L’Acquedotto

Tratto da Alba Prope Fucinum Lacum
( Testi a cura della prof. Roberta Cairoli illustrazione del pittore Pietro Pernarella )

Il sistema idrico della città si avvaleva di acqua servita da un imponente acquedotto, che raccoglieva le acque del Velino e del quale si conservano i resti de sifone in località Archi o Arci, a m. 1500 da Alba, verso Forme. Realizzato in opera poligonale a paramento di un nucleo cementizio, tale struttura può datarsi a I sec. a.C., anche se la realizzazione dell’intero sistema idrico doveva necessariamente risalire ad una fase precedente (almeno fine II sec. a.C.).

l’acquedotto pro seguiva poi verso l’odierno paese di Forme (il toponimo ha il significato di “condotto”, “canale”) con tratti realizzati in opera incerta e delle dimensioni di cm 107 di altezza e cm. 45 di larghezza. Ad un chilometro dal paese, nel 1953, si rinvenne un’iscrizione databile fra la metà del I sec. a.C. e l’età augustea, che ricordava i lavori di restauro dell’acquedotto: Q(u)ADRATVS L. PETIOLANVS / (aqua)M ADDV(ce)NDAM D(ecvrionvm) S(ententia) CVRAVERE SVA /(impensa specu)S (saepta?) RIVOMQUE REFECERVNT = Quadrato e L. Petiolano curarono l’adduzione dell’acqua a seguito di un decreto del Senato, a loro spese, i ricostruirono le chiuse e il canale.

Infatti la costruzione e la manutenzione degli acquedotti e l’erogazione stessa dell’acqua erano affidate ai magistrati, i duumviri della colonia e, poi, i quattuorviri del municipio (in questo caso si tratta dei magistrati del municipio). L’acqua in città, raccolta entro cisterne, veniva distribuita gratuitamente ai cittadini e tubature in piombo (fistulae plumbae) e in terracotta servivano le abitazioni private dei più abbienti e gli edifici pubblici (in primo luogo le terme).

Ad Alba cisterne per la raccolta delle acque si trovano proprio al di sotto del Macellum e sono state a lungo considerate dagli albensi come carceri. Si tratta di nove ambienti realizzati in opera incerta con copertura a volta (stessa epoca della prima fase del Macellum), rivestite di malta idraulica e comunicanti fra loro coglievano le acque dall’acquedotto principale e attraverso tubature minori le convogliavano verso gli edifici pubblici, a cominciare dalle vicine terme.

Se, probabilmente, le lussuose abitazioni dei cittadini più ricchi erano servite da condutture di acqua direttamente collegate al servizio idrico principale, i cittadini meno abbienti potevano rifornirsi di acqua potabile dalle fontane poste agli incroci stradali: lungo via dei Pilastri, si conserva ancora una vasca-fontana, costituta di quattro lastre in pietra calcarea locale disposte verticalmente e assemblate mediante piombo.

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