TORRI BORGHI E CASTELLI MEDIEVALI (il castello Piccolomini di Ortucchio)

La prima attestazione del nome di Ortucchio è dell’vttt-IX secolo, con il termine di Hortucla che ha uno stretto legame con il latino ” hortuculus /horticulus, da hortus i, con infrequente scambio di suffisso ” e quindi all’osco hurz, “orto”, vista la presenza di un santuario italico sulla sommità esso va connesso con un “orto sacro” italico. Castello Piccolomini di Ortucchio rappresenta un esempio di struttura fortificata medievale rara e probabilmente unica nella sua tipologia architettonica condizionata, con i suoi elementi strutturali, a vivere nel lago e con il lago.

ll suo impianto, infatti, fu determinato dalla presenza dell’isolsa di Ortucchio, l’unica isola del lago Fucino occupata da insediamenti umani, secondo lo stato attuale delle nostre conoscenze, dal neolitico ai nostri giorni. l.a strnttura urbana della parte alta, sul Colle di Sant’Orante, con la sua forma ovale, potrebbe confermare l’esistenza di un centro fortificato marso arcaico di piccole dimensioni (ocri). L’ipotesi esposta è plausibile dato il permanere sulla sommità del colle di una struttura cultuale di età italico-romana. Ci riferiamo ai resti di un podio templare in opera poligonale, databile al III-II secolo a.C., su cui si sovrappose nell’alto medioevo la chiesa attuale; ancora ben visibile è corrispondente all’area ora occupata dalla navata centrale e laterale destra di Sant’Orante (misure, m 19,36×13,30). Altra conferma della presenza di un abitato nell’area è data dal ritrovamento di monete romano-campane di III secolo a.C. e da resti di edifici romani con pavimenti in mosaico bianco e nero presenti”suI declivio orientale del colle in via dei Prati e via Italia.

Numerosi anche i rinvenimenti di tombe appartenute all’insediamento antico sul pianoro posto a nord-est del colle: in via Piccolomini con tombe a fossa con copertura a lastrone della fine del I secolo a.C., dietro la scuola elementare con resti di un mausoleo circolare di età imperiale decorato da fregi con figure umane a rilievo ed iscrizioni. Sulla stessa chiesa di Sant’Orante, sulle pareti esterne, vi sono fregi scultorei romani riferibili a monumenti funerari. Quindi nell’antichità l’isola fu sede di un centro fortificato arcaico e successivamente di un vicus di età repubblicana che continuò la sua vita fino al termine del mondo antico.

Recenti scavi nell’area hanno confermato una continuità dell’insediamento dell’area dal neolitico fino all’età contemporanea: interessanti i ritrovamenti dell’Età del ferro ed italico-romana, con un muro a secco della prima Età del ferro, fosse per alloggiamento di pali, intonaco dipinto e vasellame a vernice nera probabilmente riferibili sia alle abitazioni dell’ocre marso che all’area templare. Nella successiva età medievale la sommità del colle continuà ad essere sede di un insediamento di modeste dimensioni. A partire dal 789-822 d.C. abbiamo la prima attestazione della chiesa farfense di Sancta Maria in Ortucla (ora Sant’Orante), la pieve altomedioevale che costitui la prima presenza cristiana dell’area e che divenne il principale luogo di culto dell’isola fucense. La chiesa fu contesa per diversi secoli fra i monaci di Farfa ed i vescovi della diocesi dei Marsi fino al febbraio del 1115 quando nella bolla papale di Pasquale II risulta in mano al clero secolare. Nel periodo dell’incastellamento ed oltre, dal X al XIV secolo, l’abitato di Ortucla era sottoposto al feudo di Castulo, un castello-recinto sito nelle vicinanze, sul Colle Castello delle pendici nord di Monte Pietrascritta.

