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Il Sindaco Angelo Di Paolo risponde “a tutto campo” alle parole di Camillo Colella sulla Santa Croce, “potrebbe aspirare alla candidatura al Nobel per la letteratura e l’economia”

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Canistro – La lunga intervista rilasciata in esclusiva a TerreMarsicane, dal proprietario dello stabilimento dell’Acqua Santa Croce, Camillo Colella, ha creato un certo dibattito nel comune di Canistro, dove si parla della sentenza del giudice del lavoro che ha riconosciuto le ragioni degli operai, ma anche di ciò che deciderà la Regione Abruzzo sulla concessione dei diritti sulla sorgente.

Le parole dell’ingegner Colella hanno suscitato la risposta del Sindaco Angelo Di Paolo che ha ribattuto, punto per punto, alle affermazioni dell’imprenditore molisano, con un articolato comunicato stampa inviato alla nostra redazione.

A seguire la prima parte del comunicato.

L’intervista al sig. Colella pubblicata in due tempi potrebbe aspirare alla candidatura al nobel per la letteratura e l’economia, essendo un capolavoro del genere fantasy (noto genere basato sull’immaginazione, l’allegoria, la metafora, il simbolo e il surreale). Si impongono, però, alcuni rilievi critici! Anzi, non potendo aspirare alle sue vette letterarie e alle sue competenze imprenditoriali e politiche, ci limitiamo ad evidenziare soltanto alcuni aspetti, chiedendo proprio a lui di chiarircene altri, su cui, forse, ha sorvolato per mera dimenticanza, magari addebitabile ad un eccesso di lavoro, atteso gli impegni frenetici (di cui parla lo stesso imprenditore) che lo portano in Lazio, Abruzzo e Molise.

  • Inizierei dalla sua affermazione: “Hanno fatto licenziare i lavoratori dalla nostra azienda …non ho licenziato nemmeno un operaio per tanti anni”.

Dunque, altri avrebbero fatto licenziare gli operai della sua azienda. Ma Colella non è lo stesso che, in altre risposte della stessa intervista, afferma: “Nessun imprenditore si fa comandare… A casa mia però non decide altra gente, questo è il concetto”. Delle due l’una, o decide lui o non decide lui. E qui la prima contraddizione e la prima dimenticanza dell’intervistato, che non ricorda a proposito l’accordo del 2015 con le OO.SS. e la Regione per mantenere almeno 35 dipendenti nella sua azienda, firmato un giorno e stracciato quello dopo. Ora ne vuole assumere 70! Bene! Ma pare sia un progetto di trent’anni! Dunque, forse ne gioveranno i figli ovvero i figli dei figli dei lavoratori che lui ha licenziato?

  1. Si legge in altra risposta che l’intervistato sarebbe stato trattato diversamente da altri perché non ha ottenuto le proroghe richieste: “Non hanno voluto concedere proroghe come hanno fatto con altri. Come a Popoli dove sono ancora in regime di proroga e senza concessione…Nel momento in cui scade la concessione e tu non mi dai la proroga, come faccio ad andare avanti.”.

Bene! Ma l’intervistato, non ricorda, forse, che la sua condizione è ben diversa da quella della concessionaria di Popoli, se non altro perché, come ricorda anche il Giudice di Avezzano, che lo ha condannato pochi giorni or sono a corrispondere gli stipendi, non pagati agli operai della sua azienda, quella concessione gli è stata revocata dalla Regione per irregolarità del D.U.R.C. (Documento Unico Di Regolarità Contributiva) della sua azienda, violazione di legge molto seria ed anche molto grave, sia per l’imprenditore che l’attua sia per i lavoratori che ne pagano il prezzo. Peraltro, dimentica anche che prima il Tar dell’Aquila e poi il Consiglio di Stato, con l’ordinanza n. 5252/2019, hanno stabilito che non sussiste il diritto della società Santa Croce alla proroga, precisando, altresì, quest’ultimo che “i pretesi tempi non determinabili di svolgimento della gara non possono essere addebitati alla Regione, in ragione del comportamento ostruzionistico della medesima società [ossia la Santa Croce]”. Dimentica, altresì, che successivamente alla revoca della concessione della Sponga, e pur dopo la pubblicazione della sentenza del gennaio 2016 con cui era annullato il primo bando che lo aveva visto aggiudicatario della concessione, ha continuato a captare e a imbottigliare l’acqua minerale della sorgente Sant’Antonio Sponga, tanto che le furono confiscate, con ordinanza del 8 maggio 2017, 8 milioni di bottiglie di acqua minerali (confisca confermata dal Tribunale di Avezzano). Eh la memoria, la memoria!

