CIVITA D’ANTINO

Testi tratti dal libro Civita d’Antino Storia – Arte Leggende
(Testi a cura di Settimio Maciocia)

Lo stemma di Civita D’Antino (che per latro non sappiamo a quale epoca rimonti pur se abbiamo trovato traccia su un libro del catasto del 1680) è assai orgoglioso: un guerriero armato sta dinanzi ad una torre merlata sulla quale splende il sole. Il motto dice ” Nec sine nec contra”. Né senza né contro gli Antinati! Bisognava avere dietro di se secoli di gloria e di potenza per cingere un motto così aspro. Vedremo poi se lo stemma sia una guasconata e non un diritto di acquisto. ma certamente è coniato da un uomo di lettere, che fu Appiano a scrivere che nessun trionfo dei Romani era stato festeggiato né contro né senza i Marsi.

Civita bisogna vederla dall’alto del Monte Viglio che è il suo occidente. Di lassù le differenze di quota quasi spariscono, e tutta la Valle Roveto da Capistrello a Balsorano, si mostra come un’ondulata pianura, con qualche ombra più forte qua e la; ma a metà strada nasce dalla pianura come un fungo, ecco le case di Civita, ecco il sole Civita. Alle sue spalle, la linea dolce e gibbosa dei rnonti che la dividono dal Fucino: la Romanella, Grotta Ferretti, Mont’Alto, chiazzati dal verde dei faggi. Al fondo valle, qua e là, il luccichio del fiume. E’ il Liri, e nella fiaccola sotto il moggio di D’Annunzio il povero pallido sonetto che è malato sogna di recarsi a Cappadocia, presso “…le sorgenti fredde del liri tra i macigni, dove scendono e salgono le donne con le conche sul capo”.
Ora li Liri fa a rimpiattino, dalle sorgenti fino a Balsorano fino a sparisce per poi riapparire mugghiando nei bacini delle centrali elettriche, viene di nuovo inghiottito.

La buona civettuola di Civita D’Antino-Morino (risorta su quella che distrussero i tedeschi) è a pochi passi dall’innesto dell’ottima strada comunale che con poco più di otto chilometri raggiunge quota 910. Questo ha cambiato fisionomia dopo il terremoto del 1915 che quasi lo distrusse. Scrive Corrado Ricci che tutti i resti romanici del IX e X secolo, che si trovano frammisti alla vasta opera di ricostruzione compiutasi nel duecento, siano i deriti dei terremoti che il “Chronicon Fossae Novae” edito dal Muratori. Del resto mentre si procedeva alla ricostruzione della chiesa di S. Stefano, che rovinò nel 1815, si è rinvenuto, murato nella parete absidale, un capitello romanico, e, nell’interno della chiesa, quale cantonale di un arco ricoperto d’intonaco, una pietra sulla quale spiccava in affresco una deliziosa Madonna che può essere collocata nel 1200.

Notizie frammentarie dicono che la chiesa di Civita (forse la prima) fu distrutta da un terremoto; ne fu riedificata un’0altra verso il 1200, ed essa fu parimenti distrutta sullo scorcio del 1600. E fu allora edificata quella attuale, benedetta sul principio del 1700, parroco certo Apone di Luco dei Marsi. La tradizione dice che in Civita d’Antino la fede cristiana fu predicata da S. Marco Galileo che passò per Atina e poi per Civita (1) In un libretto edito nel 1927, in ricorrenza del settimo centenario della morte di S. Francesco d’Assisi, Padre Clemente Coletti scrive che ” S. Francesco, nel suo viaggio del 1222, dopo aver predicato nel Cicolano e nella Marsica, si addentro nella Valle Roveto, seguendo il corso del Liri. Gli antichi storici marsicani riferiscono infatti ch’egli indugio qualche tempo presso Civita d’Antino e Morrea, dove poi sorse il convento a lui dedicato “.

