1) A. CEDERNA, Carsoli. Scoperta di un deposito votivo del III secolo av. Cr., in “Notizie degli scavi di antichità”, 1951, pp. 169224.
2) D’ora in poi ACS, MPI (Ministero della Pubblica Istruzione), AA.BB.AA. (Direzione Generale per le Antichità e le Belle Arti), Divisione I 190824, b. 2, fasc. 38.
3) ASAq, Prefettura, Serie I, cat. XIV, VII versamento, b. 92.
4) La stipe di nostro interesse riguarda un santuario diverso dall’altro identificato nel 1989 a nordovest dell’antico nucleo abitato, in località San Pietro, comprensivo di un deposito con teste e votivi anatomici, statuette di animali e porzioni di panneggio di statue di offerenti, da datare al IIIII secolo a. C., già noto a clandestini e ora depositato presso la Sovrintendenza archeologica di Chieti, che ha competenza sulla nostra zona, v. M. T. Onorati, La documentazione archeologica, in S. GATTIM.T. ONORATI, Per una definizione dell’assetto urbano di Carsioli, in “Xenia. Semestrale di Antichità” 20, 1990, pp. 5253 con nota 135, e S. LAPENNA, Il santuario di Carsoli: saggi di scavo, in Il Fucino e le aree limitrofe nell’antichità, Atti del convegno di Archeologia, Avezzano 1011 novembre 1989, Roma 1991, pp. 448455.
5) Ad esso spettava la provincia di Roma, mentre Carsoli era compresa nelle provincie meridionali gestite allora dalla Direzione degli scavi di Napoli.
6) Ci si ispirava all’art. 15 della Legge 12 giugno 1902 n. 185, concernente la tutela di oggetti di proprietà privata aventi sommo pregio storico od artistico e al relativo regolamento applicativo del 17 luglio 1904.
7) I corsivi che seguono sono ricavati dalle lettere da lui scritte il 25 gennaio al Sottoprefetto di Avezzano (cit. in ASAq) e il giorno successivo alla Direzione AA.BB.AA. di Roma (cit. in ACS).
8) Il Museo Nazionale Romano, istituito nel 1889, raccoglieva a Villa Giulia i materiali delle scoperte avvenute fuori Roma, e alle Terme le antichità rinvenute nella capitale. Più in genere sul Vaglieri, che era stato direttore della sede di Termini dal 1901 e che ora era ispettore dell’Ufficio del Palatino per aver eseguito scavi su quel colle, v. Le memorie di un archeologo di Felice Bernabei, (a cura di) M. Bernabei, F. Delpino, Roma 1991, nota 50 p. 239 e nota 3 p. 353. Sulla nuova sezione del museo delle Terme (vani D, E, F, G), che occupava una corsia del piano superiore del portico del chiostro annesso alla chiesa di S. Maria degli Angeli, ampliata per esporre le antichità del culto, le ricche serie di exvoto dei santuari del Lazio, gli oggetti di piccola arte e di arte industriale (tra cui le terr ecotte architettoniche e decorative, i piccoli bronzi, i vasi fittili, i vetri), svariati arnesi, strumenti e utensili della vita privata dei Romani, v. il carteggio conservato in ACS, MPI, AA. BB.AA., III versamento, seconda parte, b. 147, comprendente missive scambiate tra organi pubblici datate dall’ottobre 1906 al marzo dell’anno successivo, quando fu inaugurata questa ala, comprensiva anche di oggetti medioevali esposti nelle sale A, B, C.
9) La cosa che non fu possibile per la consueta rigorosa censura del comitato direttivo.
10) Il noto archeologo W. Helbig (pur implicato in numerosi traffici antiquariali), contestava lo scrupolo scientifico con il quale erano stati condotti gli scavi e i rinvenimenti nel territorio dell’odierno Lazio, nonché il metodo di catalogazione dei reperti nel museo, v. Le memorie…, op. cit., pp. 2025.