In quel tempo il piccolo abitato medioevale di pescatori e agricoltori era posizionato sulla sommità del colle intorno alla chiesa di Santa Maria. Probabilmente verso la prima metà del Trecento, i Conti di Celano sentirono la necessità di dotare di una torre portuale (con piccolo recinto triangolare dotato di torrette rompitratta “a scudo”) l’approdo dell’isola, con la creazione di una torre a pianta quadrata con scarpa alla base ed apparato a sporgere per il tiro piombante. La presenza della torre, l’attuale mastio del Castello Piccolomini, favori lo spostamento dell’abitato nelle vicinanze del porto con la creazione di uno strutturato nucleo urbanistico.

La torre lacustre, simile ad altre presenti ad Arciprete-Ortucchio, Trasacco, Angizia-Luco, Avezzano, Casanova-Paterno, Venere, favori il concretizzarsi sul colle di un feudo consistente a scapito del vicino Castulo. Successivamente con il conte Pietro di Celano e Lionello Acclozzamora la torre, fu divisa dal paese con la creazione di un fossato e l’edificazione di un recinto quadrato dotato di torri ad U, includente una peschiera interna e con torre a puntone pentagonale esterna a protezione dell’ingresso verso il paese. La darsena interna fu resa accessibile da un’ampia apertura ad arco dotata di saracinesca di chiusura e protetta da una grande feritoia circolare per cannone orientata verso il lago.

Al castello sono aggiunte due difese laterali ricavate sui bordi longitudinali dei fossati nord e sud con due ampie grandi ali di fabbricati e basso muro sul davanti con ingresso defilato orientato a sud-ovest. Il fabbricato a sud costituisce un bastione a puntone avanzato, atto a controllare l’ingresso delle barche nella darsena interna e successivamente alla peschiera del castello. L’importanza del nuovo fortilizio e del vicino nucleo urbano è confermata da un documento aragonese del l445 in cui Ortucchium compare come feudo fra i possessi di Lionello Acclozzamora. Dopo la morte di Lionello il castello, possesso di Ruggerotto l’ultimo dei conti di Celano e della lunga dinastia dei Conti Marsi, fu luogo di prigionia di Jacovella di Celano vedova dell’Acclozzamora e madre di Ruggerotto. Agli avvenimenti della battaglia per il possesso del feudo di Celano da parte dei Piccolomini contro Ruggerotto si deve la fine del primo castello di Ortucchio, conquistato e distrutto nel 1495 dalle truppe di Napoleone Orsini al servizio di Pio II Piccolomini.

Con la vittoria papale e la morte in combattimento di Ruggerotto, il feudo di Ortucchio e tutta la Contea di Celano viene data dal papa, nel 1446, a suo nipote Antonio Piccolomini che ne riceve atto di conferma dal suocero Ferdinando i d’Aragona nel 1484 (nel 1461 il Piccolomini aveva sposato la figlia del re, Maria d’Aragona). È Antonio Piccolomini a restaurare il castello e renderlo piu efficiente con il raddoppio ed innalzamento delle murature, con l’aggiunta sugli angoli delle quattro torri rotonde. Vengono, inoltre, perfezionate le ali di fabbricato laterali e l’accesso dal Fucino con la riduzione, in altezza, dell’ingresso arcuato fra la darsena e la peschiera interna.Il lavoro viene terminato nel 1448 come risulta dall’iscrizione presente sopra l’ingresso interno (est), del castello: Antonins. Picholomineus./de.Avagonia.Amalfice.dux./atq(ue).Celani. comes.Regni./Sicilice. Magister. iusticiari/us. Ad conservandum. in./offitio. oppidanos. hanc./arcem. extruxi t../ a. fundamentis./ MCCC. LXXXXVIIl.

