Alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: “Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei?
Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo” (Mt. 2,1-2).
Seguendo la stella cometa, i magi trovarono In una “casa” Gesù e sua madre Maria e inchinandosi alla regalità divina offrirono in dono oro, incenso e mirra. Nella tradizione cattolica anche la Befana, il cui nome deriva dalla parola greca “Epifania” ossia “Apparizione della Divinità”, entra nelle case per portare dolciumi ai bambini, che in cambio le lasciano in cucina, per ristorarla dal freddo e dalla fatica, un mandarino o un’arancia e un bicchiere di vino.
Se i bambini, durante la notte del sei gennaio, aspettano con ansia quasi frenetica l’arrivo della dolce Befana, gli adulti ricordandola rivivono con fantasia il mondo magico dell’infanzia dei tempi passati.
Il mito di questa figura così antica eppure ancora oggi popolare, nell’immaginario collettivo vola sui tetti e, calandosi dai camini, riempie le calze lasciate appese con cioccolate, caramelle e giocattoli.
Che bello sarebbe poter guardare il mondo con gli occhi dei bambini, pur conservando la coscienza adulta, come direbbe Giovanni Pascoli, nella poetica del “Fanciullino”.
A tutti pertanto dedico questa filastrocca.
Conta e …fila la Befana.
Conta e…fila la Befana filastrocche impertinenti
Con le rime senza senso come di neve fiocchi cadenti.
Nella notte il peregrinare dei Re Magi
Dietro una stella a guida degli auspici saggi
Giunse dal deserto per recare al Bimbo Santo baci e doni.
Da quel giorno con le scarpe tutte rotte la vecchia Befana
Un po’ brutta o forse solo meno bella
Scende dal cielo al suon di cornamusa.
Tra avventure spericolate su fumi e nebbia, usa
Calare dai camini giocattoli e dolci per i bimbi buoni
Cenere e carbone per i bimbi capricciosi e birichini.
Sotto la veste di vecchia mendicante a cavallo di una scopa
Non dimentica di guardare di ogni paese la mappa
Per posare pian pianino nelle calze e nei calzini
un sacco di tesori per i suoi piccini.
Poi lesta risale dalla cappa fin su al comignolo
e afferra un raggio di luna che nell’aria scura pende
per riscaldare le sue mani gelate che più non sente.
Non teme il vento che ancora soffia forte e possente.
Felice di aver dato ai bimbi di gioia un mare se ne va tra i tetti rasente.
Chissà se nel suo secolare peregrinare ricorda di ognuno nomi e volti?
Non importa perché ha reso felici molti.
E’ festa per tutti sia per il riccone che per il poveretto
Quando l’amore pulsa nel petto.
Mesta scompare tra le ombre lontane
Resta nella sua bisaccia solo un fiore di pane
Che donerà a quelli che han fame.