TESTIMONE DEL CONFINE PONTIFICIO

Più della metà delle colonnette del confine pontificio-napoletano si trovano ancora oggi al loro posto, ma non hanno più quel valore giuridico che bisognava difendere sia con continue visite di controllo da parte di persone che conoscessero bene i luoghi, chiamate indicatori, sia prevenendone le manomissioni con appositi regolamenti. Oltre ai verbali di apposizione dei termini di confine che permettono la precisa descrizione degli stessi e del terreno circostante sul quale corre la linea di confine, sin dai tempi antichi si ha l’usanza di sotterrare sotto il centro del termine o nelle sue immediate vicinanze, degli oggetti che fossero muti e perenni testimoni del passaggio della linea di confine. Si usava gettare, prima della posa del termine, uno strato di carbone, o una bottiglia rotta, o spezzare una pietra di forma regolare in due o tre pezzi di modo che il loro combaciare denotasse la loro funzione di segnale.

In zone montuose dove lo scavo risulta di difficile esecuzione si usa incidere su rocce ritenute stabili delle croci tipo patena o murare dei chiodi corredati da targhe in ferro. In altri casi i testimoni sono spigoli di edifici od altri manufatti di solida costruzione, o almeno ritenuti tali. In tempi più prossimi a noi l’Istituto Geografico Militare consigliava di usare come testimoni dei tubi di terracotta lunghi circa 30 cm o un mattone rettangolare posto verticalmente e con incisa su una faccia una croce o, ancora, una mattonella di 15 cm di lato con al centro incisa una croce.

Per quanto riguarda il nostro studio, i verbali di demarcazione riportano come testimoni, oltre alla medaglia del titolo della quale ci occuperemo tra breve, le distanze dal termine di confine o dalla linea di confine di manufatti come case coloniche, pozzi, chiese, ruderi più o meno antichi, termini di precedenti demarcazioni.

Testi di Tullio Aebischer

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