  1. Si legge ancora, nell’intervista che “il Comune non ha competenze sulle acque minerali, quelle ce le ha la Regione, però loro hanno fatto pressioni”.

Sembra qui che il nostro candidato al nobel per la letteratura e l’economia abbia commesso un errore di concordanza di “numero”, in quanto parlando delle competenze del Comune utilizza la terza persona al singolare, e poi, improvvisamente, passa a dire che “loro hanno fatto pressioni” (utilizzando la terza persona al plurale). Bah, forse dovrebbe chiarire a chi si riferisca “loro hanno fatto pressioni”, altrimenti rischia pure di perdere la candidatura al nobel per la letteratura, se non altro per l’evidente difficoltà a decifrare il senso della frase!

  1. Ma ancora, sempre gli innominati, ossia loro che “hanno fatto pressioni”, sarebbero anche quelli che “Anche con la Fiuggino tentarono di farci revocare la concessione. Ci sono voluti i giudici del TAR che ci hanno permesso di continuare a lavorare con questa piccola sorgente.

Non considera, forse, l’intervistato che la Regione avrebbe dovuto, per logica, revocare anche la concessione Fiuggino per la stessa irregolarità contributiva che ha portato all’annullamento del provvedimento di concessione della Fonte Sant’Antonio Sponga, atteso che si tratta dello stesso soggetto imprenditoriale e che nessun ricorso avverso la decadenza per irregolarità del DURC è stato mai accolto. Non considera, peraltro, che la Regione (che tanto ce l’avrebbe avuta contro di lui) ha praticamente rinunciato alla propria difesa, in quanto il Tar dell’Aquila, con l’ordinanza cautelare n. 297 del 23.11.2017 di accoglimento della sospensiva del provvedimento di decadenza dalla concessione di Fonte Fiuggino (incredibilmente non basato sull’irregolarità del DURC, come per la decadenza dall’altra concessione), aveva chiesto soltanto alla Regione di motivare meglio l’atto di decadenza “ai fini di un riesame da parte dell’Amministrazione resistente con riferimento ai motivi di ricorso (motivazione in ordine alle presunte prescrizioni non ottemperate e adempimento delle stesse)”, ma che la Regione non ha (incredibilmente) riesaminato un bel niente, servendo su di un piatto d’argento l’accoglimento del ricorso della società anche nel merito. Anche qui, forse chi è chiamato a vigilare sul rispetto delle norme penali e contabili potrebbe aiutarci a capire da che parte stanno le responsabilità!

  1. Si legge, altresì, nella lunga intervista, la seguente lamentela dell’intervistato “ho rilevato l’azienda da Faroni con 80/90 milioni di debiti che nel corso di questi anni, abbiamo dimezzato”.

Non so in Molise, ma dalle nostre parti, nella Marsica, si dice: “che te lo ha ordinato, il medico?”. Il problema vero è che l’azienda, da 119 dipendenti, da una produzione record e dai tempi d’oro dello spot di Pippo Baudo, è arrivata agli attuali minimi termini, e si fa presto a dare la colpa agli altri; un bravo imprenditore sa come far crescere l’azienda e si assume sempre le proprie responsabilità, anche dei fallimenti!

segue…

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