IL FUCINO (Il sito di ”Ruscella” di Celano)

Le indagini archeologiche che hanno interessato la località ”Ruscella” a sud di Celano, poche centinaia di metri ad est dal villaggio dell’età del Bronzo di ”Le Paludi” scoperto nel 1985, sono state condotte tra il novembre ed il dicembre 1997 in seguito al rinvenimento, in alcune trincee esplorative lungo il tracciato del metanodotto Bussi-Roccasecca, di alcune strutture murarie e di una certa quantità di materiale archeologico (ceramica, frammenti fittili, metalli). Lo scavo e stato condotto in due aree piuttosto estese poste a circa cento metri una dall’altra, denominate ”Saggio G”, quella ad est, e ”Saggio H”, quella ad ovest in prossimità di una strada che collega la via Tiburtina Valeria con la via Circonfucense’.

La zona prossima alla riva settentrionale del lago Fucino, prima del prosciugamento terminato nel 1875, e caratterizzata ancora oggi, come d’altra parte attesta il perdurare dei toponimi ”Ruscella” e ”Paludi”, dalla presenza dell’acqua sia sotto forma di fossi (vedi quello che divide le due aree di scavo), sia della falda idrica molto alta che consente una captazione delle acque quasi in superficie. Per maggiore chiarezza i risultati degli scavi vengono presentati divisi secondo i suddetti saggi, anche se, come si vedra nella parte finale del contributo, si possono inquadrare entrambi in un’unica linea di sviluppo relativa alle trasformazioni insediative della zona dell’età romana fino al medioevo.

Saggio G

In questo saggio si è rinvenuta a circa un metro e settanta al di sotto dell’attuale piano di campagna la fondazione di un muro che si sviluppa in senso nord-est/sud-ovest e che e stato possibile scoprire per una lunghezza di circa diciassette metri . La stessa era sigillata da uno strato di terra limacciosa di colore marrone scuro (US 20), che non ha restituito materiale archeologico e che ricopriva a sua volta un altro strato di terra, sempre di colore marrone scuro ricco di ghiaia, con rari frammenti fittili e ceramici, databili tra IV e VI secolo d.C. (US 55) . La struttura si conserva in buono stato ad una quota costante (da – 1,69 a – 1,80 m dal piano di campagna), corrispondente a quella di spiccato dell’elevato; solo all’estremità sud della parte rimessa in luce, la fondazione risulta parzialmente intaccata da un taglio (US 61), forse di spoliazione, e pertanto si rintraccia ad una quota inferiore. Chiaramente leggibile e il suo filo ovest, mentre quello est risulta ricoperto da un esteso crollo relativo all’elevato della strunura stessa posizionato secondo il movimento di caduta.

Il crollo però non è omogeneo e non sembra essere tutto perfettamente in posizione di caduta come nella parte settentrionale. Un utile elemento datante per definire il momento ante quem non in cui avvenne il collasso della struttura e rappresentato da un frammento di ansa a nastro in vetrina sparsa rinvenuto sopra il crollo stesso, attribuibile ad un ambito cronologico compreso tra XI e XII secolo. A sud, in corrispondenza dell’ultimo tratto della fondazione rimessa in luce, il crollo sembra essere stato deliberatamente spianato e regolarizzato in superficie in modo da formare un piano piuttosto compatto (US 57). Una tale sistemazione indica che molto probabilmente la struttura crollata fu utilizzata, per un certo lasso di tempo, come piano di frequentazione, prima
del definitivo abbandono dell’area, sancito da una prima fase di interramento costituito dallo strato US 55 e una successiva fase di impaludamento attestata dallo strato US 20.

