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Antonio Rocco di Scurcola Marsicana

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NECROLOGI MARSICA

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Legati a gruppi parentali con presenze di rilievo nella società marsicana del tempo, possono annoverarsi alcuni uomini illustri. Tra loro, la figura del filosofo Antonio Rocco cresciuto in una delle più importanti famiglie di Scurcola Marsicana durante l’imperversare del «banditismo aristocratico», occupa un posto di primo ordine. Come ben affermò il Corsignani: «Fu Egli Minore Conventuale, e fiorì tra i Filosofi più ragguardevoli de’ suoi tempi» (1).

Antonio Rocco era nato nel piccolo borgo marsicano nel 1586, formandosi alla scuola dei Cappuccini di S. Maria del Colle, un piccolo convento costruito nel 1590 fuori la cinta muraria. Studiò filosofia prima al Collegio Romano; poi a Perugia e, infine, a Padova con Cesare Cremonini. Dopo aver insegnato privatamente a Venezia, fu nominato pubblico lettore in quella famosa città, dove morì nel marzo del 1652 (2).

Una critica non priva di pregiudizi storici, contrapposta a un’antesignana ricerca saggistica, permise al suo contemporaneo (abate Muzio Febonio), di citarlo tra gli uomini più importanti del secolo: «onore non piccolo di questi nostri tempi, il filosofo Antonio Rocco che a suo tempo si segnalò tra i primi: impugnò parecchi dogmi di Galileo e pubblicò altre cose degne del suo ingegno a Venezia, dove insegnò molti anni filosofia aristotelica e dove eresse un liceo pubblico» (3).

Partendo da queste importanti osservazioni preliminari, tra il 1888 e il 1990 parecchi studiosi, tra cui Favaro, Spini, Benzoni, Zanato e Spinelli s’interessarono della sua vicenda con valutazioni critiche pertinenti.

Sicuramente, il suo nome sarebbe rimasto sconosciuto nella storia del pensiero scientifico e filosofico se le «Esercitazioni Filosofiche di D.Antonio Rocco, filosofo peripatetico. Le quali versano in considerare le positioni e obiettioni che si contengono nel Dialogo del Signor Galileo Galilei Linceo contro la dottrina d’Aristotele» non avessero provocato la replica delle ben settantacinque «Postille» galileiane (4).

In realtà, egli aveva “osato” rovesciare la critica strutturalistica del ponderoso «Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo», pubblicato da Galileo Galilei a Firenze nei primi mesi del 1632. Il trattato, che ripudiava definitivamente il sistema tolemaico facendo intravedere una Chiesa oscurantista, generò subito l’indignazione del papa Maffeo Barberini aizzato dai gesuiti. Per questo, il saggio fu messo subito all’indice dei libri proibiti e lo stesso scienziato venne «citato a Roma dal Tribunale dell’Inquisizione; seguì immediatamente il processo e nel 1633 il libro venne proibito e il suo autore dovette pronunciare l’abiura dalle idee copernicane» per evitare il rogo (5).

Schierati con la Santa Sede e quindi contro il «Dialogo», comparvero quasi subito alcuni testi importanti. Infatti, nello stesso periodo Claudio Berigardo, docente di filosofia nell’Ateneo pisano, pubblicò le sue «Dubitationes in Dialogum Galilaei Galilaei Lyncei, Firenze, 1632». L’anno dopo, vide la luce, appunto, l’opera del filosofo peripatetico Antonio Rocco di Scurcola, proteso anche lui alla confutazione delle tesi e della dottrina galileiana sul moto, a difesa e a favore, ovviamente, di quelle aristoteliche.

Si deve a Fra Fulgenzio Micanzio (personaggio di spicco dell’epoca) la fama del filosofo marsicano, poiché riuscì a leggere e a far conoscere questa pubblicazione allo stesso Galileo. Sistematica, ricca di spunti, di notazioni laterali e organizzate come una conversazione o una narrazione sperimentale, la saggistica di Rocco era però quanto di più lontano potesse immaginarsi dai rigori della scientificità accademica del pensiero galileiano. E tutto questo fu riscontrato dal Micanzio che, dopo aver avuto molti scambi d’idee con il Rocco, lo ritenne, tuttavia, uno studioso corretto ma assolutamente impegnato a difendere le tesi di Aristotele.