Con questa iscrizione viene confermata la funzione del castello, una fortezza posta a presidio del lago ed utilizzata soprattutto verso gli oppidani: i pescatori ed agricoltori del Fucino e Ortucchio, contrari alla politica fiscale e armentaria dei Piccolomini. Quindi una presenza minacciosa atta a mantenere in obbedienza gli abitanti del borgo di Ortucchio rei di non sostenere la bruta politica fiscale e l’esproprio dei pochi terreni agricoli da ridurre a pascolo per gli antenti feudali.
Questa politica di afflizione ed accentramento fiscale, è confermata dalla stessa creazione del nuovo abitato regolare di Ortucchio, struttura abitativa racchiusa da un lungo muro dotato di torri rotonde e strettamente legato al castello con le sue longitudinali strade ben controllate dall’alto mastio e dalle sue colubrine. Sull’ala di fabbricato posta a sud del fossato del castello (quella a puntone) viene creata “la Stanga” dove si ritiravano le tasse legate alla caccia e pesca: la terziaria, la terza parte del pesce e degli uccelli acquatici. Dall’età dei Piccolomini fino all’abolizione del feudalesimo il castello di Ortucchio fu parte della scacchiera fortificata del lago Fucino insieme a quelli di Avezzano e Celano, scacchiera rafforzata dalle torri dei borghi fortificati ripuari. Dopo il prosciugamento del lago il castello perde le sue funzioni e viene abbandonato definitivamente.

Con il terremoto del 1915 le strutture già duramente lesionate hanno un definitivo cedimento fino agli anni 60 del XX secolo quando i lavori di restauro, terminati recentemente, riportarono il castello a forme leggibili. Castello Piccolomini di Ortucchio, rappresenta un raro esempio di struttura fortificata lacustre. Il Perogalli, dice: ” Il fortilizio aveva uno stretto rapporto con il lago che forse non trova riscontro in Italia “, ” e costituisce un caso unico, ma anche per questo primerio, né davvero soltanto in ambito regionale, invece pressoché ignorato, fuori da questo “.

La sua importanza viene quindi rapportata per il suo stretto contatto con il lago, data il suo posizionamento su una sperone roccioso dell’isola di Ortucchio. Le acque fucensi, infatti, entravano parzialmente nei fossati del castello creando, sul settore ovest, una darsena tramite la quale si inoltravano, oltrepassando un’arco aperto ad ovest, nell’interno della cinta muraria del castello riempiendo una “peschiera”, un ampio vano pieno d’acqua utilizzato come ricovero di imbarcazioni e dal quale si poteva accedere agli ambienti superiori del castello. Tracce di imposte di una scala lignea di accesso ai piani superiori, sono riscontrabili sulla parete nord della peschiera interna. Secondo molti autori e come abbiamo già precedentemente affermato, il castello esisteva già prima dell’arrivo dei Piccolomini nella contea di Celano ed il fatto è dimostrabile tramite l’osservazione delle strutture murarie.

La torre quadrata interna, il mastio della struttura fortificata, è certamente anteriore alle cortine attuali in quanto la sua base, lati est e sud, è stata inglobata nella larga muratura realizzata sicuramente in epoca posteriore: inoltre non esiste parallelismo tra i bastioni e i lati della stessa torre. La posterla, ovvero l’ingresso sopraelevato della torre, è orientata verso il lago e denuncia l’esistenza di un ponte levatoio su questo versante. Alla base del lato nord del mastio, dei speroni rocciosi e tracce di muratura denunciano l’esistenza di un battiponte che permetteva il collegamento con l’abitato. La scarpa di base e l’apparato a sporgere, tipologie costruttive legate all’arte militare del tiro piombante, datano la torre alla prima metà del Trecento. Infatti, se essa fosse stata edificata successivamente sarebbe risultata di forma cilindrica con canna ottagonale interna come quelle di Aielli, Santo Iona, Collarmele e Sperone edificate da Ruggero II di Celano nella seconda metà del Trecento.
In epoca posteriore, fra la fine del Trecento e la prima metà del secolo successivo, la torre fu inglobata nell’interno di un castello vero e proprio con un processo strutturale documentato anche ad Avezzano.

