GLI INSEDIAMENTI (Amplero)

Segnalato nell’Ottocento da Carmelo Mancini e riscoperto successivamente da Vincenzo Grande, fu interessato a partire dal settembre del 1968 da campagne di scavo ad opera dell’Università di Pisa grazie all’interessamento della “Pro loco” di Collelongo. A dirigere i primi interventi fu Paolo Enrico Arias affiancato da Orlanda Pangrazi fino al 1971, poi fu la volta di Cesare Letta che dal 1980 fu affiancato dalla direzione tecnica di Maurizio Paoletti fino all’ultima campagna del 1987.

L’insediamento è composto da un’acropoli (ocri) sul colle di La Giostra, da un villaggio (vicus) sui pendii di S. Castro, La Giostrella, Pozzo Maianone e dalle necropoli del Cantone e di La Cava. Su “La Giostra” è presente un piccolo centro fortificato di forma ovale con un circuito murario in opera poligonale (I° maniera) di 350 m , dotato sul versante sud di una porta a corridoio interno obliquo.

Nell’interno sono presenti resti di due edifici templari, di una cisterna circolare e di una stipe votiva: l’ “Edificio 1” è stato successivamente utilizzato come stazzo per pastori perdendo il suo aspetto originale di probabile tempio italico a più ambienti edificato su alto podio in opera poligonale; all’edificio templare è affiancata la “Cisterna” arcaica a pianta circolare con muratura in opera poligonale, gradino anulare sul fondo e rivestimento alla base in opera signina; la “Stipe votiva”, ricavata nella roccia, presentava materiali votivi dal VII al II secolo a.C.; l’ “Edificio 2”, edificato agli inizi del I secolo a.C. ed abbandonato subito dopo il termine del Bellum Marsicum, è diviso in tre ambienti preceduti dal un vestibolo probabilmente colonnato. Nella stanza centrale con pavimento in opus signinum decorato da tessere in calcare bianco, pareti dipinte in affresco di “secondo stile pompeiano” e base di statua, sono stati rinvenuti frammenti di terracotta relativi ad una divinità femminile, probabilmente Diana.

Nei sottostanti pendii della Giostrella e S. Castro sono i resti ben conservati di un vicus italico-romano disposto su terrazze di cui rimangono visibili numerosi terrazzamenti. Nella località “Pozzo Massotto” sono i resti di un piccolo santuarietto con cisterna circolare con copertura a tholos, mentre a S. Castro Vecchio doveva essere la chiesa di Sancti Casti. In quest’ultima località sono venute alla luce le famose “Gambe del Diavolo” che confermano nell’area (“Pietraia di S. Castro”) l’esistenza di una necropoli arcaica documentata anche dal rinvenimento di corredi tombali di VI e fine del IV secolo a.C. Più sotto, in località “La Cava” sono venute alla luce tombe a grotticella con chiusura con stele-porta e databili entro il II secolo a.C. Il villaggio si estendeva anche sul declivio di “La Giostrella”, “S. Castro nuovo” e “Sopra S. Elia” con una serie di muri di terrazzamento in opera poligonale e piccole cisterne in opera incerta. In località “Sopra S. Elia” sono stati eseguiti saggi di scavo che hanno riportato alla luce resti di crollo di edifici monumentali, di una cisterna rettangolare in opera incerta di età tardo repubblicana abbandonata nel III secolo d.C. ed una necropoli romano imperiale (II secolo) con sei inumati e due incinerati sotto una copertura di tegole (a cappuccina). Resti murari relativi ad una probabile villa italico-romana edificata su terrazze, sono in località “Pozzo Maianone”.

La necropoli del Cantone è situata su una delle strade antiche che mettevano in comunicazione il vicus con l’alveo fucense e la Vallelonga. Si compone di oltre 50 tombe posizionate sui due declivi della valletta del Cantone e solo in parte scavata scientificamente dalla missione pisana dal 1968 al 1975, mentre gravi sono i danni dei clandestini che hanno “distrutto” circa 26 tombe. Le tombe, a fossa con copertura a lastroni, a loculo con identica copertura ed a camera con copertura a volta, sono disposte su lunghe file parallele sul declivio della valletta e presentano steli-porta di chiusura disposte su muretti di raccordo (Paoletti 1987 e 1989). Dalla grande Tomba 14 viene il famoso letto in osso databile agli inizi del I secolo a.C. con raffigurazione, sui piedi, del volto barbato di Dionysos-Hades (ora al Museo di Chieti).

Anche dal percorso della Valletta del Cantone vengono materiali di VI secolo a.C. ed un frammento di statua femminile arcaica che confermano l’esistenza di necropoli della seconda età del ferro nell’area, relative all’ocre marso di La Giostra. Dallo studio degli inumati, dei resti animali e pollini rinvenuti sia nelle tombe che nell’abitato, le genti marse di Amplero sono prevalentemente legate, in età italica e romana, ad un economia agricola ed all’allevamento animale connesso alla pratica agricola (Amplero 1989).

Per maggiori informazioni consultare la sezione storia del Comune di Collelongo.

Testi del prof. Giuseppe Grossi

Ricettività e servizi