Certamente Padre Coletti allude a quanto abbiamo letto a pag. 132 di e Reggia Marsicana ” del Corsignani: “… Essa (Civita) ebbe anche il famoso Convento di Francescani col Tempio di S. Maria Maddalena, dov’e fama che abitasse qualche tempo il Serafico d’Assisi: e quindi fosse decorato colla permanenza di alcune pie religiose del medesimo Istituto Francescano, nell’Anno 1422, ed a tempo della Badessa Mestia o Modesta “. Precisa ancora il Corsignani che il convento fu governato dai Padri Conventuali fino al pontificato di Innocenzo X (1644-1655). Avendo questo Papa emessa la bolla per la soppressione “de piccioli conventi “, anche quello di S. Francesco in Civita fu soppresso, e le sue rendite assegnate al Seminario di Sora. A proposito di chiese, il Corsignani scrive ancora che ” esisteva il Romitorio di San Pier Celestino presso Civita Antino, che fu visitato da Gregorio X.

Un figlio di Roberto Signor d’Antina nel 1090 offerì e dono molte chiese di quella Regione a Monte Cassino >>. E lo storico Lelio Marino (che scrisse la vita di Gregorio X) dice a tal proposito: ” Idem fecit Rinaldus filius Roberti de Civitate Antena cum pertinensis suis de Sancto Petro in Morino, Santa Lucia in Rendinaria cum pertinensis illorum “. In località S. Francesco, dunque, ed il solo nome del posto e una rivelazione, quasi ai piedi dei monti ed in prossimità di una freschissima sorgente, si scorgevano fino a pochi anni dietro i rudcri di una antica costruzione. E’ bello pensare che il santo sia stato a Civita d’Antino. Egli, certo, vi portò il suo empito d’amore e di tenerezza per tutte le cose e vi cantò le lodi del signore.

La terra qui pare serbar traccia del suo passaggio: i campi ondulati scivolano a valle in dolci pendii; la quercia allarga i suoi rami forti e fronzuti, e qua e la i pioppi esili (tanto dissimili e pur paragonabili ai cipressi della campagna d’Assisi) scrivono note di musica nel cielo terso. Le montagne stesse di Civita, tutte gibbose ed affatto impervie, sembrano intonarsi al coro di dolcezza. Se poi guardate questa campagna dopo la mietitura, quando le “manoppiare” sorgono come mura fatte di spighe, e la terra si rilascia, sembra di udire le mansuete parole: ” Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra madre terra… “. Dicevamo che Civita ha cambiato fisionomia del terremoto. Allora c’erano stradine su cui affacciavano case con le scale esterne; allora c’era la quadrata torre dei Colonna. Ma le strade, le piazze erano povere di alberi. D’estate il paese, esposto com’e a mezzogiorno, diveniva accecante coi.bianchi ciottoli delle sue strade che parevano dovessero spaccarsi.

E tutto questo piaceva immensamente ai pittori scandinavi fradici di nebbia e di gclo. Sole, grande sole, grandi cieli, enorme luce! Qualcuno di questi pittori, tornato anni or sono, e rimasto colpito dai molti alberi che ora rallegrano il paese. “Non buono. Tutto cambiato! “. Cosi hanno detto. Non vi aspettate nulla di clamoroso arrivando a Civita E’ un paese senza segreti. Tutto quello che può darvi lo vedete subito: aria sottile, sole riboccante di raggi ultravioletti, panorami sconfinati, quiete di monastero, acqua fresca e buona, pane casereccio. I panorami….Se raggiungete la spianata di Santa Maria, e vi appoggiate al parapetto che difende dall’abisso sotto il quale scorgete i campi come dall’aereo, non potete fanre un grido di ammirazione. La catena dei simbruini è davanti a voi con i suoi giganti: il Viglio a due vette, ed il pizzodeta aspro e ferrigno; verso il sud scorge fin le montagne di Isernia avvolte in una nebbia cilestrina; e a nord-ovest ecco le montagne ed i paesi di Castellafiume e di Petrella Liri. E quanti altri paesi! Capistrello, Canistro, Civitella Roveto, Meta, Morino, Castronuovo, Rendinara, Morrea, Balsorano… (2).