Il castello più antico, quindi era costituito dai fossati, dalla torre trecentesca che fungeva da mastio e dal quadrilatero di mura che lo circondavano, che erano più basse di quelle rifatte dai Piccolomini. Infatti, Bulian, ora soprintendente Baaas, incaricato del recente restauro, dice: ” Il castello originariamente era di dimensioni piá ridotte in altezza. Quest’ultima considerazione si evince dalla mancanza di ammorsature tra le murature del bastione crollato e quelle retrostanti fino ad una certa quota corrispondente circa a quelle del toro, ammorsature invece esistenti nella parte terminale “.
Lungo il nuovo recinto e al posto degli attuali torrioni circolari vi erano delle piccole torri ad U come quella ancora oggi visibile sul lato nord, al fianco del grande torrione crollato. Nell’interno sul lato nord fu creata la peschiera, che aveva dimensioni piu grandi di quella della successiva fase dei Piccolomini, difesa da interne torrette ad U e accessibile dal Fucino tramite una grande apertura arcuata aperta ad ovest. Sopra la peschiera una serie di ambienti coperti posti ad ovest e nord dalla torre dedicati all’alloggio dei militi preposti alla difesa del maniero.

Ne rimane uno solo, ancora coperto da una volta a botte, sull’angolo nord-est probabilmente usato come scuderia. Tutto intorno abbiamo i fossati, ricavati nella roccia calcarea dell’isola, delimitati sui lati lunghi da due ali di fabbricati avanzati a puntone verso il lago e coronati da un basso muro sul fronte del lago dotato di un altro ingresso obliquo defilato. Sul fronte dell’abitato l’accesso al fortilizio fu protetto da una torre avanzata a puntone pentagonale dotata di due ponti levatoi: il primo, frontale, permetteva la comunicazione fra il castello e la torre; il secondo, laterale (accesso sul lato sud della torre a puntone), permetteva il passaggio fra la torre e un battiponte esterno (posto sul margine del fossato ovest) collegato con le strutture difensive dell’abitato. La descrizione esatta di questo doppio passaggio ci viene data nel Seicento da Febonio e fu ripreso successivamente dall’Antinori.

Gli interventi più importanti furono quelli legati alla trasformazione del fortilizio alle nuove tecniche di difesa attiva collegate all’introduzione delle armi da fuoco. Le modifiche più sostanziali in tal senso furono quelle della creazione delle quattro grandi torri circolari a scarpa sugli angoli del quadrilatero della cinta muraria: una di queste torri, quella a nordovest, era molto più grande delle altre, come si può ancor oggi osservare dal basamento che ne rimane come testimonianza, in quanto essa fu demolita nell’Ottocento per lasciare spazio ad una piazza. Questo torrione proteggeva, con tiro defilato, l’ingresso alla peschiera interna.

Anche le cortine vennero integrate nella scarpata e quella del lato ovest venne addirittura raddoppiata tanto che vennero chiuse le feritoie da sparo che si affacciavano sul lago. L’ingresso arcuato che collegava la peschiera con il lago fu parzialmente murato e se ne ricavò uno più basso e stretto fornito di rotaie laterali atte allo scorrimento di una saracinesca. Questa riduzione d’ingresso fu un grosso errore di valutazione, dato che non teneva in nessun conto dei continui innalzamenti dei livelli lacustri del Fucino. Infatti, come si può osservare dalla lapide posta in alto sul lato sinistro dell’ingresso, a partire dal secolo XII e fino al 1816, gli innalzamenti delle acque resero impraticabile l’accesso alla peschiera interna del castello e portarono anche alla quasi totale sommersione del nuovo borgo di Ortucchio edificato dai Piccolomini verso la fine del Quattrocento.

Nel 1816 i livelli lacustri raggiunsero gli altari della chiesa parrocchiale di San Rocco, posta al centro del paese (sotto l’attuale sede municipale). Si può quindi trarre la conclusione che i nuovi arrivati, i Piccolomini, nella loro arroganza e non conoscenza del territorio, ignorarono le escrescenze del Fucino. Diverso invece l’atteggiamento dei Conti di Celano di vecchia formazione locale e quindi ben informati sulle variazioni del bizzarro lago. Lo stesso fenomeno si può constatare nel rapporto fra i vecchi proprietari del feudo di Ortucchio ed i nuovi con gli abitanti (“oppidani”) del paese: benevolo ed accorto quello dei Conti di Celano, estremamente fiscale ed afflittivo quello dei Piccolomini.
L’ingresso sul versante est, verso il borgo, munito di un’ampia serie di feritoie da sparo, fu risolto con la ristrutturazione del corpo quadrangolare sporgente, coronato dall’iscrizione e da superiori mensole poggianti su una tripla fila di beccatelli arrotondati.