La fondazione e larga in media m 0,80 ed e realizzata con pezzame di calcare di piccole e medie dimensioni e rari ciottoli, legati da malta friabilissima di colore biancastro a forte componente di calce, con ghiaino molto fine come dimagrante. II filo della struttura non e perfettamente rettilineo tanto da far ipotizzare che sia stata costruita direttamente nel cavo di fondazione senza L’ausilio di sbadacciature (c.d. fondazione a cavo libero). L’alzato della struttura invece, in base all’andamento dei crolli (UUSS 52-53) e dei piccoli tratti conservati (UUSS 5158), ha uno spessore di m 0,45 ed e realizzato con la tecnica del doppio paramento, in grossolani filari irregolarmente alternati di pezzame di calcare e frammenti fittili (laterizi, tegole), legati con malta di calce piuttosto tenace di colore biancastro.

Nell’angolo nord-est del saggio, grazie all’abbassamento forzato della falda acquifera (per mezzo di idrovore), che in questo punto e molto alta tanto da ricoprire nei periodi piovosi L’intera struttura, e emerso un condotto idrico, con andamento ovest-est (US 56), riempito da una terra finissima di colore grigio (US 60), ma ancora funzionante. II condotto, che e stato scoperto solo per un breve tratto, e realizzato con elementi fittili a forma di bicchiere allungato (misure diametro cm 15, spessore cm 2,5), incastrati uno dentro L’altro, ed allettati fra pezzi di calcare che ne rinforzano i fianchi. II condotto passa al di sotto della fondazione (US 50) e si interrompe poco dopo (circa 0,50 m). Molto probabilmente h precedente al muro, che, per quanto si è potuto vedere, non sembra aver tenuto conto della conduttura al momento della sua costruzione, in quanto non e stata realizzata nessun opera per salvaguardarne L’integrità. Per le modalità di realizzazione del condotto e assai probabile che si tratti di un impianto di epoca romana costruito per convogliare le acque di una delle sorgenti che si trovano ancora oggi nei pressi del saggio, in funzione di un insediamento della zona.

Saggio H

L’occasione per L’apertura di questo saggio di scavo e stata fornita dal rinvenimento in due trincee esplorative, successivamente riunificate in un unica area di scavo (saggi H ed I), al di sono del terreno agricolo, di uno strato comprendente materiale archeologico ed alcune ossa umane. L’approfondimento delle indagini nella parte settentrionale del saggio ha rimesso in luce i resti, gravemente compromessi dai lavori agricoli, di una piccola area funeraria, ad una quota di appena 60-70 cm al di sotto del piano di campagna. In particolare si 6 individuata una sepoltura costituita da una semplice fossa scavata nella terra (Tomba 1), orientata ovest-est .

Lo strato di terra che la riempiva (US 119) ha restituito alcuni frammenti di ceramica acroma, databili al IV-VI secolo d.C. . Il defunto (US 102), probabilmente una donna, era deposto con il capo ad ovest, su un letto di laterizi (US 103), di cui alcuni frammentari, con il braccio destro ripiegato sul petto ed il sinistro sul bacino, senza alcun elemento di corredo. La sepoltura era sconvolta a circa meta della sua lunghezza da un taglio in senso nordsud (US 104), causato dai lavori agricoli. Lo strato in cui era stata scavata la tomba (US 100) ha restituito numeroso materiale fittile e ceramico, la cui datazione permette di ricondurre la sua formazione al V-VI secolo d.C. e forse oltre. Tra questo materiale vanno segnalati alcuni frammenti di lucerna e un ago crinale in osso, che contribuiscono a caratterizzare ulteriormente l’uso funerario dell’area . Per le sue caratteristiche e la sua posizione stratigrafica lo strato rappresenta probabilmente una fase di rialzamento del piano di frequentazione della necropoli, prima del definitivo abbandono.

Infatti al di sotto 6 stata individuata una vera e propria massicciata (US 105), costituita da ciottoli e piccolo pezzame di calcare, su cui si e rinvenuto molto materiale ceramico e fittile n. 1-2, misto ad ossa sia animali che umane, attribuibile al momento dell’impianto e del primo utilizzo dell’area funeraria. In relazione con essa si e inoltre scoperto un pozzo (US 106), realizzato con pezzame di calcare disposto a filari, legati da malta. II diametro interno era di circa m 0,50 e la cavità risultava riempita da uno strato di terra e pezzame di calcare comprendente anche rari frammenti ceramici (US 107). Tra questi e da segnalare, sicuramente come materiale residuo, un bel frammento di coppetta in sigillata italica.

