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La Tiburtina Valeria: un tratturo diventato via

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In Abruzzo, prima dell’avvento dei romani, già esisteva una sorta di rete viaria: quella dei tratturi. Queste vie venivano utilizzate dagli italici sia per collegare centri abitati, sia in particolar misura per condurre i greggi alla transumanza. I romani utilizzavano alcuni dei preesistenti tratturi (calles oviariaes) per costruire una rete stradale primaria (viae publicae) che collegava praefecturae, municipia, villae e templi, e che, nei secoli successivi, collegherà castelli, monasteri e mercati.

Accanto a questa rete principale rimangono i tracciati dei tratturi, peculiari di questa regione geografica e dedicati al loro scopo originario, che si svilupparono durante il dominio romano e si estingueranno temporaneamente con l’estinguersi dell’Impero, quando, per ironia della sorte, Goti, Longobardi e Franchi piombarono nella regione sfruttando proprio i percorsi imperiali.

Occorre risalire al 460 avanti Cristo per trovare le tracce della costruzione di quella che si ritiene la prima delle strade consolari, la via Appia, su una traccia glarea, cioè un sentiero dal fondo rassodato da intere generazioni di viandanti, pastori e militari. Così come, sette anni dopo, su un’altro tratto glareo, venne fondata la Via Tiburtina, che collegava Roma a Tibur, una delle prime città a federarsi con la capitale, mentre il tratturo proseguiva oltre Tivoli per condurre gli armenti ai pascoli estivi dell’alta valle dell’Aniene, ai piani di Carseolis, fino ad Collem (Colli di Monte Bove). Occorre però attendere altri 150 anni affinchè Marco Valerio Massimo censore, ritenendo indispensabile, visti i tempi, collegare Roma con la roccaforte di Alba Fucens, strappata agli Equi nel 303 e divenuta avamposto vitale per la strategia espansionistica di Roma, realizzò il tracciato della strada che si chiamerà Via Valeria.

Il primo troncone portava fino a Carseolis, città intermedia popolata da una colonia di veterani fin dall’inizio del III secolo; poi, passando ad Collem, scendeva per i piani sacri della dea Pale (Palentini), dopo aver attraversato il sito su cui sorgerà in seguito Tagliacozzo. Quindi tirava diritta per Alba, punto forte di Roma nell’Italia centrale, dalla quale partiranno a raggiera strade importantissime per l’espansione prima repubblicana e poi imperiale. Ma Valerio non si fermò ad Alba: sull’abbrivio del successo la sua strada proseguì per Cerfennia (Collarmele), Marruvium (S. Benedetto dei Marsi), Statulae (Goriano Sicoli) per terminare a Corfinium. In tutto da Roma sono circa 97 miglia romane o millia passuum (1 miglio romano = 1478 metri = 1000 passi), cioè 144 chilometri. è ragionevole pensare che, se Marruvium sorgeva nell’attuale sito di S.Benedetto, la Via Valeria, per raggiungere questa città, effettuava una diversione (rispetto all’attuale tracciato della Tiburtina Valeria, la quale prosegue per Forca Caruso) da Cerfennia verso Marruvium, cosa che si verifica attualmente con la moderna Via Marsicana (S.S 83).

Infatti alle soglie dell’età imperiale, conclusi i trattati di alleanza tra Romani e Italici, crebbero i traffici commerciali, culturali e militari nella regione e crebbe il numero degli “utenti” della via consolare, la quale per collegare la conca del Fucino con la valle Peligna doveva oltrepassare in qualche modo la giogaia a Est del Lago. Sono stati ipotizzati quattro o cinque diversi itinerari per congiungere Cerfennia a Corfinium, ma in sostanza solo due sono verosimili e praticabili a quest’epoca: il primo era quello, descritto poc’anzi, che transitava per Marruvium, quindi raggiungeva la zona dove sorgerà Pescina, poi Milonia (Ortona dei Marsi), Forca Carrito, Cocullo e, contro ogni logica attuale, dirigeva, anzichè a Sulmo, verso Goriano Sicoli lungo la pendice est di monte Luparo e la Valle Orfecchia per poi ricongiungersi a Corfinio. Questo itinerario era quello che venne utilizzato per lungo tempo, finchè l’Imperatore Claudio, intorno all’anno 50 dopo Cristo, fece risistemare definitivamente il valico di Mons Imeus (Forca Caruso), che fino ad allora aveva frenato il traffico a causa dell’esposizione alle intemperie e dei suoi notevoli sbalzi di quota, e la strada divenne così meno disagevole (percorribile con ogni tempo ed in ogni stagione), transitando direttamente per Statulae e raggiungendo quindi con facilità Corfinio.

Lo stesso Claudio poi (dopo aver prosciugato il Fucino con un’altra delle sue imprese), non contento, realizzò il terzo troncone della strada consolare, la via Claudia, che da Corfinio portava fino al mare ripercorrendo l’antica glarea, con passaggio al pagum Fabianum (Popoli), dove l’Aterno si congiungeva con il Tirino e prendeva il nome di fiume Pescara, quindi ad Interpromium (S.Valentino), a Teate (Chieti) ed infine ad Aternum (odierna Pescara). Quindi il tracciato totale era denominato Via Tiburtina-Valeria-Claudia, da Roma ad Aternum, per un totale di 138 miglia romane (circa 210 chilometri). Si noti che il tratto della via Claudia costeggiava per intero il corso del fiume Aterno, il quale dopo la confluenza del Tirino si chiamò fiume Pescara. Ai giorni nostri l’importanza della via Tiburtina Valeria non è più quella degli antichi romani ma rimane comunque una delle arterie principali della Marsica.

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Roberta De Santi

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