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Dario Colucci. Un marsicano alle Olimpiadi di Roma

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Solo qualche giorno fa il presidente del Cio, il Comitato Olimpico Internazionale, Tomas Bach ha annunciato che le Olimpiadi invernali del 2026 si svolgeranno in Italia: la candidatura di Milano-Cortina è stata preferita a quella svedese di Stoccolma-Are. Un momento di grande soddisfazione per il nostro Paese che può tornare a essere il palcoscenico per competizioni sportive invernali che si svolgono su ghiaccio o neve. Va specificato che ospitare le Olimpiadi non è semplice né scontato e che l’Italia, nel corso dell’Era moderna, è una delle quattro nazioni al mondo, insieme a Francia, Germania e Svizzera, ad aver partecipato a tutte le edizioni dei Giochi Olimpici.

Storicamente l’Italia ha ospitato due volte le Olimpiadi invernali, nel 1956 a Cortina d’Ampezzo e nel 2006 a Torino, e un’unica volta i Giochi Olimpici, a Roma nel 1960. Le Olimpiadi di Roma hanno rappresentato uno dei momenti più significativi della storia italiana perché sono arrivate a soli quindici anni di distanza dalla fine di una dittatura e di una guerra mondiale. I Giochi Olimpici di Roma sono stati celebrati con immenso entusiasmo da una folla che, per la prima volta, ha visto giungere nella capitale atleti e campioni da ogni angolo del mondo.

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Programma ufficiale Olimpiadi di Roma

Il 25 agosto del 1960 uno Stadio Olimpico rimesso a nuovo e ribattezzato proprio in onore delle Olimpiadi, ha accolto la cerimonia inaugurale. La fiaccola olimpica, giunta dalla Grecia fino a Siracusa a bordo della nave Amerigo Vespucci, è stata portata a mano lungo tutto il meridione fino a Roma. L’ultimo dei 1.198 tedofori è stato lo studente Giancarlo Peris scelto per accendere la fiamma olimpica di Roma. Il giuramento è stato letto dal discobolo italiano Adolfo Consolini mentre allo schermidore Edoardo Mangiarotti l’importante incarico di portare la bandiera per l’Italia. Tra le migliaia di persone che hanno sfilato lungo la pista di atletica, in rappresentanza degli 84 paesi presenti, c’è anche un marsicano, uno scurcolano per l’esattezza, che risponde al nome di Dario Colucci.

Dario, nel 1960, ha trent’anni e partecipa alle Olimpiadi come giudice olimpico per l’atletica e per il nuoto. Il più giovane tra i giudici olimpici presenti. Divisa bianca, sguardo fiero e la consapevolezza di dover gestire un compito estremamente rilevante. Dario ha ottenuto il titolo di giudice di atletica leggera nel 1957 frequentando con profitto il corso della FIDAL, Federazione Italiana di Atletica Leggera. Nel 1956, tramite concorso, è diventato dipendente del Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni e, proprio grazie alla combinazione di queste sue diverse competenze, è stato selezionato come giudice addetto ai tabelloni luminosi delle XVII Olimpiadi.

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Dario Colucci tra i giudici delle Olimpiadi

Dario racconta: «Siccome eravamo dipendenti delle Poste, ci incaricarono di occuparci di trasmettere i tempi cronometrati in gara sui tabelloni luminosi. I risultati arrivavano direttamente dal campo all’interno di un tubo e trasmessi tramite posta pneumatica: a noi il delicato compito di verificare la correttezza dei tempi indicati dai giudici di pista. Dopo aver controllato che non ci fossero incongruenze o inesattezze, i risultati venivano comunicati all’addetto che li trasmetteva a tutto il pubblico dell’Olimpico tramite il grande tabellone luminoso. Serviva grande concentrazione perché se avessimo sbagliato a indicare un risultato, sarebbe saltata la classifica finale con tutto ciò che ne sarebbe conseguito».

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Dario con l’atleta Seye Abchoolaye

Stiamo parlando di un tempo in cui non c’erano computer e cronometri elettronici, tutte le operazioni avvenivano manualmente per cui l’apporto della componente umana, durante lo svolgimento dell’intera manifestazione sportiva, è stato davvero essenziale. A Dario Colucci, e ai suoi colleghi, il piacere di veder trionfare Livio Berruti, medaglia d’oro per i 200 metri piani. «Quando abbiamo capito che Berruti era arrivato primo» continua Dario «noi giudici, che guardavamo le gare dell’alto, nella nostra cabina di controllo, non siamo riusciti a contenere la gioia. Siamo scoppiati a piangere nel vedere un atleta italiano conquistare un oro olimpico. E’ stata un’emozione più forte di noi! Non vedevamo l’ora di trasmettere il suo risultato sul tabellone per mostrare a tutto il mondo una vittoria straordinaria».

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Maria Tortora

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