Dal modo in cui era stipato il riempimento e chiaro che fu realizzato con un intervento unitario e volontario allo scopo di annullare il funzionamento del pozzo’ . A circa quindici metri a sud ovest del pozzo, in corrispondenza di un’altra trincea che e stata successivamente ampliata con il Saggio I, poi unificato con quello H, si e rinvenuta un’altra sepoltura a m 1,02 dal piano di campagna. Nonostante la diversa stratigrafia e la distanza dall’area funeraria, anche questa tomba era probabilmente relativa alla stessa fase di frequentazione della zona. La tomba era costituita da un tegolone che ricopriva una piccola anfora frammentaria, contenente lo scheletro di un neonato di età compresa tra i tre ed i nove mesi”. Approfondendo lo scavo e ampliando L’area indagata si e appurato che la necropoli ricopriva parzialmente una serie di ambienti (A, B e C), di cui due (A e B) sono stati individuati interamente, mentre il terzo (C) e risultato in buona parte fuori i limiti del saggio.

Le due fasi di utilizzo dell’area erano interrotte da una considerevole fase di insabbiamento (US 135) e da uno strato alluvionale composto essenzialmente da ghiaia e ciottoli (US 140), rintracciato nella parte settentrionale del saggio. I muri degli ambienti (UUSS 141, 147, 148, 151, 149 e 150) erano realizzati con un doppio paramento di pezzame di calcare, di dimensioni molto variabili, e frammenti fittili legati da argilla (foto 4). L’ambiente B era riempito da uno spesso strato (US 114), costituito soprattutto da frammenti di intonaco, anche di dimensioni piuttosto grandi (10-20 cm), da alcuni frammenti fittili (coppi e laterizi), da pochi frammenti ceramici e da tre pezzi di lamina di piombo’. Al di sotto di questo strato si e rinvenuto il piano pavimentale (US 144) realizzato con frammenti di laterizio e ceramica allettati nella malta. Questo ambiente, di cui non si e rintracciato il lato est, in quanto esterno all’area di scavo, risulta diviso in senso nord-sud, in un momento successivo alla sua costruzione, da un cordolo in pietra (US 116) e da un altro cordolo in cocciopesto (US 115), che si addossa a quello in pietra e si estende anche lungo il limite nord dell’ambiente (US 121).

Quest’ultimo si interrompe in prossimità dell’angolo nord-ovest dell’ambiente B, in corrispondenza di un condotto passante in cotto (US 152), a sezione circolare, comunicante con il limitrofo ambiente A. Tale sistemazione che probabilmente e funzionale ad un uso idraulico dell’ambiente B e posteriore alla realizzazione dell’ambiente stesso, in quanto si colloca al di sopra del piano pavimentale (US 144), modificando sostanzialmente la planimetria del vano. A sud di questi ambienti si e infine rinvenuto un altro muro con andamento nord-sud (US 136) relativo al medesimo impianto e nella stessa tecnica costruttiva, del quale però non e stato possibile comprendere le relazioni planimetriche con le altre strutture.

Questo complesso, che per caratteristiche tecniche e materiali rinvenuti si pu6 attribuire ad età romana, doveva far parte di una delle tante ville rustiche che le fonti e i rinvenimenti archeologici testimoniano numerose sulle rive del lago Fucino’. In particolare questi ambienti dovevano far parte dell’ala riservata ai servizi come dimostrerebbe la stessa ampiezza degli ambienti, le rifiniture, la successiva trasformazione in cisterna e la stessa tipologia dei materiali rinvenuti negli strati che li ricoprivano. Essi hanno restituito principalmente ceramica acroma e da fuoco e nell’ambiente C e stato ritrovato un peso da telaio.

