IL FUCINO (la protostoria)

Nell’età del Bronzo (secondo millennio a.C.) il panorama delle evidenze archeologiche fucensi si dilata notevolmente raggiungendo per gli insediamenti le cinquanta unita, furono per la maggior parte di ricerche di superficie, mentre solamente in tre casi abbiamo riscontri che derivano da scavi sistematici (Ortucchio Strada 28, Trasacco e Celano Paludi). Pertanto le analisi che e possibile formulare sui siti noti esclusivamente attraverso la ricognizione assumono valenze diverse: accanto ad un riscontro topografico certo vi e una notevole difficoltà a determinare il tipo di sito ed il suo preciso utilizzo nel corso del tempo.

Si nota, accanto al solito addensarsi di siti nell’area di Ortucchio, che in questa fase tutte le rive del lago sono interessate da una distribuzione relativamente omogenea degli insediamenti; ciò risulta particolarmente evidente lungo la riva orientale, fra Ortucchio e Celano, dove, osservando la carta di distribuzione con la rappresentazione dei poligoni di Thiessen, le aree di pertinenza dei singoli insediamenti appaiono disporsi in maniera radiale intorno all’alveo del lago e sembrano avere un’estensione pressoché paritetica. Appare altresì evidente come in alcune zone i territori di pertinenza dei singoli insediamenti siano troppo limitati per risultare, da soli, bastevoli al mantenimento di una comunità. R questo il caso dei siti collocati sulle sponde del lago ad Avezzano (Le Mole 1, Le Mole 2, Strada 6), a Trasacco (Trasacco 1, Trasacco 2, II Molino), di quelli nei pressi della valle di Arciprete (San Rufino 1, San Rufino 2, Balzone 1, Balzone 2) e a Ortucchio (Ortucchio Strada 28, Ortucchio Strada 29 e Venere Restina). Del resto tutti questi gruppi di insediamenti si collocano in aree a lunga continuità di vita: infatti nei casi di Ortucchio il sito di Strada 28 era già in uso nel Neolitico e nell’Eneolitico, nel caso di Venere Restina almeno già dell’età del Rame.

Preesistenze del terzo millennio si riscontrano sia per Le Mole 1, ad Avezzano, che per Il Molino, a Trasacco, oltre che per San Rufino e Balzone, nella valle di Arciprete. In conclusione sembra che una maggiore parcellizzazione del territorio di pertinenza di ciascun sito si sia verificata laddove esistevano insediamenti in uso già dai millenni precedenti. Al contrario, nelle zone in cui non erano attestati siti preesistenti, i singoli territori di pertinenza appaiono di maggiori dimensioni e con estensioni analoghe. II moltiplicarsi degli insediamenti fu dovuto all’aumento della popolazione ed al diversificarsi delle risorse e delle strategie produttive che portarono, nel secondo millennio, ad una apparente diaspora dei luoghi d’insediamento e ad una capillare occupazione di tutto il territorio.

Il riscontro a tale lettura teorica la desumiamo dai pochi siti oggetto di indagine scientifica, dove il quadro economico (AA.Vv. 1992, p. 419) appare ormai complesso annoverando sia un’agricoltura cerealicola di fondovalle che una policoltura arborea di pendio, una significativa incidenza dell’allevamento (capre, pecore, buoi, suini, cavalli), una discreta presenza della caccia (orso, cinghiale, cervo, capriolo, lince, lupo, volpe, volatili) (DE GROSSI 1991, p. 165). Labili le tracce archeologiche relative alla pesca che annoverano solo scarsi resti faunistici, degli ami e qualche peso da rete di forma discoidale. Nell’ambito delle attività artigianali, particolarmente sviluppata appare la metallurgia del bronzo, sia come tecniche e maestranze specializzate che come mercato di diffusione (D ERCOLE 1996, p. 451).