11) Il Mengarelli (18631944), appassionato cultore di archeologia e volenteroso nelle ricerche, tuttavia non sempre sistematico nell’edizione scientifica degli scavi, era noto alla Pubblica Amministrazione perché da tempo impegnato nelle indagini di Satricum in territorio pontino e di vari centri nell’agro falisco (più tardi sarà ispettore dell’esteso e ricco circondario di Civitavecchia e Tolfa), attività nella quale evidenziò un carattere non facile. Egli fu anche un solerte ordinatore delle collezioni del Museo di Villa Giulia, di cui sarà direttore dal 1926, v. Le memorie…, op. cit., p. 236 nota 121 e B. Pace, Caere. Scavi di Raniero Mengarelli, in “Monumenti antichi dell’Accademia dei Lincei”, XLII, 1955, specie coll. 6, 8,11,12, 22. Nel 1945 il Museo dell’Etruria meridionale acquistò da un’erede il suo fondo librario, oltre a disegni, piante, carte e diapositive relative per lo più a Cerveteri, esclusi gli inventari manoscritti e i taccuini di appunti autografi che erano comunque messi in vendita, cfr. ACS, MPI, AA.BB.AA., Divisione III 19291960, b. 441.
12) Cfr. ACS, MPI, AA.BB.AA., Divisione I 1908 1924, b. 2, fasc. 38.
13) Già nel 1907 l’Ufficio scavi del Palatino aveva comunicato al Ministero della Pubblica Istruzione che nel 1868 era stata segnalata qualche statuina di bronzo.
14) Cfr. sotto la nota 23.
15) A loro faceva capo la ditta dei lavori della linea ferroviaria RomaSulmona.
16) CEDERNA 1951, p. 169 segnala che un secondo lotto fu comprato poco dopo a un prezzo assai basso e che l’avviso di pagamento al proprietario giunse solo nel febbraio 1909. Lo studioso segnala inoltre che l’Angelini vendette al Museo di Villa Giulia parecchie monete, purtroppo unite ad altre di ignota provenienza, v. IDEM, Teste votive di Carsoli, in “Archeologia Classica”, V, 1953, p. 187 nota 1.
17) CEDERNA 1951, pp. 169170. Essi giacquero fino al 1931 nel magazzino dei bambù, dietro il ricostruito modello ideale di un tempio etrusco; poi furono chiusi in casse e posti in un sotterraneo del museo. Per ciò che il Cederna poté e non poté visionare, cfr. ivi, p. 176.
18) Ibidem.
19) L’Angelini, aveva già scavato in proprio mq. 9.
20) Gli oggetti, trovati in un settore non coincidente con quello della scoperta del 1906 (che aveva rivelato pezzi più grandi e di maggior pregio), appartenevano ad uno scarico votivo artificiale profondo circa m. 1.20, depositati con fretta, sembra per risparmiarli da una profanazione. Erano in metallo di vario formato (argento: monete e monili, v. CEDERNA 1951, pp. 182184, 204; ferro e piombo: di vario tipo, p. 173) e soprattutto in lega bronzea (monete, statuine maschili e femminili, figurette schematiche, oggetti da ornamento e strumenti votivi, paraguance: pp. 173, 178182, 185204), in terracotta (teste maschili e femminili di diversa grandezza, arti inferiori o superiori del corpo umano ad uso votivo, statuine femminili e di animali, teste di piccole dimensioni, pesi da telaio: p. 173, 215223), in ambra, osso, pasta vitrea (diversi oggettini, descritti alle pp. 173, 223224); infine vi erano numerose ceramiche, per lo più verniciate in nero o grezze (pp. 173, 204215). Per notizie generali sullo scavo, ivi pp. 176177.
21) Cfr. “Fasti Archeologici” VI, 1951, n. 30.
22) G. FOTI, in “Fasti Archeologici” VII, 1952, p. 18, n. 171. Sin dal settembre del 1951 il Soprintendente alle Antichità dell’Etruria Meridionale, Renato Bartoccini, preparava in quella sede l’allestimento di due sale per le mostre temporanee, sfruttando gli uffici dell’antica direzione e la vecchia biblioteca. In quell’anno e nei successivi il direttore cercò di ammodernare l’istituto con nuovi laboratori di restauro, potenziando la biblioteca, curando l’allestimento dei reperti in nuove vetrine, organizzando cicli di incontri con il pubblico, nella speranza di scongiurare un provvedimento che il Ministero della Pubblica Istruzione ventilava circa il trasferimento del museo in un edificio non precisato dell’ex Esposizione Universale Roma all’Eur, quartiere che al Consiglio Superiore della Direzione AA.BB.AA. appariva troppo decentrato per assicurare la vitalità culturale della prestigiosa sede romana. Sempre in quegli anni a Villa Giulia ci si impegnava in un programma di selezione del materiale per le sale di prima esposizione […] con rinvio del materiale di seconda scelta a depositori accessibili nella stessa sede o ad altri Antiquarii locali, come a chiedere fondi per il restauro di numeroso materiale fittile, vascolare e figurato, e non solo di quello proveniente dagli scavi più recenti e attuali, ma anche dalle più antiche collezioni, scollatesi durante la permanenza nelle casse nei depositi antieaerei. Per tutto questo si consultino diversi fascicoli custoditi nell’ACS, MPI, AA.BB.AA., Divisione III 19291960, b. 441.