I ritrovamenti fatti all’interno dei singoli saggi, pur nella loro frammentarietà e discontinuità spaziale, permettono ad un’attenta lettura di gettare una luce sulle vicende insediative di questa zona, che in passato non era mai stata oggetto di indagini archeologiche sistematiche, e di ipotizzare con una certa precisione gli sviluppi e le trasformazioni nell’assetto insediativo di questa fascia di campagna, compresa tra il tracciato della via Tiburtina Valeria a nord e la riva del lago Fucino a sud, dall’epoca romana fino almeno al XII secolo.

Determinanti per le vicende insediative della zona dovettero essere le presenze della costa lacustre con le sue oscillazioni nel tempo, di sorgenti e corsi d’acqua in tutta L’area, che da un lato favorirono l’insediamento e dall’altro ne condizionarono le modalità di sviluppo e i momenti di vita’. La prima fase insediativa rinvenuta negli scavi e costituita dagli ambienti A, B, C e dal muro nord-sud del saggio H, che sono da attribuire ad epoca romana (tardorepubblicana o augustea)’ e dovevano far parte o di una villa rustica, o di un insediamento rurale posto in prossimità della riva del lago. Tale complesso si doveva sviluppare verso sud, rispetto alla zona indagata, in quanto le strutture murarie proseguono in questa direzione oltre il saggio, mentre non se ne sono rintracciate verso nord oltre l’ambiente A e neppure nelle trincee esplorative che sono state fatte tra queste strutture ed il saggio G posto più a nord. Di questi ambienti si sono identificate almeno due fasi di utilizzo: la prima, quella della costruzione, quando furono realizzati gli ambienti A e B, molto probabilmente come ambienti di servizio, considerando la limitata ampiezza e il tipo di pavimento delL’ambiente B, certamente funzionale, ma non particolarmente raffinato.

La seconda e caratterizzata dalla divisione dell’ambiente B in due parti, con la conseguente creazione del vano C, tramite due cordoli uno in pietra e L’altro in cocciopesto, e la realizzazione di un condotto in cotto tra l’ambiente A e L’ambiente B, permette di ipotizzare una trasformazione degli ambienti in impianti idraulici, probabilmente cisterne o vasche funzionali ad attività artigianali o legate alle attività agricole. Queste strutture, quando ormai dovevano essere già in disuso, come dimostra la limitata conservazione degli alzati e gli strati di riempimento che ne avevano azzerato la funzionalità, furono sigillate nella parte settentrionale da un consistente strato di ghiaia e breccia, probabile portato alluvionale dei rii che solcano L’area, e, nella parte meridionale, da uno spesso strato di sabbia formatosi in seguito alla fluttuazione della linea di costa del lago. Al di sopra di questi strati si andò a collocare probabilmente in età tardo antica (IV-V secolo d.C.) la piccola area funeraria, la cui utilizzazione in base ai materiali rinvenuti potrebbe essersi protratta fino all’altomedioevo. In funzione dell’uso funerario dell’area fu realizzato anche il pozzo, secondo un uso ampiamente attestato già in epoca romana e legato ai riti funerari che si svolgevano sulle tombe’ .

Certamente la successione stratigrafica non consente di porre in relazione la necropoli con l’insediamento che l’ha preceduta, pertanto si deve ritenere che l’uso funerario fosse relativo ad altre forme insediative di cui non si e però rinvenuta traccia. Una qualche forma di collegamento potrebbe esserci stato con la grande struttura rinvenuta nel saggio G, ma L’impossibilità di porre in relazione fisica le due situazioni impone una certa prudenza in tal senso. Per quanto riguarda il muro del saggio G, anch’esso si può ricondurre ad una fase post classica in considerazione della tecnica costruttiva dell’elevato, per il quale l’impiego di materiale di riutilizzo, associato al paramento in rozza opera listata, fa propendere per un ambito cronologico posteriore almeno al IV secolo d.C.’. Del tutto problematica resta la sua interpretazione sia per la mancanza di altri parti murarie, che possano in qualche modo ricondurre all’icnografia dell’edificio, sia per il suo notevole sviluppo in lunghezza che presuppone L’appartenenza ad un edificio di un certo impegno costruttivo. Forse un contributo all’interpretazione di questa struttura può essere fornita dall’analisi di alcuni documenti medievali riguardanti la zona in esame.