La vecchia torre trecentesca, di altezza ridotta rispetto a quella originale, fu dotata di nuove finestre e fu anch’essa coronata da nuová apparato a sporgere completo di merlatura, feritoie da sparo, e caditoie e poggiante su beccatelli arrotondati. Sul lato nord della scarpa fu aperta una nuova apertura verso il deposito delle polveri da sparo (polveriera; in passato l’accesso ad essa avveniva dal piano superiore interno), mentre la posterula ad ovest era munita da una feritoia da sparo superiore. Nell’interno della torre furono ricavati nuovi sistemi di riscaldamento, volte a mattoni, scale in pietra e comode finestre rinascimentali dotate di interni sedili in muratura. Avvertiamo che l’attuale ingresso alla torre esposto ad est è di età settecentesca.

Sul cortile interno fu realizzato un nuovo ambiente sovrastante, tramite porticato, la peschiera. In questo ambiente, una grande sala posta a livello inferiore, sono riconoscibili resti di un forno per il pane ed un pozzo per l’acqua. Anche i fossati furono modificati e resi più profondi ad allargati soprattutto sul fronte lacuale, sull’angolo nord-ovest, per far posto alla grande torre angolare.
Tutto il perimetro del castello fu segnato dal toro in pietra che delimitava la parte a scarpa da quella superiore perpendicolare. Su tutti gli interventi precedentemente descritti è visibile la firma dei Piccolomini: una mezzaluna resa a rilevo sulla pietra. In complesso pare di riscontrare una maggiore potenza di fuoco verso est in direzione del paese di Ortucchio: numerose sono, infatti, le feritoie da colubrina e da cannone puntate verso i ponti levatoi per la tecnica a spazzaponte. Probabilmente per il nuovo signore di Ortucchio il pericolo era rappresentato dagli infedeli “oppidani” tenuti in continua afflizione dalla minaccia delle armi e dalle esose tasse e balzelli. Altro motivo è da connettere alle continue trasformazioni dell’orografia locale. Non sempre il rilievo di Ortucchio si manteneva in condizione di isola sul Fucino: quando i livelli si abbassavano, in particolari anni di secca, il colle di Ortucchio si trasformava in penisola, facilmente accessibile a piedi da est.

Dalle informazioni in nostro possesso il castello risultava già abbandonato ed in pessime condizioni ai primi anni del Novecento ed il terremoto non fece che peggiorare la situazione. Solo dal 1963 fino alla fine degli anni settanta, lo Stato avverti la necessità di dare avvio a lavori di risistemazione e restauro del complesso monumentale.

I primi lavori (196364), effettuati dalla Soprintendenza di L’Aquila, portarono allo sgombero delle macerie e del notevole terreno di riporto del fossato che risultava completamente interrato, tanto che nel lato nord del suo perimetro esisteva una strada che collegava Ortucchio con la Piana del Fucino. Successivamente, dal 1976 in poi, fu portata a completamento l’opera di svuotamento delle strutture interne, portando alla luce il grande vano della peschiera scavato nella roccia e la seconda cinta di mura che circondava il fossato ad ovest e divideva il castello dal lago. Il restauro delle strutture fu risolto con l’integrazione delle murature che risultavano danneggiate nelle cortine esterne. Gli ambienti interni furono svuotati dalle macerie, compresi i camminamenti interni delle torri. I vani destinati alla residenza, o comunque in passato coperti, sono stati evidenziati con pavimentazione in cotto. Attualmente il castello, leggibilissimo nelle sue strutture e stratificazioni storiche, attende di essere reso fruibile da parte degli abitanti del luogo e dei turisti affascinati dalla monumentalità del castello e dal suo antico e raro legame con il grande lago del Fucino che ancora timidamente sopravvive nel sottostante laghetto.

Testi a cura del prof. Giuseppe Grossi

Ricettività e servizi