Immediata e con accenti permeati d’ironia fu la risposta personale di Galileo. Infatti, con ben settantacinque Postille marginali al libro del filosofo marsicano, intese smentirlo categoricamente. La rilevanza storica delle annotazioni, sta appunto nel fatto che contengono materiale inglobato in quello stesso anno nella «Giornata Prima dei Discorsi», pubblicati nell’autunno 1634.

Nelle «Postille minori» sempre indirizzate a Rocco e riguardanti «gli invisibili», Galileo scrisse di suo pugno: «essendo voi così poco intendente delle cose scritte da ben che si può dire che poco o più che niente ne capite, pure non solamente non vi siete fatto mio seguace, ma mi avete posto un odio capitale».

Indubbiamente, in questo particolare momento la fama dell’intellettuale scurcolano si diffuse in tutta Europa, proprio per aver confutato «con l’arme d’Aristotele» il sommo scienziato responsabile «d’estinguer la dottrina» aristotelica.

Nonostante ciò, Fra Micanzio con insistenza suggerì a Galileo di rispondere direttamente alle affermazioni del filosofo scurcolano e, magari, di confutarle con dati appropriati. Tanto è vero che verso la fine del 1634, lo stesso Galileo inviò a Micanzio le “famose” settantacinque postille marginali al libro di Rocco, alle quali aggiunse in seguito alcuni commenti più estesi su fogli separati.

Seppur il marsicano leggesse con attenzione i rilievi di Galileo, rimanendone impressionato, continuò a sostenere le teorie di Aristotele. A questo punto il dibattito tra i due divenne ancor più aspro e sfuggì di mano all’intermediario, che pose l’accento solo sulla discussione contenuta nel Dialogo. Tra l’altro, Rocco era contrariato, soprattutto, da un passo in cui lo scienziato pisano aveva sostenuto che una sfera toccava un piano soltanto in un punto.

Nel ricevere la nuova provocazione, Galileo rispose al suo oppositore: «Io, Sig.r Rocco, seppur di parere diverso dagli altri, stimo vera l’una e l’altra proposizione». Questo significava che in alcuni passi delle Postille di Galileo, il Rocco aveva riscontrato una visione strumentalista della matematica, inserita in fisica contrapposta alle fantasie dei platonici sull’universo reale, ancor più chiaramente nel linguaggio misurato dei «Discorsi».

Tuttavia, le fallaci asserzioni sulla regola aristotelica (secondo cui la velocità di caduta è proporzionale al peso), furono spiegate dall’eccelso scienziato al Rocco in dettaglio e quasi in modo elementare. In definitiva, Galileo tentò di far capire al filosofo scurcolano in seguito alle sue esperienze sul campo, il processo attraverso il quale era giunto a mettere in dubbio la regola di Aristotele.

Gran parte di queste confutazioni si trova nella Biblioteca dell’Arcivescovado di Pisa, dove esiste un cospicuo fondo di manoscritti inediti, nel catalogo del Bollettino Storico Pisano, curato da Natale Caturegli (6). Una delle voci più importanti del cospicuo materiale cartaceo è senza dubbio un codice miscellaneo contenente vari scritti galileiani, tra cui il manoscritto intitolato: «Postille all’Esercitazioni del Sig.r Antonio Rocco. Opera del Sig.r Galileo Galilei accademico linceo, insieme con alcune operette» (7).

Nel gennaio del 1634, anche Bonaventura Cavalieri aveva informato Galileo dell’avvenuta pubblicazione del peripatetico Antonio Rocco, un’opera annoverata tra quelle degli oppositori alle teorie del «Dialogo dei massimi sistemi».

Sicuramente, le opposizioni del Rocco causarono allo scienziato, in quel momento costretto a una sorta di “carcere domiciliare” presso Arcetri, nuovi fastidi, se non altro perché si trattava di un lavoro alquanto esteso e per di più dedicato al papa Urbano VIII, suo accanito sostenitore.

Oltretutto Galileo credeva (forse non senza fondamento) che le denuncie di Rocco fossero «un atto di sottile perfidia nei suoi confronti, anche perché egli, ottimista come sempre, riteneva, in questa fase della dolorosa vicenda, di poter nutrire non infondate speranze nella grazia» (8).

