). Simone di Sangro ricevette dal Borrello, in cambio del subfeudo di Pescasseroli, la prestazione del servizio militare da parte degli abitanti del paese, la quale, in virtù delle leggi del tempo, corrispondeva ad un milite per ogni ventiquattro famiglie: Pescasseroli dava due militi perciò, nel 1148, era abitato da quarantotto famiglie (2). Da Simone di Sangro Pescasseroli, evidentemente riscattato dal subfeudo, passò al fratello Riccardo e da quest’ultimo al proprio figlio Rinaldo. Questo feudatario, in un primo tempo ligio al servizio per l’imperatore Federico li, lo abbandonò quando questi si schierò contro il potere papale; l’imperatore, per vendicarsi, privò Rinaldo di tutti i suoi feudi. Il di Sangro esulò a Lione dove mori, (3).
Ai suoi due figli, Berardo e Todino, che lo avevano seguito in Francia, nel 1247 il papa restituiva i feudi tolti al loro padre da Federico II. i due fratelli, nel 1270, si erano divisi i feudi; Pescasseroli dipendeva da Todino insieme ad Opi, Introdacqua, iovana, Collangelo, un quarto di Castel di Sangro, Castrovalva, Civitella, Roccaraso, Schìnaforte e un terzo di S.Giorgio, (4). Nel frattempo, morto l’imperatore Federico li, salì al trono il figlio Corrado, ma l’altro figlio Manfredi, con un colpo di mano, riuscì a spodestare Corrado e farsi íncoronare re del Regno delle Due Sicilie. Sotto Manfredi si riaccesero le lotte tra guelfi e ghibellini; il papa Urbano IV chiamò in suo aiuto Carlo 1 d’Angiò il quale mise fine al casato svevo e perseguitò tutti coloro che li avevano appoggiati. Il nostro Todino, avendo sempre parteggiato per il D’Angiò, fu da lui protetto, (5). Nel 1271 abbiamo un documento in cui si nota un segno di questa protezione.
In quell’anno gli abitanti di Pescasseroli si rifiutarono di pagargli la Colletta di S.Maria, Todino fece ricorso al Re e così gli abitanti furono costretti al pagamento delletasse, (6). Nel 1273 Carlo D’Angiò divise l’Abruzzo in Ulteriore e Citeriore; Pescasseroli farà parte amministrativamente di quello Citeriore e dipenderà, fiscalmente, da Chieti, (7). A Todino di Sangro successero i figli di Berardo il e Margherita. La contea ereditata, oltre a Pescasseroli, comprendeva anche Scanno, Castrovalva, Opi, la quarta parte di Castel di Sangro, Collangelo, Iovana e Cìvitella, (8). Nel 1275 abbiamo un documento nel quale si riscontra il giuramento di fedeltà a Berardo il da parte dei pescasserolesi, (9). Non sappiamo se Berardo il abbia avuti figli, certo è che mori nel 1283 lasciando l’eredità alla sorella Margherita già sposata con Cristoforo d’Aquino conte d’Ascoli, così Pescasseroli, dalla famiglia di Sangro, passò sotto le dipendenze dei d’Aquino, (10). Per la colletta generale, nel 1280/8 1, Pescasseroli pagava: ‘once 5, tar, 13 e gr 3;’ (B.Croce, op.cit.pag. 18, nota 5).
Sempre, nel 1283 il d’Aquino ricevette il solito giuramento di fedeltà da parte degli abitanti del paese e, nello stesso anno, si fece concedere da Carlo D’Angiò l’autorizzazione a tenere la fiera dell’8 settembre durante la festa di Santa Maria, (11). Il 30 giugno 1289 viene emesso l’elenco, con le rispettive date, dei giorni in cui venivano inviati i bandi per ascoltare i reclami degli abitanti del Regno; a Pescasseroli sarebbero passati il primo luglio dello stesso anno, (12). Cristoforo 1 d’Aquino morì nel 1307 e troviamo la sua contea divisa tra i figli Adinolfo II e cristoforo II.
Quest’ultimo, nel 1301, dopo aver radunato oltre mille uomini armati, assalì il castello di Opi, del quale era Signore un suo parente Vinciguerra d’Anversa e dopo aver ordinato l’uccisione dei suoi abitanti, lo incendiò insieme alla chiesa di S.Maria ed al casale di S. Elia. Sempre nel 1301 la contessa Margherita formò un gruppo di uomini armati in Pescasseroli, ed altri paesi, per invadere il paese di Villalago che mise a fuoco, bruciò la chiesa di S.Pietro e, non soddisfatta, assalì anche Anversa, (13). Da questi fatti, uniti ad altri di varia natura, si può’ dire che anche i d’Aquino, come i di Sangro, non furono dei buoni feudatari. (14).
La contea, nel frattempo, era stata divisa e Pescasseroli si trovava sotto le dipendenze di Cristoforo Il, ma alla morte di questi passò alla figlia Margherita 11, (15). Prima di addentrarci ulteriormente nella narrazione degli eventi feudali, diamo uno sguardo alla vita durante questo periodo: …..il tempo del feudalesimo fu uno dei peggiori ín quanto le popolanoni si trovavano in condizioni molto disagiate. In ogni terra o città il feudatario aveva i suoi riscuotitori delle decime e delle somme in contanti e tutto ciò che era conosciuto col nome di erario. Le decime erano la parte del prodotto sia índustriale che agricolo il quale, dai poveri, era dovuto al Signore.