Infatti, risulta assolutamente rilevante la quantità e la qualità dei manufatti in bronzo rinvenuti nei dintorni del lago del Fucino e non e un caso che in molti musei italiani e stranieri siano conservati reperti metallici, anche se, purtroppo, sovente avulsi dal loro contesto di provenienza (PERONI 1961, p. 125). Risulta, quindi, difficile stabilire per la maggior parte di essi a che tipo di sito appartenessero, se una necropoli, un insediamento, un ripostiglio o un luogo di culto. Questa problematica e quanto mai attuale per i bronzi protostorici recentemente acquisiti, nel 1994, dal Ministero per i Beni Culturali dai Principi Torlonia e rinvenuti durante i lavori ottocenteschi per il prosciugamento del lago Fucino, probabilmente nei pressi dell’Incile (sistema di vasche di raccolta e drenaggio delle acque del lago), fra Avezzano e Luco dei Marsi.

Essi comprendono, oltre ad un pugnale eneolitico in selce bionda, una falce a doppia costolatura, due punte di lancia, e due spade tipo Allerona (D ERCOLE 1997, p. 72) in bronzo (foto 3-4). Anche per questo materiale, purtroppo, non conosciamo i dati di rinvenimento come il luogo esatto ed il contesto con le eventuali associazioni. Se però provenissero tutti dalla stessa area, potremmo ipotizzare l’esistenza di una importante necropoli o, ancor meglio, offerte rituali ad una divinità; quest’ultima ipotesi non va trascurata visto che la presumibile area di provenienza sembra gravitare intorno al punto dove, in età storica, sappiamo che sorgera un famoso santuario dedicato ad Anxu-Angitia, presso Lucus Angitiae .

Del resto gli usi funerari dell’età del Bronzo Finale sono pressoché sconosciuti in Abruzzo, dove solo dal Fucino provengono le uniche informazioni archeologiche in tale senso, rappresentate dalla necropoli di Celano Paludi (cfr. in questo stesso volume) e dalla tomba di Agguacchiata a Luco dei Marsi (d’Ercole 1986, p. 317)4. Nella necropoli di Celano Paludi, che al momento consta di appena sette sepolture, il rituale funerario prevedeva L’utilizzo di tumuli inclusi in un circolo di pietre (quattro-cinque metri di diametro) a copertura di un sarcofago ligneo contenente la deposizione, inserito in una fossa sepolcrale delimitata da pietre. Riguardo i corredi, si e potuto constatare che si deponevano solo oggetti di ornamento personale o utensili, quali i rasoi in bronzo per gli uomini, e le fibule, gli anelli, gli aghi per cucire in bronzo ed i pettini in legno, per le donne. Stessa tipologia di corredo anche nella tomba di Agguacchiata, femminile, dove la fibula in bronzo e identica a quelle deposte nelle tombe 1 e 5 della necropoli delle Paludi di Celano.

Contemporaneamente illuminano sui rituali funerari di quest’epoca anche i dati negativi, come L’assenza del vasellame e delle armi. Tali dati sono assolutamente significativi e importanti perché e solo in questa fase, nell’età del Bronzo Finale (XIII-XI sec. a.C.), che viene rivolta un’attenzione specifica ai singoli individui per i quali viene costruita, con notevole impegno di tempo e forza lavoro, una tomba monumentale e ai quali viene attribuito un particolare corredo di oggetti in bronzo, di uso strettamente personale, quali simboli delle diverse appartenenze sessuali.

Attraverso tale manifestazione si fissa la memoria del personaggio defunto, perché funzionale ad un collegamento di discendenza con la comunità dei vivi, ma all’individuo non si riconosce la possibilità di una vita ultraterrena, a cui, probabilmente, non si crede, che altrimenti verrebbe manifestata attraverso la deposizione di particolari oggetti utili al sostentamento dopo la morte (quali contenitori in ceramica per cibo o liquidi, armi, ecc.), come invece accadrà nell’età del Ferro (primo millennio a.C.). Oltre alle due necropoli, accertate mediante scavi, di Luco, località Agguacchiata, e di Celano, località Paludi, situate sulle opposte rive del lago, altri oggetti in bronzo quali fibule, rasoi, bracciali, aghi, rinvenuti sporadicamente, fanno pensare all’esistenza di altrettante necropoli dell’età del Bronzo Finale a Trasacco, Ortucchio, Gioia dei Marsi, Cerchio e, soprattutto, a Scurcola Marsicana.

Testi di Roberta Cairoli e Vincenzo D’Ercole

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