I due «fatti» piú clamorosi, dunque, erano stati questo di Tagliacozzo (dell’ottobre 1860) e quello di Scurcola (del 19-23 gennaio 1861). Sul primo, perfino un acceso liberale come don Giuseppe Gattinara, autore di un’ampia Storia di Tagliacozzo (50), non può fare a meno di sottolineare quali e quante fossero le atrocità commesse dai garibaldini del colonnello Fanelli:
«I garibaldini, in numero di ottocento, guidati dal colonnello Fanelli, avanzavano divisi in quattro squadre, una cioè per la strada provinciale, l’altra per la parte della Stella, la terza per dietro la Giorgina e scendere a S.Rocco, l’ultima pel Calvario. Fortuna volle che le ultime due non giungessero in tempo per chiudere i varchi di S.Rocco e del Calvario, altrimenti la carneficina sarebbe stata orribile. Dopo poca e insensata resistenza i reazionari con i loro fautori se la dettero a gambe, ed i garibaldini uccisero una vecchia povera, quattro inabili disarmate persone ed un malato nel proprio letto.
Da forsennati si gittarono nelle abitazioni indistintamente, le saccheggiarono e giunsero financo a stracciare dalle donne gli orecchini, le anella ed i coralli. Dopo ciò appiccarono fuoco ai palazzi, alle case, ai fienili, alle stalle e persino al Teatro Talia. Furono incalcolabili i guasti, ed anche maggiori sarebbero stati, se la educazione di due compagnie di Guardia Nazionale Aquilana non avessero rattenuto il furore e la cupidigia di quella sfrenata gente» (51). L’episodio di Tagliacozzo ebbe un seguito nel gennaio dell’anno successivo, quando la cittadina marsicana, occupata dalle truppe reazionarie del Giorgi, venne assalita dai soldati del Ferrero. Le cronache del tempo e gli storici locali parlano di «nutrito scambio di fucilate, che si concluse con la morte d’un nazionale e di quattro borbonici» (52).
Ma l’esito dovette essere certamente piú disastroso, se il Consigliere Distrettuale De Clementi cosí scriveva al Governatore di Aquila:
«Tornando all’azione sostenuta dai Piemontesi in Tagliacozzo (ove Giorgi si fortifica, aumentando sempreppiú i suoi armati), debbo con dispiacere rassegnarle contarsene di essi una ventina tra morti e feriti. Non si conosce poi la perdita dell’inimico» (53). Ciò nonostante — sempre a proposito di questo doloroso episodio di Tagliacozzo — vi fu anche chi, da parte governativa, tentò di sminuire la gravità degli avvenimenti, riferendo (in una sua «relazione» ufficiale) che, dopo tutto, a Tagliacozzo, non era accaduto nulla di veramente grave, tranne il saccheggio delle abitazioni dei signori Paolo Resta, Gaetano Resta, Antonio Resta, marchese Spaventa, Domenico Giorgi, Luigi lacomini, vedova Bonomi, Enrico Tatangioli e Gio.Domenico Venturini, ossia di coloro che si erano gravemente compromessi con la «reazione». In tale rapporto (firmato dal Delegato di Pubblica Sicurezza signor Marrama e inviato al Sotto-Prefetto di Avezzano in data 16 luglio 1865, ben cinque anni dopo!) non si parla né di morti, né di feriti, né di scontri violenti; non si fa riferimento alla Guardia Nazionale di Aquila; si attribuisce esclusivamente ai «reazionari» l’intera responsabilità degli incidenti. (54)
NOTE