Del resto, al Galileo doveva essere ben cognita la scarsissima competenza di Rocco nel campo delle discipline matematiche, fisiche e astronomiche e quindi pur dialogando con lui, non accettò di buon grado l’impertinenza dell’incauto autore del libro che aveva osato sfidarlo pubblicamente.

Con le sue Postille minori, che evidentemente rappresentano un’immediata reazione alle provocazioni del filosofo marsicano, Galileo intese replicare come fosse stata la sua una scrittura del tutto privata, non destinata, invece, a un dibattito pubblico ma, al massimo a una ristretta cerchia di amici scienziati: si spiegano così le espressioni talvolta dure e violente, cariche d’ingiurie e offese, rivolte al Rocco (in alcuni punti fu definito bestia e persona idiota).

Finendo questa lunga e combattuta diatriba tra il sommo scienziato e il filosofo marsicano, è opportuno citare le richiamate Esercitazioni, dove il Rocco rispose alle gravi ingiurie dell’avversario sempre con cortesia e stima. D’Altronde, il «Servita d’origine bresciana fra Fulgenti Micanzio», riconobbe nel Rocco un peripatetico fanatico ma ragionevole e quindi ritenne opportuno prendere in esame le sue considerazioni. Cosa che non fece, invece, l’abate Pietro Gassendi (filosofo, teologo, matematico e astrologo francese) lanciato in difesa delle teorie di Galileo e contro Rocco: con lettera del 13 agosto 1640 indirizzata a Fortino Miceti (medico, filosofo e scienziato fedele alle teorie aristoteliche) confutò le sue asserzioni punto per punto.

Tutto questa vicenda rimase al centro dell’accanito dibattito circa i due massimi sistemi cosmologici: tolemaico e copernicano. Per lungo tempo ancora, agitò gli animi degli scienziati e dei filosofi europei, generando corposa bibliografia tra cui andrà annoverata anche l’importante pubblicazione del marsicano Antonio Rocco.

NOTE

  • A.Corsignani, Reggia Marsicana, ovvero memorie topografico-storiche di varie Colonie, e Città e anche moderne della Provincia dei Marsi e di Valeria: compresa nel Vetusto Lazio, e negli Abruzzi, colla descrizione delle loro Chiese,e Immagini miracolose; e delle Vite de’ Santi, cogli Uomini Illustri, e la serie de’ vescovi Marsicani, Parte II, Napoli M.DCC. XXXVIII, pp. 484-486.
  • Drake, Galileo. Una biografia scientifica, Società editrice il Mulino, Urbino 1988, p. 594.
  • Febonio, Historiae Marsorum, Liber Tertius, I.N.E.S.A., Centro Studi Marsicani, Avezzano, De Cristofaro Editore, Roma 1991, p. 184.
  • Esercitazioni Filosofiche di D.Antonio Rocco, filosofo peripatetico. Le quali versano in considerare le positioni e obiettioni che si contengono nel Dialogo del Signor Galileo Galilei Linceo contro la dottrina d’Aristotele, Alla Santità di N.S. Papa Urbano VIII, In Venetia, M.DC. XXXIII-Appresso Francesco Baba, Con licenza de’ Superiori e privilegio.
  • Biblioteca “Carlo Vigano”, Miscellanea 1, a c. di P.Pizzamiglio, EDUCatt, Milano, 2013. Cfr. D’Amore, Scurcola Marsicana, Historia, Dalla Signoria feudale all’emigrazione transoceanica, Comune di Scurcola Marsicana, Stampa Multigraf, Isola del Liri (FR), 2005, p. 274.
  • Caturegli, Codici e manoscritti della Biblioteca Arcivescovile Cardinale P.Maffi, Pisa, in «Bollettino Storico Pisano», XXXI-XXXII (1926-1963).
  • Biblioteca Arcivescovado Pisa, il manoscritto, seg. 41,20, è cartaceo (mis. mm. 240×180), consta di 120 carte modernamente numerate a matita nell’angolo in alto a destra, più due di guardia. Si tratta delle Postille maggiori e non delle annotazioni a margine che vanno sotto lo stesso nome (cc.3-72).
  • Varanini, Galileo critico e prosatore. Note e ricerche, Fiorini & Ghidini, Verona 1967, p. 115.
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Fulvio D'Amore ricercatore e saggista

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