Nel 972, in un atto relativo alla conferma di alcuni beni che l’importante abbazia di Montecassino aveva nel Fucino, viene citata tra i confini una chiesa di S. Maria in Palude’. Quasi cento anni dopo, nel 1071, in una donazione alla potente abbazia di Farfa in Sabina, viene nuovamente menzionata una chiesa di S. Maria in Palude’ . La stessa e infine ricordata tra quelle pertinenti alla diocesi dei Marsi in una bolla di papa Clemente III negli ultimi decenni del XII secolo
Dopo questa data nessun altro documento fa esplicito riferimento ad un edificio di culto con questa intitolazione, ma comunque nella documentazione più recente del XVII e XVIII secolo il nome ricorre frequentemente per definire una parte della campagna a sud di Celano’.

La localizzazione precisa di questo toponimo si può infine ancora riscontrare nella carta del Lago Fucino realizzata nel 1861 dagli ingegneri Brisse e Retrou, prima del prosciugamento del lago. Un rapido confronto tra questa e L’attuale carta IGM della zona, nonchè il posizionamento dei saggi di scavo, consente di valutare L’esatta coincidenza del toponimo con l’area in esame. L’esistenza pertanto di un edificio di culto in questa zona almeno dal X secolo non può, almeno in via di ipotesi, non sollecitare un collegamento fra esso e la struttura rinvenuta negli scavi. Anche il momento di abbandono dell’edificio di cui doveva far parte il muro rimesso in luce, conseguente al suo crollo, troverebbe una corrispondenza nelle fonti scritte in quanto, come si e visto, le ultime attestazione dell’esistenza di una chiesa risalgono al XII secolo, successivamente sembra conservarsi solo la memoria, forse supportata da qualche simbolo visivo, come un’edicola o edificio più piccolo. Concordano con questa determinazione cronologica anche i pochi frammenti ceramici rinvenuti nello strato che sigilla il crollo e che non sono databili oltre il XII secolo.

Dalla documentazione scritta non si comprende se questa chiesa fosse stata di pertinenza monastica, come la maggior parte degli edifici di culto noti in ambito fucense dalle fonti medievali più antiche, o se fosse stata privata o di pertinenza episcopale. Pertanto solo in via di ipotesi si può immaginare a fianco di quello religioso un suo ruolo di centro economico, come elemento coordinatore delle attività agricole che dovevano prosperare nella zona anche in quell’epoca In questo ambito potrebbe trovare una sua spiegazione anche la presenza del mulino rinvenuto a poca distanza da questi saggi . La sfera monastica e più generalmente ecclesiastica in cui gravitavano la maggior parte di questi impianti produttivi e ampiamente nota alle fonti medievali. In conclusione sulla base di questi ritrovamenti archeologici per il sito di ”Paludi” di Celano, dopo L’importante fase dell’età del bronzo, si può proporre uno sviluppo insediativo che dell’età romana giunge al pieno medievo.

Tale processo e scandito dalla costruzione di una villa rustica o dalla formazione di un piccolo insediamento rurale in epoca romana (II-I sec. a.C.), dal suo successivo abbandono, da una rioccupazione in età tardo antica (IV-V sec. d.C.) a scopo funerario e dalla costruzione nella stessa epoca, o più probabilmente nei secoli dell’altomedioevo, di un edificio di culto, legato a funzioni liturgiche, ma forse anche centro economico connesso allo sfruttamento delle risorse sia della campagna circostante, che del lago.

Testi di Maria Carla Somma

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