Ne si era liberi di disporre della proffia quota, giacchè il feudatario aveva le sue tabernae, ossia le botteghe delle decime, nelle qual, venivano vendute le derrate in quei mesi in cui i generí riricaravano di prezzo. In tal tempo era proibito ad ogni cittadino la vendita delle sue merci fin quanto non si fosse dato fondo a quelle del feudatrio.
Oltre a questo, ogni terra era obbligata a Pagare ilpeso fiscale dovuto al Sovrano Regnante. A tutto cíò si aggiungevano le prestazioní straordinarie a pro del feudatatio del lugo, questo si chiamava colletta d’aiuto la quale consisteva nel riunire una buona somma di denaro fissata dallo stesso Signore e rivartita a le famiglie. Questa colletta aveva 1uogo tutte le volte che al Signore accadeva qualche sventura o quando un Ordine del Sovrano gli ingiungeva di allestire squadre armate per le continue guerre e litigi che turbavano il Regno. Lo stesso accadeva per lo sgravo della feudataria, peri matrimoni dei figli e nelle ricorrenze festive. I vassali, Inoltre erano tenuti a portare lettere nei, paesi lontani, a fornire cavalcature e, talvolta, anche subire l’oltraggio dello ius primae noctis., . ‘ (16).
Nel 1315 gli zii di Margherita 11, Berardo I e Adinolfo II, perchè creditori da essa di 1300 onze di oro, si fecero donare i suoi feudi tra cui Pescasseroli che dopo la solita divisione, passerà alle dipendenze di Adinolfo li d’Aquino, (17).
Nel 1320 troviamo che a causa di alcuni debiti non pagati a Nicola Pipino conte di minervino da parte dei due d’Aquino, Pescasseroli e gli altri paesi a loro appartenenti furono pignorati. Evidentemente il debito venne pagato completamente se nel 1321 troviamo, senza questo genere di problemi, il figlio di Adinolfò li, chiamato anch’esso Adinolfo, feudatario di Pescasseroli, (18).
Nell’anno 1346, a seguito di una forte carestia, la peste divampò in tutta la Nazione. Nel solo Abruzzo erano rimasti vivi appena un terzo degli abitanti (19). Come se tutto ciò non bastasse, il 9 settembre 1349, uno spaventoso terremoto si accanì sull’Italia Meridionale, il cui epicentro stando alle cronache dell’epoca, dovette localizzarsi nella Val Comino la quale risultò la più danneggiata.
Il palazzo dei d’Aquino ad Alvito, crollando, uccise Adinolfo III, la sua famiglia, e dodici persone di Pescasseroli che si trovavano li per discutere fatti inerenti la loro terra, (20). Ci furono molte dispute per l’eredità, ma alla fine lo zio di Adinolfo III, Berardo il d’Aquino, sarà il signore di Pescasseroli ricevendo, nel 1369, il relativo giuramento di vassallaggio da parte degli abitanti (21).
Alla sua morte Pescasseroli fu ereditato dal figlio Tommaso, e da questi dal propno figlio Francesco 1 a cui, nel 1401, subentrò il nipote Giacomo.
Nel 1435 un altro terremoto sconvolse le terre del feudo mietendo molte vittime (22). A Giacomo successe il figlio Francesco il d’Aquino che troviamo citato come signore di Pescasseroli in una patente di guerra del 7 novembre 1438, (23). Intanto la popolazione del paese cresceva. Dal censimento dei fuochi del Regno, effettuato nel 1447, apprendiamo che Pescasseroli aveva 54 famiglie, quindi 255 abitanti (24).
In questo periodo la transumanza aveva raggiunto una organizzazione più razionale e andava sempre più sviluppandosi. E’ per questa ragione che nel 1450 il feudatario Francesco Il d’Aquino ricevette dal Re Alfonso D’Aragona, per il passaggio del bestiame transumante sulle sue terre, venticinque ducati per i passi di Pescasseroli, Opi e di Castel di Sangro. (25). Alla sua morte gli successe, nel 1455, il figlio Berardo Gasbarre, il quale, alla morte dell’Alfonso, si fece confermare dal successore Ferrante, tutti i beni ereditati dal padre, (26). In questo stesso anno ci fu un altro terremoto ed altre calamità di vario genere che arrecarono moltissimi danni ai paesi dell’Alto Sangro, i superstiti furono costretti a trovare rifugio nelle campagne mosso da pietà verso gli abitanti delle sue terre, Berardo Gasbarre accordava a Castel di Sangro una riduzione di venti ducati, per quattro anni, sulla colletta di S. Maria. E’ lecito supporre Che esso si sia regolato in questo modo anche per gli altri paesi del suo feudo, (27).