Sulla piazza grande del paese, che e come un balcone aperto al sole ed ai venti, e la chiesa di S. Stefano di cui s’e detto innanzi. Il terremoto, purtroppo, ha distrutto i pregevoli affreschi di Giuseppe Cesari, detto il Cavalier d’Arpino. La chiesa e stata ricostruita nel 1952. Nella stessa piazza e il monumento ai Caduti, con un bel fante di bronzo arrampicato sulla roccia. I gerani occhieggiano dalle fincstrc cd il selciato delle stradine brilla al sole. Se prendete verso levante vi trovate a porta Flora, scende per la cordonata in curva che tanti pittori hanno ritratta, ed arrivare al Piazzale Zathrmann dove, sotto gli alti platani, uno zampillo d’acqua cade quietamente in una rustica vasca.

Se invece dalla piazza passate davanti al palazzo dei Ferrante 8il portale settecentesco ha una catena di ferro lasciata dal Borboni) vi trovate nel rione Giardino, dov’è “La Piramide” che è più propriamente un piccolo obelisco che ha per base una antica epigrafe romana. Qui trovate anche ” Il Fauno ” che e una bella pista da ballo ricavata in un esedra dell’ex giardino dei Ferrante. E se, sempre dalla piazza, scendete verso ponente, attraversando 1’antico rione della Giudea, potrete vedere i ruderi della casa natale di S. Lidano che in Civita vide la luce nel 1026.

Ma dovunque voi andiate noterete case graziose e civettuole nella loro rustica semplicità, con la vite che si arrampica sui muri e fa pergolato; e ogni pochi passi, tra due quinte, un panorama che incanta: o il Viglio solenne, o le montagne di Capistrello, o l’azzurrino senza fine della conca di Sora. Un poeta danese scrisse dei versi che, tradotti in italiano, suonano cosi: ” Degli artisti tu sei il paradiso, o deliziosa Civita, che ogni passero cangi in usignolo! “. E Giovanni Joergensen, di rimando, giungendo a Civita per la prima volta: “Mai questa bianca strada s’aprì dinanzi ai miei passi per giungere quivi… Eccomi ora e guardo con occhio stupito e commosso… “. . Civita ha molte frazioni; la più importante e Pero dei Santi, che, sorta nei pressi della strada statale dopo il terremoto, e divenuto un ridente paesino pieno di verde e sempre in ascesa. La sua chiesa e dedicata a S. Lidano; cosa che non poteva avvenire per il Capoluogo ove la chiesa esisteva gia da secoli, prima che Lidano nascesse e fosse santificato. Altre frazioni importanti sono Vicenne, Tirano, Le Rosce, Pantaleo, Capone, Mattei.

L’ultima guerra apporto gravissimi danni alla Valle Roveto. Distrutte le centrali elettriche, distrutta la ferrovia, distrutto perfino un ponte della strada rotabile per Civita, fatto saltare dai Tedeschi in ritirata. Ma le centrali sono risorte, risorta e la stazione di Civita d’Antino-Morino, momentaneo traguardo del treno che viene da Roccasecca, mentre si lavora alacremente per il ripristino della linea fino a Civitella Roveto. Il ponte fatto saltare fu ricostruito nel 1946 e, in seguito, tutta la strada per Civita d’Antino-Morino, momentaneamente traguardo del treno che viene da Roccasecca, mentre si lavora alacremente per il ripristino della linea fino a Civitella Roveto. Il ponte fatto saltare fu ricostruito nel 1946, e in seguito, tutta la strada per Civita si ebbe la massicciata nuova, e (cosa mai avvenuta dalla sua costruzione) la compressione meccanica. Un fervore di vita, una febbre di lavoro tengono da anni Civita. Il terremoto prima e le guerre poi, dopo operato larghi vuoti nella popolazione, hanno altresì spinto i naturali a cercare altrove migliori condizioni di vita. Sembra, questo fenomeno dell’urbanesimo, come una condanna di morte che gravi sul paese. E perciò s’è corso ai ripari.