23) Circa il passaggio delle casse di nostro interesse, con oggetti inventariati con un numero di serie divenuto illegibile su precarie targhette di carta, con il tempo corrose o staccatisi perché fatte aderire con semplice colla, e circa il probabile mescolamento dei pezzi con altri provenienti da un centro dell’agro falisco, v. l’articolo di prossima pubblicazione nella rivista “Archeologia Classica” della dott.ssa Biella, dottoranda di ricerca presso l’università “La Sapienza” di Roma, che qui ringraziamo per la trasparente informazione. Il Museo Nazionale delle Antichità dell’Abruzzo e del Molise fu istituito a Chieti nella villa comunale solo nel 1959, dopo un ventennio di gestazione coincidente con gli studi condotti dalla locale Soprintendenza, cfr. V. CIANFARANI, I vent’anni della Soprintendenza di Chieti, Chieti 1959, p. 5. Certo è che negli anni Sessanta alcune teste da Carsoli erano esposte nella parete di fondo della sala dedicata alla scultura fittile, mentre numerose monete, gli ex voto anatomici e le figure bronzee di divinità e di devoti furono collocate in vetrine nelle due salette vicino la porta d’ingresso, cfr. V. CIANFARANI, Guida del Museo Nazionale di Antichità degli Abruzzi e del Molise, Chieti, s.d. [1966?]. Dagli inizi degli anni Ottanta la stipe non è più visibile al pubblico per motivi di studio.
24) A. CEDERNA 1953, op. cit., pp. 187209. Egli individuava pezzi in bronzo (statuine, monete) e soprattutto altre teste e “mezzeteste” fittili votive maschili e femminili, mediocri nella qualità ma singolari per fattura, databili tra la fine del IV e la fine del II secolo a. C. Ne riassumeva globalmente i contributi, con valutazioni stilistiche, V. CIANFARANI, Culture adriatiche d’Italia. Antichità tra Piceno e Sannio prima dei Romani, Roma 1970, pp. 127128, 136138, 196, 200.
25) A. MARINUCCI, Stipe votiva di Carsoli. Teste fittili, Chieti 1976. Già il Cederna nel corso della seconda campagna di scavo condotta nel 1951 aveva individuato nell’aia dei Mari alcuni frammenti di terrecotte architettoniche. Un ulteriore sintetico contributo sulla stipe giungeva nel 1978 da V. CIANFARANI, L. FRANCHI DELL’ORTO, A. LA REGINA, Culture adriatiche antiche di Abruzzo e di Molise, Roma, pp. 386399.
26) M. FANELLI, Contributo per lo studio del votivo anatomico. I votivi anatomici di Lanuvio, in “Archeologia Classica” XXVII, 1975, p. 247, nota 17. È interessante però leggere l’intero contributo.
27) A. COMELLA, Complessi votivi in Italia in epoca medio e tardo repubblicana. Contributo alla storia dell’artigianato italico, in “Mélanges de l’École Français de Rome”, 93, 1981.2, specie pp. 748749, 768, 773.
28) Di nuovo A. COMELLA, Riflessi del culto di Asclepio sulla religiosità popolare etruscolaziale e campana di epoca medio e tardo repubblicana, in “Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Perugia”, 20, 19821983, specie pp. 217, 236242; per un acuto sguardo sulla questione, M. FENELLI, Votivi anatomici in Italia, valore e limite delle testimonianze archeologiche, in “Pact” 34, 1992, pp. 127 137; per una sintesi delle problematiche connesse e per altri casi in Abruzzo, C. MORELLI, Dalla devozione popolare alla “follia terapeutica”: le terrecotte voti ve, in I luoghi degli dei. Sacro e natura nell’Abruzzo italico, Pescara 1997, pp. 8993.
29) COMELLA 1981, op. cit., p. 762, 764; EADEM 19821983, op. cit., p. 240; FANELLI 1992, op. cit., p. 135.
30) S. PESETTI, Terrecotte votive. Catalogo del Museo provinciale campano, vol. VI, Firenze 1994, p. 32; MORELLI, op. cit., p. 91