Nel 1460 Francesco III era il feudatario di Pescasseroli, ma dato che mori presto, e senza figli, troviamo che il paese passerà alle dipendenze della sorella Antonella la quale, già nel 1452, era sposata con Innico D’Avalos, (28).
Terminò così la poco felice dominazione dei d’Aquino su Pescasseroli per passare a quella travagliatissima. dei D’Avalos. Diamo ora anche uno sguardo a quelli che erano 0 abusi feudali in questo periodo.
Fino al 1443 il potere Regio temperò l’autorità baronale i quali baroni non erano altro che inutili possessori di terre feudali. il Giustiziere e la Secrezia esercitavano, in nome del Re, i diritti Più importanti come la giustizia e la riscossione dei tributi per mezzo di appositi ufficiali in ogni circoscrizione
Dal 1443, Re Alfonso, per indurre i baroni a riconoscere suo figlio quale successore al trono, concesse a questi l’assoluta giurisdizione sui feudi riservando al Fisco l’annuo provento di dieci carlini ogni famiglia esclusi gli ecclesiastici, e, in compenso, ogni famiglia avrebbe ricevuto un tomolo di sale.
Da questo momento l’autorità baronale divenne sconfinata: i vassalli furono con siderati al pari della terra, i loro averi erano a discrezione del Signore del luogo il quale governava a suo piacimento, pudicava le cause civili e criminali secondo i propri tornaconti, (29).
NOTE
(1) B. Croce: op’. cit. pag. 3
(2) V. Balzano: Documenti per Castel di Sangro, op.cit.pagg. 4/7 parte terza; anche Del Re: Cronisti e scrittori sincroni, Napoli 1845 pag.603 e 612. Per il calcolo dei componenti di ogni fuoco vedi L.Palozzi: Storia di Villavallelonga, Roma 1982 pag.52 nota 37.
(3) Celidonio: Mons. G: La diocesi di valva e sulmona, Casalbordino 1910, vol. Il, pag. 152.
(4) Colarossi – Mancini: Storia di Scanno, L’Aquila 192 1, pag. 286 doc. 11.
(5) Colarossi – MancIni: op.cit.pag. 68
(6) B.croce: op.cit.pag. 21. Un’altro esempio è del 1270 quando l’abate di S. Maria delle cinquemiglia fece ricorso a Carlo d’Angiò contro Todino di Sangro perchè questi, insieme ai suoi vassalli, disturbava il pascolo degli animali dei monaci; ma l’imperatore difese il Todino. (in V.BaLzano, op.cit.)
(7) NT.Faraglia; op-Cit.pag.; vedi pure A.Melchiorre: manoscritto in via di pubblicazione sulla storia di pescasseroli pag. 1.
(8) Colarossi – Mancini: op.cit. pag. 70
(9) V.Balzano: op.cit.pag. 28 parte terza
(10) Colarossi – Mancini: opc.cit. pag. 71
(11) Colarossi – Mancini: op.cit.pag. 286 doc.111; B.Croce: op.cit.pag. 20
(12) N. F. Faraglia: Codice dolomatico sulmonese pag. 98 doc. LXXX.
(13) B-Croce: op.cit,pagg. 12/13
(14) Questa conclusione è anche sottolineata dal fatto che nel 1306 9fl abitanti di Alvito stavano per ribellarsi a questa famiglia a causa delle sproporzionate tasse.
(15) B.Croce: OP.Cit.paig. 21
(16) Colarossi – Mancini: op.cit.pag. 59
(17) Colarossi – Mancini: op, cit.pagg. 2 e terza; anche colarossi – Mancini op.cit.pagg. 288/290 doc.V.
(18) V.Balzano: op-cit-Pagg. 57/61 parte terza; anche V.Balzano: op.cit.pag. 57 seconda parte.
(19)…per ripopolare le città ed i paesi, si fecero patentati disuguali unendosi in matrimonio giovanette con vecchi, ricchi con poveri, le monache abbandonarono l’abito e si unirono con religiosi che avevano fatto la stessa cosa … ‘ in Colarossi – Mancini: op. cit. pag. 81 –
(20) Colarossi – Mancini: op.cit.pag. 82 V.Bálzano: op.cit. pag. 63 parte terza.
(21) v.Balzano: op.cit.pag. 64 parte terza.
(22) Colarossi – Mancini: op.cit.pag. 94.
(23) In N.F. Faraglia: Codice diplomatico sulmonese doc. LXXX
(24) B.Croce: op.cit.pag. 18. Alcuni studiosi, invece, correbbero che la numerazione dei fuochi di quest’annO indicasse solo le famiglie soggette al pagamento delle tasse dei fiscali. Si riporta il testo completo tratto da: N F.Faraglia: La numerazione dei fuochi nelle terre della Valle del Sangro, fatta nel 144 7 (Casalbordino 1898, estr. dalla Rassegna Abruzzese Il 5-6) pag. 39.
(25) U. D’Andrea: memorie storiche di Wletta Barrea, vol.II pag. 103.
(26) Colarossi – Mancini: op.cit. pag. 105 più nota 5.
(27) Idem
(28) B.Croce: OP.cit.Pag15
(29) Colarossi – Mancini: OP-cit-Pa,99- 991100’