Molto s’è fatto per l’avvenire di Civita: la rete di fognatura è stata estesa a tutto il paese; s’è migliorata la distribuzione idrica con la costruzione di due serbatoi di compressione e la sostituzione, su nuovo percorso, di tutta la tubazione dell’acquedotto di S. Francesco; l’impianto della luce e stato rifatto di sana pianta ed in modo veramente razionale: tre cabine in muratura ospitano i trasformatori, ed altri trasformatori su palo fanno si che 1’energia arrivi in tutte le frazioni, anche le più lontane. Grandi opere di rimboschimento hanno dato lavoro a molti operai che hanno posto le premesse per i boschi di domani; anche la strada rotabile sarà quanto prima alberata per tutti i suoi otto chilometri con tigli, noci e castagni. In contrada Cerri (miracolo crediamo unico, ottenuto con un corso di qualificazione per muratori) e sorta una graziosa scuola con annessa abitazione per l’insegnante; altre tre scuole saranno costruite tra breve a Pero dei Santi, a Vicenne ed a Mattei.

Esisteva, scoperchiata e cadente, una vecchia chiesa posta sulla spianata di S. Maria; il fabbricato e stato restaurato e ampliato, e ora ospita i Piccoli di Don Orione. Tutte le casette asismiche sono state munite di impianti igienici, e sta per iniziarsi la costruzione di un complesso razionale e moderno raggruppante le stalle. Quando ciò sarà avvenuto, si potrà metter mano alla bonifica, merce demolizione, del rione Torrione, che diverrà cosi uno dei piu belli di Civita. E Civita deve ringraziare, per l’imponente mole di lavori e di iniziative che abbiamo indicato solo per sommi capi, il suo Sindaco on. Arnaldo Fabriani, instancabile e vulcanico rinnovatore, spinto a bene operare dall’amore che lo lega alla sua culla. Nel 1954 e sorta una ” Pro-Loco ” che ha gia assai lavorato per l’avvenire turistico del paese. Perché e indubbio che l’avvenire di Civita riposa esclusivamente sul turismo e sulla pastorizia, non potendo i campi (mal lavorati e per natura poco ricchi) compensare le molte fatiche dei contadini. Occorrerà ancorare i Civitani al loro “dilettoso monte” merce l’introduzione di nuovi cicli di culture più redditizie e con l’istituzione di cooperative agricole e pastorizie con pascoli razionali per mucche da latte.

Si dovrebbe poter creare anche (e specialmente per le donne) una attività artigiana che oggi non esiste affatto. Solo cosi, a parer nostro, si eviterà lo sfaldamento lento ma inesorabile delle nuove generazioni attratte dalla città. Civita ha tutte le premesse per divenire, in fatto di turismo, la perla della Valle Roveto. ‘Si sta cercando, come si e detto di ripristinare le attrattive di una volta con più moderne e confortevoli possibilità ricettive. Nel 1955 si è riaperta la Pensione Cerroni che, dopo l’esodo della corrente danese, minacciava di diventare un ricordo. Essa promette invece di riallacciarsi alla vecchia tradizione di luogo ospitale e caratteristico che sa congiungere alla familiarità casalinga ed all’ottima cucina, il rispetto e la gentilezza che sono propri delle vecchie casate.


Note
(1) A pagg. 664 di Reggia Marsicana del Vescovo di Venosa P.A. Corsignani, a proposito dell’origine della chiesa di S. Savina in Pescina si legge….la fondazione di tale chiesa non può ne deve riferisi a quegli anni a cagione che la Fede cattolica non era quivi ben stabilita sotto il lodato S. Marco, nè si trovano altri Vescovi de’ Marsi fino all’A. 238. Anche se la tradizione di cui facciamo cenno sopra non trova conferma, singolare il fatto che in Civita d’Antino si è professato da tempo immemorabile e tuttora si professa il culto a Santi dei tempi apostolici, come S. Stefano, S. Barnaba, Santa Maria Maddalena..

(2) Tornando in dietro verso la nostra Provincia tosto c’incontriamo colla Terra di Rendinara, appellata da altri Reziaria, dove riposano le ossa di S. Ermete Esorcista quivi in orrida solitudine defunto… E poco lungi e l’altra col nome di Rocca de’ Vivi, la quale fu conceduto in Feudo l’A. 1208 dall’Imperatore Federico II a Riccardo Conte di Sora. Questa pero fu diroccata l’A. 1600 dalla gran quantità di neve che atterro le magioni, e non solamente con miserabile caso soffocò gli Uomini, ma ogni sorta di Animali con danno assai.

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