Preziose maioliche della chiesa della Madonna delle Grazie di Collarmele portate a Genova: "Analizzate per capire fabbricazione e datazione"
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Collarmele – Con l’arrivo del parere favorevole della Sovrintendenza, possiamo ufficializzare la partenza, a stretto giro, di alcuni frammenti delle maioliche della Chiesa di Madonna delle...
Castello baronale dei Colonna
Il sistema fiscale delle imposte nella Marsica vicereale dopo la peste del 1656
Lo studioso Ugo Speranza pubblicò alcuni rogiti del notaio Domenico Bucci (1658)  nei quali possiamo riscontrare la numerazione dei «fuochi» delle università di Avezzano, Collelongo, Trasacco, Luco...
Recensione del saggio "Ispettori ai monumenti e scavi nella Marsica" di Cesare Castellani nel Bullettino della Deputazione abruzzese di Storia Patria
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Marsica – Sullo storico Bullettino della Deputazione abruzzese di Storia Patria, Annate CXII-CXIII (2021-2022), pubblicato a L’Aquila, alle pagine 269 e 270 il prof. Alessio Rotellini descrive...
fulv
Aspetti della giurisdizione delegata nella Marsica durante il viceregno spagnolo e austriaco
Non è facile svolgere un’analisi sistematica e comparata che possa aiutarci ad arricchire e precisare il giudizio, a volte ancora troppo generico, sul dominio dei Colonna nel territorio marsicano durante...
Grotta di Sant'Agata
La grotta di Sant'Agata
Una grossa cavità naturale posta sul versante acclive della Serra di Celano grotta di Sant’Agata Sopra la parte sommitale della rocca della Turris Caelani, sotto una grande sporgenza rocciosa...
bcvff
Luigi Colantoni (1843-1925), canonico, vicario capitolare e ispettore ai monumenti
Questo articolo su Luigi Colantoni segue quello interessante dell’amico Fiorenzo Amiconi apparso su Terre Marsicane lo scorso 24 dicembre 2019 e vuole essere una integrazione ed un completamento di quanto...
I banditi Marco Sciarra e Alfonso Piccolomini
Banditismo e rivolte nel territorio marsicano (1587-1592)
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Piano delle Cinque Miglia, cancellato il viale alberato

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La notizia ormai circola sul web e a desta scalpore e tristezza in tutti quelli che ricordano il bel viale pini neri del famoso paesaggio montano a oltre 1200 metri di altitudine. Un verdeggiante viale alberato che accompagnava gli automobilisti nella traversata di quella che è stata battezzata “La Siberia italiana“. Sono 70 i pini buttati giù dall’ANAS, senza alcuna analisi approfondita, senza un progetto di valorizzazione e sostituzione, solo perchè hanno sempre dato fastidio agli automobilisti amanti della velocità e perchè si spezzavano con i forti venti e le intemperie.

Per decenni questo viale alberato simbolo dell’Abruzzo è stato fotografato dai turisti, una vera icona della montagna abruzzese, incorniciato dalle verdeggianti vallate e dai boschi dell’altopiano. Alberi eroici e resistenti questi pini di montagna, che purtroppo negli ultimi tempi hanno sofferto i repentini cambiamenti climatici con disseccamenti e crolli di rami. Una fine indecorosa per un bene ambientale conosciutissimo e amato. In un paese civile e virtuoso la miglior strada sarebbe stata quella della gestione e della graduale riprogettazione del viale alberato con sostituzione dei pini veramente compromessi.

Come capita di questi tempi, l’ignoranza si unisce alla dilagante fobia degli alberi che colpisce un pò tutti. Viviamo tempi difficili in cui la professionalità di chi cura  il paesaggio e i beni ambientali è totalmente calpestata. Adesso i 70 pini giacciono ai bordi della SS-17 al km 9, come tanti bisonti abbattuti, tanti ricordi cancellati sempre. Erano affascinanti nelle freddissime bufere di neve, trasformati in alberi di ghiaccio usciti dalle fiabe, erano verdeggianti nelle limpide giornate di tarda primavera e estate.

Purtroppo, in nome della sicurezza ad ogni costo si distruggono paesaggi culturali che hanno anche un immenso valore storico e turistico. Nessuno qui vuole sminuire la sicurezza dei cittadini ma è necessario operare con il buon senso e con visioni lungimiranti. Orami si vive e si lavora alla giornata, pensando al momento e non al futuro… pensando al disastro incombente e al cambiamento climatico devastante. Sono troppo pochi quelli che hanno interesse a trovare soluzioni. In realtà ci vogliono esperti e professionisti del paesaggio che lavorino sul restauro paesaggistico e per valorizzare il nostro patrimonio.

Quel viale, oltre a essere un simbolo delle montagne abruzzesi, era anche un punto di riferimento per delineare la strada nelle terribili bufere invernali. Fu costruito apposta per aiutare i viaggiatori della “Via degli Abruzzi”, per  migliorare l’orientamento durante le tempeste di neve che rendono la valle inospitale e pericolosa.  Quei pini erano tra i pochi alberi in grado di resistere a quelle terribili condizioni. Qui siamo in una zona in cui le temperature diventano proibitive; il vento gelido, fortissimo e implacabile, mette a dura prova qualsiasi essere vivente.

Ecco cosa ci racconta la storia: “Verso la fine del 1700 Ferdinando IV incarica il cav. Andrea Pigonati, grande ingegnere del regno, di stendere il progetto per una sistemazione adeguata della Regia Strada degli Abruzzi. […] Pigonati consiglia quattro fila di alberi ai due margini della strada nel tratto che attraversa il Piano. […] Lo scopo era quello di indicare il percorso in tempi nevosi“. E’ una storia antica che risale alla fine del 700 e che si è tramandata per generazioni, spezzatasi improvvisamente in un freddo autunno 2018.

Non c’è interesse a ripiantare neanche un filo d’erba lungo la Statale 17; forse è troppo oneroso e o troppo difficile gestire degli alberi di questi tempi. Noi come associazione chiediamo che venga ricostruito il viale alberato con alberi più belli e più curati, rispettando tutte le norme di sicurezza. Chiediamo che venga ricostruito il famoso paesaggio storico che ha scandito la storia abruzzese. Troppo facile prendere le motoseghe e cancellare ogni cosa.  Il nostro Abruzzo non merita di essere ancora violentato nella sua storia e nella sua bellezza.

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